Una road map per il cammino futuro, ma già iniziato della nostra Chiesa ambrosiana. Così potremmo dire in sintesi il contenuto e il senso del testo finale che l’Assemblea sinodale si appresta a emendare e ad approvare il prossimo 3 novembre, per poi consegnarlo all’Arcivescovo.
In cinque capitoli e trentuno paragrafi il documento fa il punto sulle intuizioni e le prospettive che la partecipata fase di ascolto e di discernimento ha prodotto. L’Arcivescovo ci aveva chiesto visione e coraggio. Monsignor Delpini ha voluto questo sinodo per aiutare la Chiesa ambrosiana e la società milanese ad abitare in modo diverso il cambiamento d’epoca che ci tocca da vicino e in tanti settori. Contemplare il nostro quotidiano dalla prospettiva della “Gerusalemme nuova, come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2), alzando in questo modo lo sguardo, e lasciando che il disegno di Dio rilegga le nostre emozioni e le nostre ansie, di fronte a un presente e a un futuro che si colorano di tratti inediti non soltanto su temi come l’economia e l’immigrazione, ma anche sulla trasmissione della fede cristiana alle nuove generazioni, sulla capacità di una reale testimonianza cristiana in un cultura e una società sempre meno permeate dalla nostra tradizione.
Essere Chiesa dalle genti ha permesso alla nostra Diocesi di scoprire che la sfida non è così impari come potrebbe apparire a uno sguardo affrettato. Disponiamo già di energie e di esperienze capaci di indirizzarci in questa direzione: la presenza di comunità cattoliche straniere e di individui che si affacciano con minor timore sulla scena della nostra vita pastorale, l’esperienza dei fidei donum (non solo preti, ma anche famiglie), comunità di vita consacrata che – con umiltà, ma con ardore – trasformano il nostro quotidiano proprio grazie alla presenza di fratelli e sorelle provenienti da altre culture e nazioni… il presente della vita diocesana appare sempre più come un laboratorio di inclusione e di costruzione di una Chiesa veramente e realmente cattolica!
Il nostro Arcivescovo aveva aperto la fase del dialogo e del dibattito sinodale chiedendoci queste attitudini: «Stupore. Entusiasmo. Ammirazione. Esultanza. Contemplazione commossa fino alla benedizione. Consapevolezza profonda fino allo struggimento. Appello e fascino fino allo slancio. Quello che mi aspetto dai fratelli e dalle sorelle chiamati a offrire il loro contributo nel cammino sinodale della nostra Chiesa è questo atteggiamento spirituale intenso di gioia e illuminato da una visione: il mistero nascosto nei secoli si è rivelato nella Pasqua di Gesù. La Chiesa non si aspetta dai suoi consiglieri qualche luogo comune del buon senso, qualche alchimia per programmi politicamente corretti, qualche ragionamento da salotto. Il consigliare nella Chiesa è accendere un fuoco che si propaga, contagiare con una testimonianza che infonde ardore. E l’origine del fuoco non è in uno sforzo artificioso, non è nell’applicazione di un comandamento che costringe e pungola, ma è nel mistero nascosto da secoli e rivelato in Gesù, confidato ai discepoli».
Il testo che ci prepariamo a emendare vuole essere all’altezza delle attese del nostro vescovo Mario, intende rispondere alle sue aspettative. Tutta la Commissione che ha accompagnato il cammino sinodale è infatti convinta che il cammino fatto e il testo prodotto sia una proficua occasione per vincere l’inerzia che spinge a ripetere gesti che ci costano sempre maggiore fatica («si è sempre fatto così»). Proprio grazie alla visione di una Chiesa dalle genti la Diocesi di Milano può avere le energie e la forza, legata alla speranza donata dalla croce di Cristo e dalla sua resurrezione, per riscrivere dentro il cambiamento i piccoli, ma potenti gesti feriali e quotidiani che incarnano la fede, con la loro forza educativa e trasfigurante.