«In tanti anni, la nostra Casa l’abbiamo vista caotica, rumorosa, piena, a volte strapiena. Mai era stata così vuota e silenziosa come in alcuni momenti del primo lockdown. Per il modo in cui abbiamo sempre accolto, la pandemia è stata un duro colpo, ma non ci siamo lasciati prendere dallo sconforto. Abbiamo reagito. Abbiamo resistito. Siamo stati nel mezzo, come ci piace dire. Proviamo a farlo dal 2002, quando il cardinale Martini ha voluto la nostra Fondazione. E abbiamo provato a farlo anche nel 2020, offrendo sostegno e cura a 5.937 persone in difficoltà».
Sono le parole di don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, nel commentare il 2020 della Fondazione. Un anno straordinario e drammatico a causa della pandemia di Covid-19, durante il quale la Casa è riuscita ugualmente a tenere fede alla sua mission: accogliere e prendersi cura degli “ultimi degli ultimi”, come racconta il Bilancio di Sostenibilità 2020.
Con i più fragili, anche in pandemia
Nel corso del 2020, alcune attività sociali della Casa della Carità sono rimaste sempre aperte. Altre hanno dovuto fermarsi per poi ripartire, altre ancora sono tuttora chiuse e la Fondazione sta lavorando affinché riprendano presto e in sicurezza.
«Interrompere alcuni servizi proprio quando sapevamo che ce n’era un forte bisogno è stato doloroso, ma è stato altrettanto gratificante essere riusciti, in un anno così complesso, ad aiutare 5.937 persone, di cui 442 ospitate negli spazi di accoglienza della Fondazione, 3.888 seguite sul territorio e 1.607 supportate dai servizi diurni. Per far fronte alla pandemia, abbiamo assunto 5 infermieri, distribuito 134.000 dispositivi di protezione individuale e acquistato 4.200 litri di prodotti igienizzanti. Abbiamo inoltre sostenuto 173 famiglie, con aiuti straordinari. Lo abbiamo fatto grazie all’impegno di 124 tra dipendenti e collaboratori, al sostegno di 20.823 donatori e alla vicinanza di 69 volontari», racconta Maurizio Azzollini, direttore generale della Fondazione.
Protezione
La protezione dal contagio da Covid-19 è stato uno degli aspetti che ha caratterizzato l’intero anno, sia per le persone ospiti sia per lavoratori e lavoratrici della Fondazione. Per questo, sono stati approntati degli appositi protocolli, periodicamente aggiornati, è stato assunto del personale infermieristico e sono stati acquistati dispositivi di protezione e servizi di sanificazione. In conseguenza della pandemia la Fondazione non ha effettuato licenziamenti e ha fatto un ricorso minimo al Fondo di integrazione salariale, garantendo così stabilità ai suoi dipendenti in un momento particolarmente complesso. Tutto questo è stato possibile grazie a una gestione economica attenta che, grazie ad alcuni sostegni straordinari, ha consentito alla Fondazione di chiudere il bilancio in positivo per il settimo anno consecutivo.
Una sfida culturale
Anche sul versante delle attività culturali, uno dei due polmoni della Fondazione insieme all’accoglienza, la pandemia è stata una sfida. Da un lato, la Casa della Carità ha raccontato la pandemia dal punto di vista delle persone più fragili ed escluse. Dall’altro, il Covid-19 ha reso ancora più importante il lavoro che la Fondazione sta portando avanti da anni sul tema della salute che, proprio nel 2020, è andato ad alimentare le attività della neonata associazione “Prima la comunità”. La Casa della Carità si è inoltre spesa in iniziative culturali e politiche per la promozione e la tutela, anche in pandemia, dei diritti dei lavoratori stranieri irregolari, dei cittadini rom e delle persone con problemi di salute mentale.
«Regaliamoci futuro»
Nel 2020, è entrato nel vivo il percorso di riprogettazione dell’azione sociale e degli spazi della Fondazione, intitolato “Regaliamoci futuro”. La pandemia, da un lato ne ha temporaneamente rallentato i lavori, ma, dall’altro, ne ha ribadita con forza la necessità. E, infatti, a fine 2020 sono iniziati i lavori di ristrutturazione di una prima parte della sede di via Brambilla.