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Sirio 10 - 16 marzo 2025
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Intervista

Bressan: «Ebrei e cattolici insieme per comprendere le ragioni del Giubileo»

Il Vicario episcopale presenta l’incontro del 16 gennaio all’Ambrosianeum con il rabbino capo Arbib, alla vigilia della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra le due fedi: «I nostri legami superano i motivi di difficoltà contingenti e le guerre in corso. Vogliamo seminare prospettive di futuro e di speranza per proseguire con coraggio sui sentieri della pace e della riconciliazione»

di Annamaria BRACCINI

15 Gennaio 2025
Il suono dello jobel (foto Vatican News)

«Un incontro per interrogarsi sul significato e l’origine del Giubileo nella tradizione ebraica, e un modo per affrontare il rapporto tra la fede dei “fratelli maggiori” e la nostra cattolica, in questo momento nel quale sono tante le difficoltà anche per il dialogo interreligioso a livello mondiale». Così monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo, definisce l’appuntamento di giovedì 16 gennaio, alle 18, presso la Fondazione Ambrosianeum, dal titolo «Il Giubileo biblico» (leggi qui). Relatore sarà rav Alfonso Pedatzur Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana. A rappresentare la Chiesa ambrosiana l’Arcivescovo e lo stesso monsignor Bressan. Moderatore sarà Daniele Garrone, pastore valdese e presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. La serata sarà patrocinata da diverse realtà, tra cui il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano – il presidente padre Traian Valdman farà il saluto introduttivo – e il Centro di Documentazione ebraica contemporanea.

Questo evento avrà luogo alla vigilia della XXXVI Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che si intitola «Pellegrini di speranza», appunto come il Giubileo 2025…
Si. Ascoltando rav Arbib, si tratterà di comprendere le ragioni bibliche profonde di ciò che chiamiamo ancora oggi «giubileo» a partire dalla parola jobel, il “corno d’ariete” utilizzato, con il suo suono, per indicare l’inizio dell’anno giubilare, come si legge nel Libro del Levitico al capitolo 25.  È un legame, questo, che supera i motivi di difficoltà contingenti e le guerre, seppure gravissime, in corso e che ci permette di interrogarci su cosa significhi oggi, per tutti, proporre e vivere un Giubileo. 

L’anno scorso, sempre in occasione della Giornata, l’Arcivescovo e il Rabbino capo dialogarono al Memoriale della Shoah, dopo averlo visitato insieme con un centinaio di giovani. L’appuntamento 2025 continua su questo cammino?
Certamente. Dopo aver ascoltato il Rabbino, in un secondo incontro interverrà l’Arcivescovo, proponendo la nostra lettura contemporanea del Giubileo. E stiamo lavorando perché il confronto possa proseguire in incontri tra i giovani appartenenti alle due fedi, proprio perché l’iniziativa di quest’anno vuole essere un momento, non chiuso in se stesso, ma che semina prospettive di futuro e di speranza in un frangente nel quale vediamo che in molti si sta affievolendo, appunto, la speranza e la certezza che la pace è possibile.

Pur nel rispetto delle differenze il Giubileo può essere un’ulteriore possibilità di riconoscimento vicendevole tra ebrei e credenti in Cristo?
È una grande occasione. Come scrivono nel loro Messaggio per la Giornata i Vescovi italiani, «sicuramente il dialogo [ebraico-cristiano] non è semplice anche a causa del passato, dell’“insegnamento del disprezzo” e della troppo scarsa partecipazione delle comunità cristiane. È necessario che il dialogo non sia più una questione di nicchia. Come Chiesa cattolica ci auguriamo che l’anno giubilare porti al rilancio e all’allargamento del dialogo, non per “tirare avanti”, ma per approfondire. Riprendendo le parole del cardinale Carlo Maria Martini: “La posta in gioco non è semplicemente la maggiore o minore continuazione vitale di un dialogo, bensì l’acquisizione della coscienza, nei cristiani, dei loro legami con il gregge di Abramo”».

Significativamente la data del 17 gennaio, voluta dalla Cei come Giornata del dialogo fin dal 1989, si situa alla vigilia della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani (leggi qui). Oggi, in un orizzonte di conflitti, è più che mai necessario parlare con un’unica voce?
Sì e il nostro contributo come Chiesa è appunto quello di continuare a percorrere strade di confronto interreligioso ed ecumenico. Siamo entrati nel 60° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II e della sua dichiarazione Nostra Aetate, pubblicata il 28 ottobre 1965, che sancì un definitivo cambiamento e una svolta epocale nei rapporti con l’ebraismo. La storia che abbiamo alle spalle, il prezioso dono del Giubileo, il desiderio comune di essere pellegrini di speranza nel mondo, ci chiedono di proseguire con coraggio sui sentieri della pace e della riconciliazione.

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