«Le due squadre entrano in campo in fila indiana con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra… Chiunque vedendo quella partita dirà: “Perché vanno così?”. La risposta è semplice. Perché prima e dopo la partita vogliamo favorire la relazione tra ragazzi e ragazze delle due squadre». È uno dei gesti che l’Arcivescovo ha raccomandato di introdurre nel protocollo prepartita a dirigenti, tecnici e atleti del Csi nell’«Editto» consegnato alla festa in piazza Duomo che il 14 settembre ha celebrato gli 80 anni dell’ente di promozione sportiva.
Come un’unica squadra
Negli auspici di monsignor Delpini, un suggerimento piccolo, ma capace di «fare la differenza». E che ha colpito nel segno, tanto che è stato tempestivamente messo in pratica. «In un contesto multietnico e multireligioso come quello che ormai caratterizza le nostre squadre, riuscire a far passare contenuti prettamente “religiosi” è abbastanza complicato», ammette Paolo Frascolla, dirigente di lungo corso dell’Asd Barbarigo, attiva nella parrocchia milanese di San Gregorio Barbarigo (zona Famagosta). Che però aggiunge: «Sul versante educativo, invece, le parole dell’Arcivescovo hanno trovato da noi un ambiente fertile. Su valori quali l’accoglienza, l’inclusione, la condivisione, il rispetto, la nostra società è attiva da sempre, soprattutto nei confronti dei giovanissimi, per aiutarli a crescere secondo determinati comportamenti». «Leggendo l’Editto sembrava complicato metterlo in pratica, c’era la paura di sbagliare qualcosa – confessa Maria Daniela Lietti, dirigente accompagnatrice del Gso San Leone Magno, dell’omonima parrocchia in zona Lambrate -. È bellissimo vedere i ragazzi entrare in campo mischiati, sembrano proprio un’unica squadra. Ma all’inizio non capivo come poi, schierandosi alternati a centrocampo, potessero salutarsi tra loro. In effetti alla prima partita qualche problema c’è stato. Ma all’incontro successivo abbiamo aggiustato il tiro. È stato un po’ un work in progress…».
Il momento della “chiama”
«Fin dalla prima giornata di campionato con tutte le nostre squadre abbiamo attuato l’alternanza tra i giocatori delle due compagini, sia nel momento dell’ingresso nel rettangolo di gioco, sia in quello dello schieramento a metà campo – sottolinea dal canto suo Frascolla -. E lo faremo per tutto il torneo, almeno nelle partite casalinghe». Ma non solo. «Sì, perché i nostri tecnici avanzano la stessa proposta anche quando andiamo in trasferta». E la reazione? «I nostri giocatori sono piacevolmente divertiti, ma devo dire che questo protocollo è stato rispettato anche degli atleti delle squadre a cui rendiamo visita, senza obiezioni o perplessità».
Nell’Editto l’Arcivescovo fa riferimento anche alla “chiama” («chiedo al capitano di una squadra di essere presente alla chiama dell’altra squadra e di portare il saluto della sua squadra agli avversari»). Anche questo invito è stato prontamente recepito: «In quel momento ci si presenta, ci si scambia un saluto o qualche parola – spiega Lietti -. In occasione dell’ultima partita, inoltre, su suggerimento dell’arbitro abbiamo aggiunto l’espressione “Che vinca lo sport!”, che fin lì avevamo “dimenticato”… Sono novità con cui occorre prendere dimestichezza, ma effettivamente utili a creare un rapporto diverso tra i ragazzi, che infatti le recepiscono in modo gioviale». E così si proseguirà per tutto il torneo… «Assolutamente sì. Magari ci vorrà ancora qualche aggiustamento, ma ormai è una prassi acquisita, sia tra i ragazzi, sia tra noi dirigenti, sia tra gli stessi arbitri».