Entra accolto dall’entusiasmo delle centinaia di catechiste e catechisti che affollano l’Auditorium “Don Bosco” per la presentazione del Cammino dei 100 Giorni Cresimandi, che condurrà al grande incontro di San Siro in programma il 26 maggio prossimo. È l’Arcivescovo che, così, per la prima volta incontra questi educatori e formatori dei ragazzi.E proprio da tre figure emblematiche parte la riflessione introduttiva di monsignor Delpini che racconta di un’immaginaria catechista che si chiama Luna e «che si sente impotente: vorrebbe scaldare, ma vede che coloro a cui si rivolge rimangono freddi e confusi. Lei, impotente appunto come la luna che non ha luce sua e che, pur non essendo impreparata, non incide».
Poi, c’è Siria che porta il nome di un Paese devastato e a cui sembra, incontrando dopo tre o quattro anni i ragazzi da lei preparati alla Cresima, di vedere solo rovine e l’inutilità». Insomma, un’educatrice «scoraggiata».
Infine Rosa, «che ha le sue spine e si erge dritta», un poco presuntuosa e orgogliosa, «come colei che è capace di fare».
«Queste tre figure rappresentano difetti estremizzati, certamente», spiega il vescovo Mario, ma, cominciando il Cammino dei 100 giorni, servono per ricordare la prima grande regola: l’educazione è opera di Dio, presenza che fa vivere la nuova Gerusalemme che scende dal cielo».
Da qui la raccomandazione alle donne e uomini impegnati nel prezioso servizio della Catechesi ai più giovani: «Alzate lo sguardo per riconoscere l’opera di Dio. I ragazzi sono un mistero, una libertà, una storia imprevedibile e noi siamo a servizio di questa storia. Tutto quello che facciamo, le tecniche che impariamo, devono essere non solo un attirare la loro attenzione ̶ che è il rischio dell’educazione catechistica ̶ , ma un alzare lo sguardo. La domanda vera è chiedersi se i ragazzi hanno imparato ad alzare lo sguardo».
Il riferimento di Delpini è alla Lettera ai Cresimandi, da lui stesso scritta con il titolo “Verso la città felice”, e alle sue immagini dello Spirito. «Quello Spirito che è il fuoco che arde perché lo Spirito santo scende come un fuoco che trasfigura tutto. La Cresima è un lasciarci incendiare: i ragazzi non sono vasi da riempire ma fuochi da accendere. Un fuoco che, se non contagia ciò che sta intorno, si affievolisce e muore».
Lo Spirito che è come il vento «amico che spinge a largo la vela se, con docilità, ci si lascia spingere». Che è la roccia «che rende salda la Chiesa e la città attraverso la preghiera che ci dà questo fondamento solido. È lo Spirito ci insegna a pregare»
E, infine, Spirito che è la colomba «capace di portare e mettere pace con la custodia della tenerezza del Signore».
E, allora, la consegna è chiara: «Se qualcuno di voi si sente come Luna, Siria o Rosa veda come lasciare spazio, nella propria opera, all’opera creativa di Dio. Il nostro è un servizio all’opera di Dio».
L’applauso scrosciante che saluta il «primo catechista della Diocesi e primo collaboratore della Fondazione degli Oratori Milanesi» come don Stefano Guidi, direttore della Fom, definisce monsignor Delpini, è l’emblema del cammino bello e di speranza, articolato in 8 tappe, che inizia, nelle parole di don Guidi di fronte all’Arcivescovo, con una promessa e una certezza.
«Consideriamo la sua Lettera come materiale di lavoro da approfondire. La sentiamo uno di casa nostra che aiuta ciascuno di noi a essere casa con il Vescovo. Questo è l’obiettivo del percorso dei 100 giorni: costruire la Chiesa come casa. Vogliamo pensare la Chiesa in grande, come ci indica anche il Sinodo minore».