L’arrivo in piazza San Pietro, sotto un cielo screziato di raggi di sole caldi che paiono frecce che portano verso la Basilica. I fazzoletti verdi con il logo della nostra Diocesi, orgogliosamente annodati al collo, sulle borse, sui passeggini dei più piccoli, che diventano bandane per i giovani, e che colorano ovunque lo spazio abbracciato dal colonnato del Bernini. Le croci giubilari, dietro alle quali, chi si avvia verso la Porta santa, cammina e prega, mentre qualcuno dice il Rosario e altri si fermano e si inginocchiano.

È il momento più atteso del giorno finale del grande pellegrinaggio diocesano giubilare, con il passaggio della Porta e la Messa in San Pietro. Un momento che vede i 3000 pellegrini ambrosiani, con gli oltre 100 sacerdoti che li accompagnano, i Vescovi, i Vicari, i diaconi, i seminaristi, tutti riuniti attorno all’Arcivescovo. Insomma, quel popolo di Dio che da tre giorni sperimenta l’entusiasmo tutto umano degli inesauribili selfies e commenti sul Giubileo 2025, ma che vive appieno anche la consapevolezza e la responsabilità di essere pellegrini di speranza, testimoni di un evento di grazia, possibile solo attraverso il passaggio, certo della Porta santa, ma soprattutto di una conversione del cuore.

Come chiede l’Arcivescovo alla sua Chiesa, in un’occasione certamente unica e particolare come è il pellegrinaggio dell’Anno Santo, ma che va coltivata ogni giorno nelle proprie case e comunità. E così come lo stesso Arcivescovo torna a sottolineare nella celebrazione presieduta all’altare papale dal cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro. Messa d’orario domenicale, officiata in rito romano con la concelebrazione, oltre ai presbiteri ambrosiani, di molti altri sacerdoti e la partecipazione di fedeli di lingua inglese e spagnola, per cui parti della liturgia vengono proposte nelle tre diverse lingue.
«Benvenuti a voi, pellegrini della Diocesi di Milano, e all’Arcivescovo anche a nome del Santo Padre, a cui ci uniamo in preghiera, come Chiesa universale, per la celebrazione in questa seconda domenica di Quaresima», dice il porporato, aprendo la celebrazione nella quale l’Arcivescovo pronuncia l’omelia, ispirata alla lettura del Libro di Genesi 5 – con l’alleanza tra il Signore e Abramo – e alla pagina del Vangelo di Luca al capitolo 9.

Abramo, Mosé e Elia
«Si fanno avanti i testimoni dell’essenziale per portare a compimento il Giubileo. Si presenta Abramo, nostro padre nella fede, modello di tutti i credenti mortificati dalla vita. L’uomo dalla fede ineccepibile; il sant’uomo dell’incompiuto, come tante vite buone in tutto tranne che nel desiderio più intenso e necessario. Ma Abramo continua a credere nella promessa finché vede il giorno di Gesù, come dice il Vangelo di Giovanni».
Poi, Mosé, «l’uomo sorpreso e amico di Dio che vorrebbe introdurre tutto il popolo nell’intimità con Dio, nell’alleanza, nella legge, condurlo nella terra promessa che lui vede solo da lontano. Mosé che sopporta il deserto ed è testimone delle fatiche dentro la comunità».
Figura emblematica – Mosé -, continua monsignor Delpini, delle nostre stesse difficoltà e «che può aiutarci a riconoscere fatiche quali il malcontento che serpeggia dappertutto e le persone che si allontanano». Quel Mosé che è un riferimento obbligato, presentandosi «sul monte della trasfigurazione per essere testimone della verità che rende un popolo ribelle e scontento il popolo della nuova alleanza. Testimone che non c’è altro che Gesù».
Infine – spiega l’Arcivescovo, sempre richiamandosi al Vangelo – sorge Elia, «profeta simile al fuoco, che contesta la prepotenza, che desidera la pace e la giustizia e si oppone all’usurpatore dei beni dei poveri. Il profeta per un mondo giusto che si scontra con l’ingiustizia, la persecuzione, l’ostilità. Elia, che è come il fuoco che arde nel cuore di tutti coloro che sospirano la pace e la giustizia, si presenta sul monte della trasfigurazione per attestare che è Gesù la nostra pace».

Altri testimoni
Ma, simili in questo ai grandi profeti, si fanno avanti anche «tanti altri testimoni che magari abbiamo conosciuto e possiamo ricordare, uomini e donne che ci dicono l’essenziale», conclude il vescovo Mario. Il ricordo è per il giovane Luca Re Sartù, che morì nell’agosto 2023, qualche giorno dopo aver partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, dove «era andato per trovare il bello e l’essenziale». «Tutti testimoni che ci dicono che l’incompiuto si compie in Gesù, desiderio di pace e di giustizia, dove il popolo trova unità e una nuova alleanza».
Da qui, la grazia da chiedere a questo Giubileo: ossia «che, tornando rasserenati, alleggeriti alla nostra vita ordinaria, possiamo semplicemente dire che abbiamo incontrato Gesù». Un invito subito raccolto ascoltando i pellegrini che escono lentamente dalla Basilica e sembrano non voler mai lasciare la piazza, con il rimpianto per l’Angelus che manca e il pensiero a papa Francesco, ma anche già rivolto al ritorno, «quando dirò a tutti che esperienza bellissima sono stati questi giorni, tutti insieme, tutti uniti non solo tra noi, ma come Chiesa universale», come dice Maria Pia, pellegrina di Bresso.