Mettersi insieme per produrre energia pulita e ottimizzarne i consumi. È questa l’idea alla base delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), una forma di risparmio e di investimento ambientale che diverse parrocchie della diocesi di Milano sognano di realizzare. Una prima Comunità energetica è già realtà nel quartiere milanese di Greco: si chiama SOLEdarietà ed è stata possibile grazie a un finanziamento di Edison, che ha donato l’impianto fotovoltaico e ha fornito il supporto tecnico necessario (leggi qui). Ma anche senza poter beneficiare di una donazione, evento ovviamente eccezionale, è possibile per un gruppo di parrocchie pensare di investire in questo campo? Quali sono gli step necessari?
Già oggi tante comunità “si mettono insieme” per ottenere prezzi vantaggiosi dai fornitori di telefonia e gas. Per questo esiste Gestione Servizi e Acquisti srl (Gsa) – la società voluta nel 2017 dalla Diocesi ambrosiana per offrire un servizio nella gestione degli acquisti -, a cui fa capo il Gruppo di acquisto diocesano (Gad). Alla base, l’idea che per enti e parrocchie sia un vantaggio demandare a un’unica società le trattative con i fornitori per l’acquisto di beni come energia, gas e telefonia. A oggi sono più di 960 (su 1100) le parrocchie che hanno aderito, per un risparmio, in questi anni, stimato a fine 2022 intorno ai 7 milioni di euro. Partito dai comparti dell’energia e del gas, oggi il Gad si occupa anche dello sviluppo delle Cer e di energie rinnovabili.
L’idea di fondo è che parrocchie o enti religiosi vicini possano accorparsi assumendo diversi ruoli: dai produttori di energia, cioè coloro che fanno l’investimento iniziale per realizzare l’impianto, ai consumatori, cioè coloro che “mettono insieme” i loro consumi nella comunità energetica, a chi incarna il doppio ruolo di produttore-consumatore. Lo scopo è l’ottimizzazione di un’autonomia energetica.
Secondo Daniele Ferrari, amministratore unico di Gsa, «le comunità energetiche sono un’idea interessante sotto diversi punti di vista», ma, avverte, «si tratta di vestiti “su misura”, che vanno tagliati molto attentamente sulle esigenze che si devono soddisfare. Bisogna valutare attentamente l’analisi costi/benefici, gli aspetti organizzativi e di impostazione, normati dal Decreto legislativo 199 del 2021, che definisce le Comunità energetiche come soggetti giuridici (per esempio associazioni riconosciute e non riconosciute, fondazioni di partecipazione, cooperative, imprese sociali) in possesso di uno o più impianti rinnovabili per produrre in autonomia e consumare energia elettrica. Ovviamente un aspetto importantissimo è anche la valutazione dei costi connessi allo sviluppo di una Comunità energetica».
Già, perché stiamo parlando di investimenti importanti: «È difficile immaginare una soglia di partenza al di sotto dei 60-80 mila euro per un impianto medio-piccolo. Ma si può arrivare tranquillamente a impianti da 300 mila euro. Le variabili sono tante. Quanti soggetti sono coinvolti nella Cer? Che dimensioni di consumo hanno? Hanno già delle linee vita sui tetti? Ogni singola realtà necessità di un business plan dedicato».
Quali sono i passi necessari per far nascere una Cer? «Il primo step – spiega Ferrari – è contattare la parrocchia o la comunità vicina: più realtà si uniscono sotto la stessa “cabina primaria” più interessante potrebbe risultare l’opportunità. Il secondo passo è rivolgersi al Gad, che da anni continua a fornire supporto a quanti sul territorio manifestano interesse verso le Comunità energetiche. Il Gad ha siglato accordi con alcuni fornitori sugli studi di pre-fattibilità delle Cer per capire, attraverso analisi preliminari, se l’investimento può avere senso. Perché anche solo sviluppare un progetto costa, soprattutto se coinvolge diverse realtà o comunità pastorali. Attualmente ci sono 5 o 6 comunità della diocesi che sono nella fase degli studi di pre-fattibilità».
Inoltre, aggiunge Ferrari, «la Cer è una struttura giuridica che ha una pianificazione ventennale, con aspetti complessi da gestire a lungo termine, come per esempio l’analisi dei consumi e il recupero dei bonus». Quello dei bonus è un tema cruciale: «Le Cer non beneficiano di finanziamenti diretti, per esempio connessi al Pnnr (fatta eccezione per i comuni inferiori a 5000 abitanti). Era così anni fa, quando chi installava i pannelli solari poteva contare su un recupero fiscale dell’investimento iniziale. Oggi invece il concetto di fondo è diverso: si riconosce il valore dell’energia prodotta e consumata dall’impianto, grazie ai bonus che vengono erogati da Gse (Gestore di servizi energetici). L’esborso iniziale resta in capo a chi decide di installare i pannelli».
Ferrari spiega che il Gad sta cercando di studiare formule alternative nei rapporti con potenziali partner/fornitori, che potrebbero fare un investimento iniziale recuperandolo nel tempo: «È una tematica complessa – spiega -, perché ci sono vincoli normativi che limitano la presenza di partner esterni nella costituzione della Cer».
Data la complessità del tema, il Tavolo tecnico sulle Comunità energetiche rinnovabili della Cei ha pubblicato di recente un Vademecum, nel quale si fornisce una road map per la costituzione e la gestione di una Cer. Ma il documento va più in profondità, analizzando le motivazioni che hanno portato la Chiesa a occuparsi di Cer all’interno della più ampia riflessione sulla cura del Creato ispirata dalla Laudato si’. Inoltre si sottolineano le finalità sociali delle Cer, oltre a quelle economiche e ambientali. La diocesi ha poi inviato alle parrocchie un documento con le indicazioni operative (qui il documento) per la costituzione di Comunità energetiche rinnovabili specifico per il proprio territorio.