Entrano alla spicciolata, con le loro vesti bianche e rosse, o con la semplice tunica candida, alcuni – i più piccoli – un poco intimoriti dalla maestosità del Duomo inondato di luce, altri – i più grandicelli – con gli immancabili smartphone in una mano e il libretto per seguire la celebrazione nell’altra. Tutti, comunque, richiamati dai loro doni, dagli educatori, da genitori e catechiste che tentano di mantenere l’ordine. Ma anche di cercare un posto dove sedersi, perché la Cattedrale si riempie in pochi attimi.
La carica degli oltre 4000 ministranti che arrivano da tutta la Diocesi per l’attesissimo Meeting Chierichetti, che di anno in anno registra un numero di presenze maggiori, è questo. Una festa di suoni e colori prima dell’incontro e, poi, durante il momento con l’Arcivescovo Mario Delpini, una gioia vissuta nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio, delle testimonianze, di ciò che il vescovo Mario dice ai ragazzini e ragazzine che si affollano fin ai piedi dell’altare maggiore.
Aperto dal rito della luce, il Meeting, preparato dal direttore del Mo.Chi, Movimento Chierichetti, don Michele Galli, con la collaborazione di alcuni seminaristi, prende il titolo dal capitolo 2 degli Atti, “Apparvero loro lingue come di fuoco”, naturalmente in riferimento alla discesa dello Spirito nel giorno di Pentecoste, ormai imminente quest’anno. Tre i momenti in cui si articola la celebrazione, il primo intitolato “Lo Spirito chiama nella creazione”, al quale segue il secondo, “Lo Spirito chiama mio fratello”, in cui 3 diaconi che verranno ordinati sacerdoti il prossimo 8 giugno, raccontano cosa abbia significato aver accolto lo Spirito nella propria vita aprendosi agli altri.
Le testimonianze dei diaconi
Inizia don Manuel Mazzucco che richiama la centralità delle relazioni. «In modo sorprendente, nella mia vocazione, mi hanno aiutato le amicizie e mi sono aperto a coloro che, in oratorio, mi hanno fatto incontrare Gesù. Proprio una di queste persone mi ha fatto la semplice domanda se avevo mai pensato di diventare prete e da lì è partita un’incredibile avventura: così ho scoperto l’amicizia più importante, il Signore, l’amicizia con Gesù».
Parole cui fa eco don Stefano Pedroli. «Ragazzi, vi raccomando di riconoscere lo Spirito santo: è Dio che ci abbraccia e che ci riempie del suo amore. Lo spirito chiama», osserva sottolineando l’esempio venuto dai genitori e dai suoi 3 fratelli (uno già sacerdote) e una sorella, tutti maggiori di lui. «Ringraziate e chiedete tanto soprattutto ai nonni che hanno una grande fede. Volete bene al gruppo chierichetti, seguite le proposte della Diocesi, perché insieme agli altri sentirete l’abbraccio sempre più stretto e caldo dello Spirito e scoprirete anche voi la vostra vocazione».
Infine, don Alessandro Tacchi. «Ho capito la mia strada donandomi con il desiderio di mettermi a servizio degli altri. Ho sempre sentito, infatti, il desiderio di fare qualcosa per la comunità che mi ha trasmesso la fede e, quindi, sono stato animatore in oratorio, poi nel coro, catechista e lettore prima di entrare in seminario. Ho sempre detto il mio sì mettendomi a servizio. Il secondo modo con cui lo Spirito mi ha parlato è stato mettere nel mio cuore la domanda della ricerca di un senso e la preghiera mi ha messo davanti al Signore. Vi faccio l’augurio di vivere il compito di chierichetti come servizio, come qualcosa che è bello per voi e per gli altri».
L’omelia dell’Arcivescovo
Nel terzo momento, dal titolo “Lo Spirito mi ha consacrato con l’unzione”, arriva forte e chiara, scandita in ogni suo passaggio talvolta ripetuto dal vescovo Delpini, l’omelia. «Oggi, voglio suggerirvi tre parole per accompagnare altrettante posizioni che si prendono nelle celebrazioni. Pensatele intensamente, iniziate da quando vi sedete: dovere dire dentro di voi: “Parlami Gesù! Mi incanta la tua parola. Tu sei l’amico che mi riempie di gioia. Parlami, Gesù! La tua parola mi dà coraggio: tu sei il Signore che mi indica la strada, la via della vita; tu sei il Maestro, che sa riconoscere le mie paure e le mie domande. Parlami, Gesù! Tu sai perché sono triste e mi consoli, tu sai quello che mi spaventa e mi tieni per mano».
La seconda parola – «Eccomi» – è legata a quando ci si alza in piedi. «Eccomi: seguirti mi aiuta a conoscere la strada e la meta. Eccomi: mi sento libero e contento di stare con te e con gli altri tuoi amici: è un’avventura affascinante. Eccomi: non voglio restare da solo, restare bambino, non voglio sentirmi inutile».
«Alzatevi e gridate eccomi», quasi grida, a sua volta, l’Arcivescovo mentre il Duomo, al suo invito, risuona di migliaia di voci. Come, poco dopo, accade con la terza espressione, «Mio Signore e mio Dio», quando «guardate verso il pane e il vino consacrati e si fa una genuflessione».
«Mio Signore e mio Dio: tu sei colui che ha vinto la morte; tu mi parli di Dio e mi insegni a chiamarlo, Padre; tu sei qui e io ti posso incontrare. Mio Signore e mio Dio: tu sei il pane della vita, mi dai la forza per vivere e amare, vivere e sperare, vivere, cantare e dare la vita. Tu sei la luce che vince le tenebre, la nostra pace, la via, la verità, la vita, il buon pastore che mi cerca quando sono perduto, la rivelazione che chi vuole essere il primo deve essere il servo di tutti».
La conclusione
E a conclusione del Meeting, dopo la consegna di un adesivo in ricordo della giornata, da attaccare sulle candele che ogni ragazzo ha acceso vicino a sé e che dovranno accendere ogni giorno per vivere un momento di preghiera serale, c’è ancora tempo per una raccomandazione.
«A me piacerebbe – spiega l’Arcivescovo – che invitaste in oratorio dei ragazzi della vostra età che conoscete e che, a volte, fanno fatica a inserirsi nelle nostre comunità. Il Mo.Chi. è una porta di ingresso raccomandabile anche se, magari, questi vostri amici e compagni di scuola non parlano bene l’italiano. Se vengono dall’Africa o dall’India possono essere una presenza utile per il gruppo chierichetti e per loro stessi: fate così anche se ci sono ragazzi con qualche difficoltà. Abbiate gli occhi aperti non solo per fare bene i chierichetti, ma anche verso qualcuno che si sente messo da parte perché venga valorizzato».
La benedizione finale, la consegna degli attestati di partecipazione al Corso cerimonieri, svoltosi nei mesi scorsi in 5 diverse sedi dell’intera Diocesi e un’infinita serie di strette di mano e selfie con l’Arcivescovo che percorre, la navata centrale, sostando accanto a ciascun gruppo, suggellano un Meeting riuscitissimo.