Il Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà a Firenze dal 9 al 13 novembre tratterà un tema – “In Gesù Cristo, il nuovo Umanesimo” – caro al magistero del cardinale Scola e da lui direttamente affrontato nel Discorso di Sant’Ambrogio 2014, così come in molte altre occasioni. Nella Chiesa ambrosiana la riflessione in vista del contributo alla discussione parte da allora? Lo chiediamo a monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione sociale, che sarà nel capoluogo toscano con la delegazione ambrosiana, guidata dall’Arcivescovo e composta da cinquanta persone: delegazione che venerdì 25 settembre, alle 17.30, in Arcivescovado incontrerà il Cardinale. «In verità potremmo dire che la nostra preparazione sia iniziata fin dall’Anno Costantiniano del 2013 e dal Discorso alla Città che il Cardinale gli aveva dedicato – risponde Bressan -. L’idea di vedere in che misura noi cristiani siamo chiamati a dare il nostro contributo in questa società in profonda trasformazione e di come essere individui maturi e portatori di valori, è un compito che l’Arcivescovo ha proposto da tempo. Dunque si tratta di una preparazione culturale remota che coincide, peraltro, con le grandi linee dell’azione pastorale della Diocesi».
Un filo conduttore attraverso cui leggere il cammino della Chiesa ambrosiana anche in relazione al Convegno?
Sì. C’è poi l’aspetto del lavoro riguardante la Traccia elaborata dal Comitato preparatorio con le “cinque vie” sulle quali, attraverso i cinque verbi del Papa in Evangelii Gaudium – “Uscire”, “Annunciare”, “Abitare”, “Educare”, “Trasfigurare” – la Chiesa italiana è invitata a uscire verso l’umano con le sue nuove declinazioni. Non si devono dimenticare nemmeno i molti incontri di questi mesi, i cui risultati l’Arcivescovo ha tenuto presenti nel suo ultimo Discorso di Sant’Ambrogio, nei suoi interventi e nella catechesi. Inoltre, avvicinandosi al Convegno, il Cardinale incontrerà personalmente l’intera Delegazione venerdì prossimo.
Come è composta la Delegazione?
La Diocesi di Milano, per la sua ampiezza, è l’unica che ha potuto delegare cinquanta persone – laici e consacrati, uomini e donne -, scelte in modo selettivo, da un lato, perché potessero rappresentare la peculiarità della Diocesi e, dall’altro, tenendo presenti figure legate all’impegno ambrosiano nelle tre grandi prospettive sviluppate dal Convegno: cultura, educazione e carità.
E i delegati, a loro volta, come si sono preparati?
Tra i cinquanta delegati si sono già realizzate diverse occasioni di confronto, al fine di approfondire la Traccia, proprio perché l’idea è che si arrivi ad arricchire il dibattito fiorentino sapendo raccontare, ognuno nel proprio settore, come la comunità di Milano sta lavorando per aiutare l’uomo del Terzo Millennio.
Nella Lettera pastorale il Sinodo sulla Famiglia e il Convegno di Firenze sono sottolineati come punti-forti dell’itinerario che ci caratterizzerà come Chiesa…
Se l’evento fosse ridotto unicamente alla sua celebrazione, ossia ai lavori che si svolgeranno a Firenze, rimarrebbe qualcosa di isolato, non capace di incidere – come, invece, deve essere – sulla vita dei credenti e della società intera. I giorni di assemblea si devono considerare come il momento di condensazione di un cammino che la Chiesa italiana intende imprimere e innestare nel proprio corpo vivo. Si chiede che ogni realtà ecclesiale, i gruppi, i Centri culturali – anche la più piccola parrocchia – facciano proprio il metodo di discernimento che Firenze vuole applicare e che la Lettera pastorale domanda. In ultima analisi, il Convegno sarà una grande «palestra culturale», secondo il metodo che il Cardinale declina in Educarsi al pensiero di Cristo.
La logica che intreccia carità, cultura e missione è quella su cui già camminiamo? È la prospettiva culturale con cui interpretare il presente chiesta da Scola?
Direi che ciò si rende evidente nel dramma dei profughi. Come il Papa, il Cardinale invita ad accogliere perché, oltre l’aiuto immediato, si possano cambiare mentalità e stile di vita.