Al termine della terza fase del Sinodo minore «Chiesa dalle Genti», attualmente in corso, sabato 3 novembre si concluderanno formalmente i lavori. Una “fine” che, in verità, è l’inizio di una sfida che interesserà la ricezione del Sinodo stesso a livello territoriale. Intanto la Commissione di coordinamento ha analizzato gli emendamenti al testo giunti in queste settimane, come spiega monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente della Commissione. «Entro il termine fissato al 21 ottobre all’indirizzo apposito del Sinodo sono arrivate 56 e-mail, contenenti proposte di emendamento molto variegate. Mi paiono la testimonianza di una Diocesi che si è messa in ascolto e, soprattutto, ha saputo porsi nella logica del discernimento».
Di che tipo di emendamenti si tratta?
Le osservazioni che ci sono giunte fanno riflettere, perché mostrano una comunità che, nel suo insieme, cerca di leggere gli eventi, di capire come seguire il Signore e come leggere la volontà di Dio anche nei cambiamenti che stiamo vivendo. Ciò che stupisce è la capacità e la profondità degli emendamenti: sono entrati bene sull’oggetto in questione, proponendo anche modifiche interessanti, che segnalano analisi differenti tra loro. È così che si costruisce il corpo di Cristo che è la Chiesa: mettendosi insieme, ascoltando i diversi punti di vista e ciò che lo Spirito suggerisce ai membri del popolo di Dio.
Come presidente della Commissione sinodale, quale le sembra l’aspetto più innovativo e simbolico del cammino compiuto dal 14 gennaio scorso a oggi?
Tre gli aspetti maggiormente simbolici. Il primo è legato alla capacità – che è maturata e sta continuando a crescere – di sentire le genti che abitano a Milano e che si riconoscono nella fede cristiana, non solo cattolica, come soggetto dentro la Chiesa. Il Sinodo è stata davvero un’occasione per scoprire che quanti sono arrivati, magari per ultimi, non sono semplicemente “in o un’aggiunta” alla Chiesa ambrosiana, ma diventano, con la loro diversità che è e si fa ricchezza, parte del corpo che costruisce la Chiesa. Il secondo aspetto innovativo, interessante e assai significativo, è quello relativo alla porzione di giovani che, sentendosi toccati dal tema sinodale soprattutto attraverso il mondo della scuola, ci hanno fornito un rimando del fatto che stiamo cambiando, oltre che come Chiesa, anche come società. I giovani ce l’hanno raccontato con molta disinvoltura.
E il terzo aspetto?
Mi sembra che sia l’intuizione di mettere insieme i due Consigli, Presbiterale e Pastorale diocesano, facendoli diventare ancor più soggetto di ascolto; aiutandoli a comprendere che la loro funzione di consultazione dentro la Chiesa non è accessoria, ma diventa davvero quella cassa di risonanza che permette poi a tutti di ascoltare la profondità della parola che Dio sta dicendo alla sua Chiesa tramite lo Spirito.
Il 3 novembre la conclusione del Sinodo in Duomo: non una fine, ma l’inizio di un cammino…
Esatto. Il 3 novembre, in realtà, sarà un momento interessante e di grande dibattito. Alla fine consegneremo il nostro testo all’Arcivescovo, il quale si riserverà del tempo per capire e per vedere in quale modo riconsegnarlo alla Chiesa. Il tempo che si prenderà l’Arcivescovo è voluto e pedagogico. Dal 4 novembre in poi ci sentiremo sospinti da questo: proprio perché eredi della tradizione di santi come Ambrogio e Carlo, vogliamo continuare a essere cristiani a Milano e, quindi, a essere Chiesa dalle genti.
Avviando la terza fase del Sinodo l’8 settembre, lei ha chiesto che il territorio venisse coinvolto e, in specifico, ha fatto riferimento ai Decanati. Perché?
Ci accorgiamo che la forza della nostra Diocesi, del nostro essere Chiesa di Milano, viene dalla presenza sul territorio dal reticolo, davvero sterminato, di parrocchie e di aggregazioni che sono le Comunità e le Unità pastorali e, soprattutto, i Decanati. In questo momento di cambiamento, il Sinodo ha permesso di mettere in luce come il Decanato sia una realtà cruciale che va ricompresa nella sua vera importanza, perché permette di leggere un cambiamento che, visto solo dal centro, sarebbe massificante, e, visto unicamente dalle parrocchie, sarebbe troppo frammentario.