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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Intervista

Chiamati all’arte della sinodalità

Simona Beretta, moderatrice di un Gruppo Barnaba, spiega cosa avverrà con l’avvio delle Assemblee sinodali decanali, annunciato dall’Arcivescovo l’8 settembre

di Annamaria Braccini

11 Settembre 2022
L'Arcivescovo conferisce il mandato ai rappresentanti dei Gruppi Barnaba durante la celebrazione in Duomo per la Festa della Dedicazione della Cattedrale (17 ottobre 2021)

Fra gli adempimenti importanti di questo nuovo anno pastorale vi è l’avvio delle Assemblee sinodali decanali, annunciato in Duomo a conclusione del Pontificale dell’8 settembre. A delineare la logica e gli obiettivi di questo secondo momento del cammino sinodale della Chiesa ambrosiana è Simona Beretta, moderatrice del Gruppo Barnaba del Decanato Cernusco sul Naviglio, che spiega: «Sostanzialmente si tratta del passo che porterà a compimento il progetto di riforma dei Decanati, partito già dal Sinodo minore Chiesa dalle Genti, nel 2018, ed evolutosi nel corso di questi anni, prima nella costituzione dei Gruppi Barnaba (vai allo speciale) e, poi, con le Assemblee sinodali che dovrebbero essere l’esito della riformaۚ».

Per l’occasione è stata pubblicata una Nota che è un’appendice al sussidio Artigiani della Sinodalità, con premessa dell’Arcivescovo (leggi qui). Di cosa si tratta?
È un documento, potremmo dire, tecnico. Al suo interno, infatti, sono contenute le procedure per arrivare a costituire l’Assemblea, che vanno da una definizione degli obiettivi e degli scopi delle Assemblee stesse, fino ad arrivare al numero dei componenti, alla modalità con cui coinvolgerli e alla durata in carica dell’Assemblea, di cui si specificano anche alcune modalità di lavoro. Naturalmente vi è anche molto altro per approfondire. Sono tutti suggerimenti codificati e revisionati nel corso della scorsa estate, con l’apporto dei Moderatori e dei Decani che già fanno parte dei Gruppi Barnaba.

I Gruppi Barnaba hanno lavorato un anno. Qual è stato il loro impegno?
I Gruppi si sono attivati dal 17 ottobre 2021 – quando è stato loro conferito il Mandato dall’Arcivescovo -, con una composizione variabile del numero delle persone che ne hanno fatto parte: tra le 6 e le 14, a secondo dei Gruppi, presenti in 59 Decanati su 63 (il dato è aggiornato a giugno scorso). I Gruppi hanno realizzato prima un percorso di conoscenza reciproca, come pure di comprensione dell’obiettivo del lavoro e, successivamente, hanno avviato un cammino di conoscenza e di lettura del territorio. La chiamerei una sorta di osservazione “a volo d’uccello” su quello che è il territorio decanale, perché sarà poi l’Assemblea sinodale decanale ad approfondire questo lavoro e ad avviare probabilmente delle azioni pastorali. I Gruppi Barnaba hanno lavorato sostanzialmente ad intra per conoscere ciò che già esiste ed è supportato a livello locale. Alcuni Gruppi Barnaba hanno iniziato, tuttavia, anche un’osservazione al di fuori delle strutture ecclesiali. È stato un grande impegno di lettura, di mappatura e di prima raccolta di quanti possono essere interlocutori privilegiati per costruire una rete e una relazione più intensa con il territorio, con il quotidiano, con la realtà nella quale viviamo.

L’Arcivescovo, nella sua premessa alla Nota, indica alcuni obiettivi che ci si propone in questa seconda fase e utilizza la parola «gioia». Perché?
Come nell’omelia della celebrazione per il conferimento del Mandato ai Gruppi Barnaba (leggi qui), questa premessa vuole essere un incoraggiamento a osare la responsabilità di decidere e di verificare, ma anche di sperimentare cose nuove. L’Arcivescovo individua due direttrici: da un lato, un lavoro di discernimento e di deliberazione che serva a rendere più autentica ed efficace la testimonianza cristiana; dall’altro, questo lavoro di lettura e di conoscenza della realtà, deve anche aiutarci a raccogliere e a vedere quei segni di Vangelo che spontaneamente sorgono. Tale lavoro deve essere anche un’occasione di conversione e di stupore nel vedere come il Signore ci preceda nelle Galilee del nostro cammino. Un’indicazione, infatti, nella premessa dell’Arcivescovo, è a considerare la missione delle Assemblee e, quindi di ciascun cristiano, come un servizio che consenta di constatare che la fede resta viva se è condivisa anche al di fuori della cerchia dei discepoli: un chiaro invito a “uscire”, a “contaminarci” con ciò che il mondo che abitiamo vive quotidianamente.