Nella festa liturgica dei santi martiri Gervaso e Protaso – “Tales ambio defensores – Desidero simili difensori”, disse di loro sant’Ambrogio considerandoli due giganti della fede – l’incontro promosso dal Servizio diocesano per la Famiglia vede l’assai numerosa presenza di persone impegnate in questo fondamentale contesto, «responsabili di una pastorale familiare che fiorisce nel territorio, nella bella collaborazione apostolica tra sposi e preti. Voi – dice don Mario Antonelli vicario episcopale di Settore, citando, appunto i Santi del giorno – rappresentate e date corpo alla passione della Chiesa ambrosiana per il Vangelo e la sua gioia che riescono a rinnovare la famiglia e la vita degna dell’uomo e dei suoi piccoli. Come Gervaso e Protaso siete di alta statura».
E poi, naturalmente, c’è l’Arcivescovo che «con la sua presenza e parola», rappresenta la forza della Chiesa ambrosiana e che anticipa alcuni temi che saranno al cuore del cammino del prossimo Anno pastorale. Ad ascoltarlo e a confrontarsi per l’intera mattinata – aperta dai coniugi Maria e Paolo Zambon con don Massimiliano Sabbadini, responsabili per la Famiglia e proseguita attraverso l’intervento di don Ivano Valagussa, vicario episcopale per la Formazione Permanente del Clero -, i membri del Coordinamento diocesano con i referenti delle Zone e dei Decanati, i coordinatori diocesani Acor, i responsabili di associazioni, movimenti e gruppi di spiritualità e azione familiare, rappresentanti provenienti da altre Diocesi e appartenenti ai Consultori diocesani. Sono presenti anche alcuni vicari episcopali come monsignor Luciano Angaroni per la Zona pastorale V, monsignor Antonio Novazzi, per la VII, e diversi sacerdoti.
La riflessione dell’Arcivescovo
«Voglio usare tre aggettivi per raccogliere dei pensieri – spiega il vescovo Mario – che vorrei inserire nella Proposta pastorale che stiamo elaborando per l’anno prossimo, anno di preparazione all’Incontro Mondiale delle Famiglie e in cui si riflette su “Amoris Laetitia”».
Il primo di questi aggettivi è “unita”, una Chiesa unita secondo la logica delle parole di Gesù nel vangelo di Giovanni ai capitoli dal 13 al 17, dove il Signore prega perché i discepoli «siano una cosa sola» e la loro «gioia sia piena».
«Questo è il modo con cui Gesù guarda la comunità dei suoi discepoli: uniti dall’amore. Mi pare che la famiglia sia un percorso esemplare e tipico per dire questo amore. In quei capitoli del Vangelo, l’amore esige una reciprocità, è un dare e un ricevere, servire ed essere disponibili a essere serviti. Occorre meditare su come noi possiamo costruire una comunità unita. La pastorale familiare non è occuparsi di un settore, seppure importante, ma è curarsi della cellula fondamentale da cui dipende il benessere o il malessere di tutta la comunità. Le differenti sensibilità, esperienze e vocazioni sono legate da questo tipo di amore e la triade – ossia i responsabili per la Famiglia sul territorio, di solito un sacerdote e una coppia di sposi – che cerchiamo di tenere viva in ogni Decanato ha questo scopo».
Poi, la famiglia inserita in una comunità «libera», il secondo aggettivo su cui il vescovo Mario invita a convergere.
«Siamo, nel mondo, come testimoni della vocazione alta alla santità. In un’epoca in cui l’individualismo sembra l’unico modo per raggiungere la felicità, noi diciamo che il futuro dipende dalla famiglia, perché una società che non fa figli pensa al suo suicidio. La libertà è annunciare il Vangelo della famiglia perché, per noi, la via della gioia e della creazione del futuro è la famiglia e vogliamo che le Istituzioni la salvaguardino».
E, infine, una Chiesa lieta perché, appunto «la gioia sia piena».
«La gioia, che vive anche nelle fatiche e nelle difficoltà, indica una caratteristica che i cristiani mostrano in virtù dell’unione con il Signore». Qualcosa di assolutamente necessario, specie oggi, e qui arriva l’affondo dell’Arcivescovo. «Dobbiamo rimediare a una Chiesa piena di mormorazione, con una litigiosità amara; basta con una Chiesa in cui i battibecchi prevalgono sull’alleluia. Basta con un cristianesimo complessato che continua a contarsi per dire che siamo sempre di meno. Non è quanti siamo ma come siamo che è importante. Basta con un cristianesimo triste che va avanti per volontarismo e che ritiene che il pensiero contemporaneo debba metterci in imbarazzo. Quello che viene sarà l’anno dell’”Amoris laetitia” con la gioia di essere dentro questo amore».
L’intervento di monsignor Ivano Valagussa
A prendere la parola, successivamente, è monsignor Valagussa.
«Siamo tutti segnati dall’esperienza della pandemia e avvertiamo la responsabilità della ripresa, non solo delle attività, ma anche per quello che è il ruolo della famiglia nel mondo. Penso alla precarietà del lavoro, ai licenziamenti che metteranno in difficoltà tante famiglie e anche al difficilmente valutabile danno educativo. È necessario un rapporto tra sposi, presbiteri e diaconi permanenti per essere sempre più a servizio della Chiesa di oggi. Dove andremo non lo sappiamo, ma seguiamo lui, il Signore. Chiediamoci cosa ha procurato questo tempo che abbiamo vissuto e come riprendere». Alcune testimonianze – come quella di un parroco nel tempo del primo lockdown e di un diacono permanente – e le espressioni di papa Benedetto e papa Francesco sull’unica missione di sacerdoti e famiglie, guidano la riflessione.
«Attraverso questa esperienza, che è stata anche di impotenza, abbiamo còlto che la Chiesa in uscita è già uscita con persone consacrate che dedicano la vita intera alla carità e famiglie che custodiscono l’amore di Cristo nelle case, nel condominio, in ufficio, nei Centri commerciali. Mi sembra importante che questa esperienza non sia sciupata: la nostra ripresa sta nell’elaborare insieme questo succo prezioso che la pandemia ci ha consegnato e che dovrebbe dare nuovo sapore e slancio alla vita della Chiesa. E questo non solo tra il Clero, ma in tutto il popolo di Dio. Da qui, insieme, occorre intuire, discernere e scegliere nuovi passi di evangelizzazione e di vita cristiana da portare dove abitiamo. L’ordine e il matrimonio sono due Ministeri con una missione unica. Così si supera anche quella visione clericocentrica della famiglia come oggetto di pastorale, mentre ne è soggetto. Sposi e presbiteri partecipano, con modalità diverse, all’unica missione della Chiesa. Abbiamo bisogno gli uni degli altri tenendo vivo quell’amore che è alla radice del nostro ministero, aiutandoci ad approfondire gli aspetti positivi dell’amore coniugale, mentre spesso ci soffermiamo solo sulle difficoltà. Momento sorgivo di questa relazione tra presbiteri, diaconi e sposi è l’Eucaristia domenicale, valorizzando i cammini di accompagnamento già esistenti e confrontandosi su temi di grande urgenza quali la vita come vocazione, il lavoro e la sua precarietà, l’educazione e il nostro rapporto con quella casa comune che è la terra. La parrocchia divenga sempre più una famiglia di famiglie».
Infine, la testimonianza di una coppia della Diocesi di Como e di un sacerdote di Crema, appartenenti alla Consulta regionale della famiglia e l’annuncio, venuto da don Sabbadini, relativo all’Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Roma dal 22 al 26 giugno 2022 e che vedrà solo la partecipazione di delegati, ma che proprio per questo motivo avrà il carattere di evento diffuso anche nelle singole Diocesi. Come quella di Milano che ha già fissato la data del 19 giugno 2022 per un grande incontro in piazza del Duomo tra le famiglie e l’Arcivescovo. Momento che verrà preceduto da altri di confronto e di festa nelle Zone pastorali. Un cammino a cui prepararsi con l’itinerario proposto ai gruppi familiari per il prossimo Anno pastorale, di cui è già disponibile il Sussidio, dal titolo “La vita è l’arte dell’incontro Il vangelo secondo la famiglia genera relazioni nuove”.