Un «maestro spirituale», animato – come ha scritto il Papa nel suo messaggio di cordoglio – da «genuino amore per la missione e appassionato di comunicare il Vangelo di Cristo». Questo era il cardinale Renato Corti, le cui esequie sono state celebrate oggi nel Duomo di Novara, a una settimana dalla morte avvenuta presso la Comunità degli Oblati Missionari di Rho.
Un ricordo commosso ha riunito i molti sacerdoti concelebranti il rito, presieduto da monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, cui erano accanto altri confratelli vescovi, tra cui l’Arcivescovo metropolita di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, l’Arcivescovo di Milano, metropolita di Lombardia, monsignor Mario Delpini, e il Vescovo di Acqui Terme, monsignor Luigi Testore. Presenti il Sindaco di Novara, autorità civili e militari, i parenti del Cardinale e una rappresentanza dei Padri Oblati, la celebrazione è stata preceduta da una serie di testimonianze, attente a sottolineare i tanti momenti dell’episcopato dell’allora vescovo Corti. Dal mondo della missione, con l’incoraggiamento ai suoi giovani sacerdoti di appassionarsi alla missio ad gentes, a quello dell’emarginazione, dalla cultura all’attenzione vocazionale nelle proposte giovanili, dagli ideali “alti” al Seminario, definito la «perla» della vita di una Diocesi.
I ricordi
Parole risuonate anche nella biografia dello scomparso, ripercorsa all’inizio della Messa, e nei due ricordi proposti prima dell’omelia del vescovo Brambilla.
«Fu una persona da interpretare, cosi come da interpretare era la sua grafia – ha richiamato il segretario don Gianluigi Cerutti, che gli fu accanto per 20 anni -. La sua figura esile e nobile suscitava rispetto, all’inizio, soggezione e poi tenerezza, per il ricamo della sua gentilezza d’animo e raffinatezza. Artista della parola sempre misurata, mi e ci faceva comprendere ogni giorno il significato del suo motto episcopale, “Cor ad Cor loquitur”, lo stesso del santo cardinale Newman, creato cardinale nel Concistoro del 12 maggio 1879, e il 12 maggio il cardinale Corti è morto. Egli si esprimeva anche con il movimento delle mani da pianista e comunicava con i suoi occhi luminosi quando parlava del Signore, della Chiesa, della missione apostolica, delle persone semplici e dei poveri. La dedizione esemplare si alimentava di intensa preghiera. Ci è stato testimone della spiritualità reale: si è consumato come una candela, come una luce gentile che ora arde».
Nel secondo ricordo, don Piero Cerutti, vicario per i Laici del Vescovo scomparso e condirettore del settimanale diocesano per molti anni, ha “sfogliato” un ipotetico album di famiglia della Diocesi di Novara, fin dal giorno dell’ingresso di Corti, nella Basilica di san Gaudenzio, come pastore di quella Chiesa (domenica 3 marzo 1991).
L’omelia
Poi l’omelia del successore, monsignor Brambilla: «Il nostro amato monsignor Renato Corti è stato un maestro spirituale. Dall’inizio alla fine della sua vita ha interpretato il suo ministero come un autentico padre di spirito». Un padre di cui sono risuonate in Duomo le parole del Testamento spirituale, scritto l’1 marzo 1996, al compimento dei 60 anni: «Vorrei poter dire che solo la missione, e nessun altro interesse, ha impegnato la mia vita; vorrei poter dire che, come Paolo, mi sono dedicato giorno e notte a coloro che il Signore mi aveva affidato. Intanto oggi, con tutta sincerità, esprimo la gioia di avere incontrato il Signore e di avere aderito a lui, diventando suo discepolo e strumento vivo della sua misericordia. Sento anzi il bisogno di rimarcare che, con il passare del tempo, questa gioia non solo non è stata ridimensionata dalle fatiche e dalle prove, ma è andata crescendo e irrobustendosi. Veramente posso dire che, se vivo per il Vangelo, ancor prima vivo del Vangelo».
Un testamento al quale, come ha detto ancora monsignor Brambilla, l’8 agosto 2017, dopo il funerale del cardinale Dionigi Tettamanzi, il fraterno amico monsignor Corti aggiungeva un foglietto scritto a mano in cui si legge: «Stamattina, in Duomo a Milano, ho incrociato due volte il mio successore a Novara, monsignor Brambilla. Gli ho detto: “Adesso tocca a me. Preparami il posto”. Sono bastati pochi secondi per fare questo cenno. Ma esso rimane importante. Mi sembra giusto che io venga sepolto nella Cattedrale di Novara. L’anello datomi nel 1990 l’ho subito inteso come anello di nozze. La sposa era la Chiesa di Novara. Ho vissuto il ministero per 20 anni senza mai pensare o desiderare altra destinazione».
Infine, l’incensazione e l’aspersione della bara, posta ai piedi dell’altare maggiore, là dove il cardinale Corti verrà tumulato.