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Rapporto 2016

Caritas/Migrantes, senza gli immigrati l’Italia non ha futuro

Le nuove generazioni al centro della XXVI edizione dell’indagine: tra le novità, l'aumento dei matrimoni misti e il calo dei matrimoni stranieri. L'insediamento stabile delle famiglie immigrate avrà effetti demografici e sociali sempre più importanti

di Patrizia CAIFFA

22 Giugno 2017

Sono i giovani al centro dell’attenzione del Rapporto immigrazione 2016 di Caritas italiana e Fondazione Migrantes. Nuove generazioni a confronto è il titolo del volume che Caritas e Migrantes dedicano ogni anno al fenomeno immigrazione, con analisi qualitative e quantitative basate su dati Istat e di altre fonti, a livello mondiale, nazionale e regionale.

Al 1° gennaio 2016 le persone di cittadinanza straniera risultavano essere 5.026.153 (di cui il 52,6% donne), pari all’8,3% della popolazione complessiva (60.665.551), che è in calo di 130.061 unità (-0,2%) rispetto all’anno precedente. Al 1° gennaio 2017 si registra un calo ulteriore di 89.000 italiani, solo in parte compensato (+2.500) dagli stranieri. Il saldo totale di 60.579.000 registra una ulteriore diminuzione di 86 mila unità.

È in questo inesorabile declino demografico che si colloca la presenza vitale e innovativa degli stranieri, in particolare dei giovani: 814.851 alunni con cittadinanza non italiana nelle scuole nell’anno scolastico 2015/2016 (il 9,7% del totale). Il dato che spicca maggiormente è che più della metà – il 58,7% – sono nati in Italia. E vorrebbero essere cittadini italiani, come previsto dalla legge su cui si sta dibattendo in Senato fondata sul principio dello ius soli temperato e ius culturae. Le acquisizioni di cittadinanza (al 31 dicembre 2015) con la legge attualmente in vigore sono state invece 178.035, con un aumento del 37,1%. I diciottenni che hanno fatto richiesta erano 10 mila nel 2011, sono diventati 66 mila nel 2015. Nuove generazioni di migranti o figli di migranti che costituiranno un volto nuovo dell’Italia, fatto di incontri, «convivialità delle differenze» e relazioni. Altrimenti il nostro Paese – avvertono Caritas e Migrantes – «rischierà di non avere futuro».

In Europa e nel mondo

Il Rapporto apre con una panoramica globale che descrive un mondo sempre più in movimento: nel 2015 ben 243,7 milioni di persone vivono un Paese diverso da quello di origine. Dal 1990 al 2015 i migranti sono aumentati del 59,7% e rappresentano il 3,3% della popolazione mondiale. Nell’Unione europea sono 37 milioni, il 7,3% della popolazione.

Tra i 10 Paesi con il più alto numero di migranti gli Stati Uniti, la Germania, la Federazione Russa, l’Arabia Saudita e il Regno Unito. L’Italia è solo all’undicesimo posto.

In Italia 198 nazionalità

L’Italia sta diventando un Paese sempre più multiculturale, con 198 nazionalità diverse: ai primi posti la Romania (1.151.395), a seguire l’Albania (467.687), il Marocco (437.485) e la Cina (271.330). Al 1° gennaio 2016 sono stati concessi 3.931.133 permessi di soggiorno, con un aumento di sole 1.217 unità (+0,03%). Il 48,7% sono donne. Il 42% chiede il permesso per motivi di lavoro, il 41,5% per ricongiungimenti familiari, il 9,7% è legato alla richiesta d’asilo. Come negli anni passati le presenze sono soprattutto in tre regioni del Nord – Lombardia (22,9%), Emilia Romagna (10,6%) e Veneto (9,9%) – e una del Centro, il Lazio (12,8%).

Più famiglie residenti e “a colori”

Tra le 178.035 acquisizioni di cittadinanza del 2015 (il 42% sono donne) si registrano fenomeni nuovi: diminuiscono dal 25% al 16% le donne straniere che chiedono l’acquisizione di cittadinanza a seguito di matrimoni con italiani. Secondo il Rapporto è “il frutto di un lungo percorso di integrazione”.

Altre novità significative sono l’aumento dei matrimoni di uno sposo straniero con una sposa italiana (+5,9%) e il calo dei matrimoni tra stranieri (-5,9%), in totale 6.000. I matrimoni in cui almeno uno dei due sposi era di cittadinanza straniera erano 24.018, pari al 14,1% delle nozze celebrate nel 2015. Gli uomini italiani sposano in prevalenza romene (20%), ucraine (12%) e russe (6%). Le donne italiane preferiscono i marocchini (13%), gli albanesi (11%) e i romeni (6%).

Studio e lavoro

Nelle scuole secondarie di II grado si conferma la propensione dei ragazzi stranieri a scegliere istituti tecnici e professionali, ma aumentano nelle università. Negli atenei italiani (a.a. 2015/2016) su 271.000 studenti, gli immatricolati di cittadinanza non italiana sono il 5% (erano il 3,7% di 257.100 l’anno precedente), soprattutto romeni (14,7%), albanesi (12,6%) e cinesi (9,2%).

Tipicamente italiano è però il fenomeno dell’overeducation, ossia l’eccesso di laureati non assorbiti dal mercato del lavoro o costretti a occupazioni che richiedono minori qualifiche. Per gli italiani rappresenta il 19,9%, tra gli stranieri è il 65,9% e sono impiegati come operai (39,2%), domestici (22,3%), soprattutto filippini e ucraini. Nel mercato del lavoro gli occupati stranieri nel 2016 sono 2.409.052, in cerca di lavoro 425.077, inattivi 1.202.926: totale 4.125.307 in età da lavoro, con un aumento dell’occupazione del 2,1% rispetto al II trimestre dell’anno precedente. Ma il 35% sono giovani Neet, che non studiano né lavorano, una percentuale di almeno dieci punti più alta rispetto a quella degli italiani. Questo anche perché, nell’ambito di alcune comunità immigrate, le giovani donne vengono relegate nel ruolo di casalinga. I tre quarti degli stranieri lavorano nel settore dei servizi collettivi e personali (28,3%), nell’industria (17,3%), nelle costruzioni (10,2%), nel settore alberghiero e della ristorazione (10,1%) e nel commercio (9,7%). Patiscono però, rispetto agli italiani, una certa “segregazione occupazionale” rimanendo confinati solo in alcuni settori.

Grande è la differenza di retribuzione media mensile: per gli italiani è di 1.356 euro, per gli stranieri scende a 965 euro (-30%). Sempre in crescita è invece l’imprenditoria straniera: 354.117 imprese a fine 2015 (+5,6%), soprattutto nel commercio, nelle riparazioni di autoveicoli e nel settore delle costruzioni.

Criminalità e rischio devianza

Gli stranieri sono il 34,07% della popolazione carceraria (fine 2016), pari a 18.621 detenuti, in maggioranza per reati contro il patrimonio (8.607), violazione delle norme in materia di stupefacenti (6.922) o condanne per reati contro la persona (6.751). I minori stranieri sono circa un terzo (3.930) dei soggetti presi in carico (14.920) al 15 marzo 2017 dal Servizio sociale per i minorenni.

Tra le forme di devianza e dipendenza Caritas e Migrantes segnalano i rischi legati al “fattore consumismo” che crea divario tra benestanti e nuovi poveri e spinge i giovani immigrati indigenti a compiere azioni illecite; la “stigmatizzazione sempre più evidente nei confronti del diverso, visto come fonte di pericolo”, che può produrre “una reazione di rifiuto nello straniero”. Abuso di droghe, alcool, dipendenza da internet e gioco d’azzardo patologico sono altri rischi in cui può cadere chi soffre per deprivazione, isolamento ed esclusione.