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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Anniversario

«La Caritas non è un’istituzione, ma un principio formativo»

Lo ha affermato con forza l'Arcivescovo intervenendo in Cattolica al tradizionale Convegno nella Giornata diocesana, dedicato al tema della pace e quest’anno particolarmente significativo perché segna l'inizio degli eventi per i 50 anni dell'ente ambrosiano. Numerosi gli interventi e le testimonianze, dal direttore Gualzetti alla rettrice dell'Ateneo Beccalli, davanti a oltre 600 tra volontari e operatori. L'annuncio delle Cattedre della Carità

di Annamaria BRACCINI

9 Novembre 2024

«Cosa impariamo dalle ferite della guerra? Che cosa faremo? Come oseremo pronunciare la parola impronunciabile, la pace?». Lo chiede così l’Arcivescovo, con queste parole in cui si sente il dolore per il momento che stiamo vivendo, ai più di 600 tra operatori e volontari di Caritas Ambrosiana che gremiscono l’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il tradizionale Convegno in occasione della Giornata diocesana, quest’anno particolarmente significativo perché, con l’assise, inizia il percorso del 50esimo dell’Ente diocesano, istituito nel 1974.

Condotta da don Paolo Selmi, vicedirettore di Caritas, la mattinata, dal titolo “La pace, un’utopia concreta e quotidiana”, vede la presenza tra gli altri, del vicario generale monsignor Franco Agnesi, del moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti, del vescovo Giuseppe Merisi, già presidente di Caritas italiana e di monsignor Angelo Bazzari, in passato direttore di Caritas Ambrosiana, di rappresentanti delle istituzioni e del presidente di Azione Cattolica diocesana, Gianni Borsa.

 

I saluti istituzionali

A portare il saluto introduttivo è la rettrice della Cattolica, Elena Beccalli che definisce Caritas «un’istituzione essenziale per il territorio milanese e lombardo, poiché la sua presenza risulta essere, giorno dopo giorno, sempre più preziosa. C’è un secondo motivo – prosegue la rettrice – che mi rende particolarmente felice ed è relativo al tema scelto per questa giornata, quello della pace. Se, per un verso, questa parola era quasi scomparsa dal vocabolario pubblico – perché erroneamente riferita a uno status acquisito – oggi rischiamo che venga relegata definitivamente nel mondo delle parole usurate. Tutti evocano la pace, ma sono ancora poche le azioni concrete che vanno nella direzione della pace».  

«Il “grazie” è soprattutto per il lavoro che conferma come il legame cultura e carità sia fondamentale in questo cambiamento d’epoca, perché la carità svolge un’azione di trasfigurazione della realtà e la cultura permette di comprendere il cambiamento», dice, sempre in apertura, monsignor Luca Bressan, presidente di Caritas ambrosiana e vicario episcopale di Settore. «È importate lavorare insieme perché rende possibile capire anche la violenza e l’odio che vediamo ogni giorno. Abbiamo bisogno di strumenti che ci permettano di comprendere questo contesto apocalittico, ma con una prospettiva di speranza per la presenza di Gesù che trasfigura la storia».

Parole cui si aggiungono quelle del direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti. «Non ci sarebbe Caritas se non vi fosse la rete capillare degli operatori e dei volontari che vivono l’incontro con i poveri, competente organizzato, quotidiano. La pace è frutto della preghiera intesa come intercessione, di martiniana memoria, che significa mettersi nel mezzo tra le parti in conflitto, con una posizione di equi-vicinanza e non di equidistanza. Il metodo Caritas parte dai poveri, per cui si cambia lo sguardo proponendo ponti e cooperazione internazionale. Come Chiesa occorre promuovere coralmente l’obiezione alle armi e alla guerra come opzione non più praticabile, non solo per quella nucleare, perché con la guerra tutto è perduto: bisogna arginare la criminalizzazione del nemico, favorendo percorsi di giustizia riparativa. Vogliamo che questo 50esimo sia un’occasione per riflettere», conclude il direttore.

Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana

Seminatori di pace

Alessandra Silvi, officiale del Dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo integrale, delinea, nel suo articolato intervento, i tanti drammi, spesso anzi quasi sempre, dimenticati delle periferie del mondo, come nelle zone più povere della Colombia dove permane una situazione di conflitto armato con formazioni criminali dedite al narcotraffico. «Qui – racconta – abbiamo promosso Tavoli per la pace non astratta o politica, ma territoriale».

«E, come dimenticare, che c’è la corsa alle risorse, come lo sfruttamento minerario in Amazzonia, ma anche in Africa? Litio, nichel, cobalto che servono per la transizione verde, per la produzione di pannelli e auto elettriche. La Chiesa non è stata a guardare organizzando carovane di protesta e denuncia e cercando di rafforzare una governance del basso. Abbiamo promosso incontri tra i Vescovi di frontiera di Paesi confinanti, perché i migranti che vanno dalla Tierra del Fuego al Canada devono poter incontrare una sola Chiesa. Abbiamo bisogno di seminatori di pace. Le conseguenze delle nostre scelte non le paghiamo noi, ma i poveri. Serve ascolto rispettoso e proattivo degli ultimi».

Le testimonianze

Poi, è la volta delle testimonianze di “casa nostra” con iniziative e realtà sostenute o promosse direttamente da Caritas Ambrosiana. Si va dal racconto della bellezza della convivenza di tante famiglie ebree e palestinesi (i piccoli imparano entrambe le lingue a scuola) nel villaggio di Nevé Shalom-Wāħat as-Salām, nato oltre 50 anni fa dal sogno di Bruno Hussar, all’esperienza delle Discepole del Vangelo, sorella Vania e sorella Michela, che in via Quarti, vivendo loro stesse in una casa popolare delle 7 torri costruite negli anni ’80, promuovono in una zona particolarmente degradata «ascolto, preghiera, legami buoni con conoscenza reciproca e fraternità condividendo tanti momenti, perché, come diceva Charles De Foucauld, “Lo spirito di pace non è spirito di debolezza, al contrario è spirito di forza”».

Da Baggio a si passa a Città Studi dove, nell’oratorio della parrocchia San Pio X, sono attualmente accolti, dalla Comunità “Il Seme”, 10 minori non accompagnati tra i 14 ai 18 anni provenienti dall’Egitto, Tunisia, Costa d’Avorio, Pakistan, prevalentemente musulmani. «Non c’è conflitto – sottolineano una volontaria e il parroco don Giuseppe Lotta -, ma un segno continuo della possibilità di incontrarsi andando oltre i cliché. La presenza de “Il Seme” in oratorio è un traino e un pungolo».

Infine, è la volta di Benedetta Matterazzo che ha svolto il servizio civile in Libano occupandosi per Caritas ambrosiana soprattutto di donne lavoratrici domestiche provenienti dall’Africa, vittime di abusi e soprusi, e si è recata anche in Siria. «Ci vogliono coraggio, volontà e conversione del cuore», scandisce, perché «pace significa anzitutto saper vivere bene da vicini di casa».

A salire sul palco sono anche Sebastiano e Simone, due bimbi dell’Azione Cattolica Ragazzi con la loro educatrice Giorgia, che leggono «un messaggio della pace».

«Il sistema della pace ci sta a cuore e nel mese di gennaio saremo noi bambini e ragazzi dell’Acr a coinvolgere l’associazione sulla pace. La pace non è solo una parola ma un’azione», dicono tra gli applausi. Anche perché la pace stessa, come nota subito dopo l’Arcivescovo, sembra ormai «impronunciabile».

L’arcivescovo di Milano Mario Delpini e il direttore generale della Cattolica Paolo Nusiner

 

La parola dell’Arcivescovo

«La pace suona come l’utopia impraticabile del nostro tempo, come l’ingiunzione al più debole di sottomettersi al più forte. Pace è una parola impronunciabile in pubblico. Ma noi ci ostiniamo a dirla, perché la nostra fede in Gesù ci rende uomini e donne di pace, perché non possiamo essere senza il Signore ed è Lui la nostra pace. Che cosa impariamo da questo senso di impotenza? Da questa impressione che, per quanto si faccia – e lo abbiamo ascoltato qui – è come scrivere qualcosa sulla sabbia che il primo vento la cancella subito? Noi dobbiamo imparare percorsi di fede, non ci basta un po’ di buona volontà. Se non siamo disponibili a convertirci, rimaniamo dei sognatori astratti: Ma servono anche percorsi istituzionali. Siamo cittadini di un Paese e dell’Europa e abbiamo il dovere di chiamare in causa le istituzioni se non operano il bene comune e di entrarvi. In molte epoche della storia i cristiani si sono tirati fuori come se la politica fosse una cosa sporca, ma dobbiamo avere un’attenzione più costruttiva alle istituzioni».

Rispondere alle ferite della guerra

La domanda è anche come rispondere «alle ferite scritte e incise nella carne delle vittime.

«Le ferite di un ambiente reso impraticabile, le ferite della cultura con la distruzione di storie e tradizioni di tante nazioni: cosa impariamo dalle ferite economiche? La guerra è uno scandalo perché consuma risorse inimmaginabili per distruggere. Cosa impariamo dal disastro della guerra? Noi impariamo quello che oggi ci è stato insegnato: il gesto minimo nel quartiere dove abitiamo, nella sede della Caritas dove si ascolta e si accoglie Non si tratta dell’elemosina, anche se è necessaria, ma del gesto minimo nella logica della Caritas: quello che riabilita e che non si ferma al bisogno immediato. Un gesto minimo che diventa seminagione. E questo vale per l’aspetto materiale e psicologico, ma anche per quello culturale. Qui siamo in un’Università: la comunità del pensiero può essere fonte della riabilitazione per la cultura. Il gesto minimo come principio di novità. Io credo che dobbiamo praticare l’idea che la Caritas non è un’istituzione, ma è un principio formativo, prima di essere una comunità di servizi».  

Il riferimento è alla Proposta pastorale “Basta. L’amore che salva e il male insopportabile” che il vescovo Mario ha rivolto alla Diocesi per l’Anno 2024-2025 e che ha ispirato il Convegno.

«In essa è formulato l’appello e l’impegno di tutta la comunità cristiana, quindi, anche di Caritas ambrosiana per una corale educazione alla pace. La Caritas non è a sé, ma è un’espressione della Chiesa diocesana e, quindi, dobbiamo tutti riuscire a metterci insieme per trovare un luogo dove ragionare su come curare le ferite in modo che la cura diventi seminagione. Nessuno può costruire la pace da solo. Abbiamo bisogno di pregare e di credere in Gesù che è la nostra pace, di una più profonda spiritualità; di credere in istituzioni che hanno la possibilità di mettere fine ai conflitti; di curare le ferite come una seminagione e una vocazione perché chi aiutiamo si senta chiamato a essere un uomo, una donna di pace», termina l’Arcivescovo.

Erica Tossani, vicedirettrice di Caritas Ambrosiana

Le “Cattedre della Carità”

A concludere l’assise sono il direttore generale dell’Ateneo, Paolo Nusiner che, anche attraverso la proiezione di un video, illustra l’iniziativa, «Pace, giustizia sociale, sostenibilità», presentata il 15 dicembre 2023 nella sua prima edizione, per cui 20 studenti, 7 docenti e 9 operatori Caritas, hanno animato 9 workshop divisi in tre cicli. Al termine di ciascun laboratorio gli studenti hanno sperimentato concretamente l’impegno come volontari. «Un caso-pilota – anche la rettrice ne aveva fatto cenno nel suo saluto -, interpretato in modo interattivo, che ha messo in contatto due mondi molto diversi tra loro, ma accomunati dall’interesse per l’umano», evidenzia Nusiner.

Prima del mandato agli operatori è Erica Tossani, vicedirettrice di Caritas, a presentare le “Cattedre della Carità”. Un’inedita formula «da pensare all’interno del desiderio del mettersi in ascolto. Non saranno conferenze, ma momenti di dialogo a partire dall’esperienza di chi fa più fatica e da cui speriamo di trarre un cammino e un pensiero condivisi. Lo scopo non è dare risposte, ma mettersi tutti insieme in ascolto, per capire come diventare segni di speranza».

Il ciclo si svolgerà in 17 incontri, per tutto l’anno prossimo, attraverso 7 eventi zonali e 10 diocesani, dedicati ad altrettanti campi, tutti declinati secondo la logica della carità: dalla cultura alla salute, dalla bellezza alla scuola e tecnologia, dall’azzardo al carcere, solo per citare alcuni temi.   

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Il libro e la Cattedra

In occasione del Convegno è stato presentato il volume Lo spazio della carità nel tempo delle crisi (Centro Ambrosiano), dedicato alla storia di Caritas Ambrosiana nel periodo 2004-2024. È il complemento di un analogo volume pubblicato nel 2005: diffusi insieme, in formato cofanetto, ricostruiscono mezzo secolo di vita dell’organismo pastorale.
Il Convegno ha anche aperto il ricco percorso delle Cattedre della carità: 17 incontri sino a settembre 2025, a Milano e nelle sette Zone pastorali, per scandagliare con autorevoli testimoni la relazione tra carità e temi della contemporaneità. Programma in definizione (consultabile su www.caritasambrosiana.it).

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