«Ci accorgiamo che la logica umana e gli umani non riescono a mettersi di fronte gli uni agli altri tanto da riconoscersi fratelli e sorelle e, quindi, riteniamo che vadano moltiplicati gli sforzi per chiedere e volere la pace». Nelle parole di monsignor Luca Bressan (vicario episcopale per la Carità, la Cultura, la Missione e l’Azione sociale), è questo il senso profondo del messaggio che l’Arcivescovo ha deciso di inviare alle comunità religiose non cristiane e ai loro responsabili, presenti nel territorio della Diocesi. «Come già aveva fatto durante la Quaresima e in molte altre occasione quest’anno, l’Arcivescovo domanda a tutti di invocare Dio perché intervenga cambiando i cuori: questa volta chiede aiuto rivolgendosi anche alle altre religioni e non più solo a tutti i fedeli della Chiesa ambrosiana», prosegue Bressan.
Lei ha consegnato il messaggio venerdì scorso a Mahmoud Asfa, della Casa della Cultura musulmana di via Padova, e così faranno alcuni responsabili di Comunità pastorali e parroci con le realtà dei loro territori fino a Natale. Perché questa scelta?
Perché vogliamo che le parole dell’Arcivescovo costruiscano pace già mentre vengono consegnate, permettendo, in modo capillare, di guardarsi negli occhi, ricostruendo, ma soprattutto consolidando i legami di amicizia che già esistono e testimoniando che, a partire dal nostro piccolo, è possibile iniziare a immaginare un regno di pace. Penso alle comunità islamiche che ci chiedono ospitalità durante il Ramadan, ma anche al rabbinato e alle sinagoghe, a cui abbiamo espresso il nostro dolore per l’attentato terroristico dello scorso 7 ottobre. Senza dimenticare, naturalmente, tutti i templi e i centri di preghiera legati alle religioni orientali. L’invito a consegnare il messaggio copre tutto il nostro tempo di preparazione al Natale, e può essere un modo per rispondere agli auguri che riceviamo in questa ricorrenza dalle altre religioni.
Anche le altre Chiese cristiane sono state coinvolte?
Davvero tutti dobbiamo unirci in una grande catena di pace. Per questo abbiamo informato dell’iniziativa i ministri delle Confessioni cristiane e, dunque, possiamo dire che in questa proposta vi è anche uno sguardo ecumenico. Infatti, anche se l’Arcivescovo non sarà presente perché impegnato a visitare i nostri missionari fidei donum in Brasile, intendiamo valorizzare l’ormai tradizionale incontro con il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano dell’1 gennaio, Giornata mondiale di preghiera per la pace, proprio perché le Chiese vogliono esprimere insieme un cammino, una preghiera verso la pace uniti nel cammino di Avvento.
In questo messaggio l’Arcivescovo sottolinea i rapporti di stima e di fratellanza con le varie comunità e dice che «di fronte al male che ci divide e ci schiera gli uni contro gli altri, facendoci più soli e incapaci di vedere le ferite e le lacrime nostre e altrui, si elevi la voce degli uomini e delle donne che si uniscono nel chiedere a Dio quanto non sappiamo costruire con i nostri sforzi». Lei crede che il valore della pace possa veramente unire, oltre gli steccati ideologici e religiosi?
Viviamo in una realtà dove, nel tempo, si sono sviluppati percorsi di amicizia e fratellanza, che appunto l’Arcivescovo evidenzia. Infatti nel messaggio ringrazia «per questi legami, convinto della importanza di testimoniare la fraternità che ci lega, perché possiamo essere tutti insieme custodi e portatori del dono della pace che tanto invochiamo». Questo ci fa ben sperare. La nostra certezza, e sicuramente la nostra speranza, vengono dalla convinzione che gli attori non siamo noi, ma è lo Spirito Santo che lavora e che senza lo Spirito non sapremmo e potremo fare niente. La Chiesa e il mondo stanno attraversando momenti così difficili che il compito diventa ancora più urgente: pensiamo agli scenari dei conflitti che stanno coinvolgendo tante parti del pianeta, per cui il Papa parla di una terza guerra mondiale “a pezzi”.
«Continuiamo a pensare e a parlare, a sognare e a impegnarci con il gesto minimo e l’animo nobile di chi ha fiducia in Dio, ha fiducia nella gente e si ostina a credere che il bene vince sul male», scrive monsignor Delpini. La consegna di un messaggio può sembrare veramente un gesto minimo, ma sommando tanti gesti minimi si può costruire una casa comune pacifica?
Questa è esattamente la logica che ci muove, collegando idealmente il messaggio a quello della Quaresima (leggi qui) e alla preghiera comune del 7 settembre (leggi qui). Il mondo, come insegna il Dio dei cristiani, si cambia nei gesti minimi. Il fatto che Dio si sia fatto uno di noi non a Roma, la grande capitale dell’impero, ma in una città remota come Betlemme, dice già tutto.