Oltre 2500 famiglie sostenute, 5 milioni di euro distribuiti a chi ha perso il lavoro a causa del Covid, metà delle donazioni giunte da singoli cittadini. A un anno dall’inizio del Fondo San Giuseppe, è chiaro che i dati offrono l’immagine di un successo, andato forse anche al di là delle aspettative, in questi mesi così difficili per tutti. Ma oltre i “numeri” – presentati in una conferenza stampa in Curia a cui hanno partecipato anche l’Arcivescovo e il sindaco di Milano, Beppe Sala -, la notizia più bella è che la pandemia ha fermato tante cose, ma non la generosità.
Ne è convinto monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente del Fondo che sottolinea: «Quando si creano alleanze tra istituzioni credibili come la Diocesi, il Comune e la Fondazione Cariplo, la gente aiuta, anche in modo anonimo, fidandosi. Questo è, secondo me, un elemento particolarmente significativo. Le persone hanno bisogno di istituzioni che lavorino per ridistribuire il reddito, ma anche di potersi fidare delle realtà a cui si rivolgono».
Lei ha sottolineato che il Fondo crea un reticolo di solidarietà, ricostruendo legami. Cosa significa?
Naturalmente servono le istituzioni centrali, ma tutto funziona se la loro attività viene tradotta nel quotidiano: il reticolo sono i 100 Centri di ascolto Caritas sul territorio, che cercano di mettersi a fianco delle persone, di ascoltarle, di rispondere ai loro bisogni economici e, laddove è possibile, di aiutarli a cercare un’occupazione con il Fondo Diamo Lavoro.
Quindi l’obiettivo è aiutare nel momento del bisogno, ma cercare anche di reinserire…
Senza dubbio. Il sostentamento economico è utile per la sopravvivenza, ma poi è necessario aiutare le persone in difficoltà a costruire un futuro, nella logica di ciò che dice papa Francesco nella sua Lettera apostolica Patris corde: il lavoro non serve solo per guadagnare, ma per dare dignità, per capire che nella vita c’è un valore aggiunto.
In questa logica ci sono altri strumenti di sostegno messi in campo accanto al Fondo San Giuseppe…
Insieme al Fondo Diamo Lavoro – evoluzione del Fondo Famiglia Lavoro – va ricordato anche il Fondo Diocesano di Assistenza, perché abbiamo pensato a chi non poteva essere sostenuto, appunto, dal “Diamo Lavoro” non godendo dello status di ex-lavoratore in regola. L’idea è che si aiutino queste categorie (pensiamo ai pagati in “nero”) come persone nullatenenti, utilizzando il Fondo di Assistenza che ha erogato circa 1 milione e mezzo di euro.
Qual è il dato che l’ha colpita maggiormente?
Sicuramente la percentuale – agli inizi, nel marzo 2020 -, che vedeva una divisione in parti eguali (50% e 50%) tra non italiani e italiani, con l’emersione immediata delle collaboratrici familiari e di coloro che si occupano di servizio alla persona. Vi è, inoltre, la questione dei comparti della ristorazione e alberghiero. Come ha sottolineato il sindaco Sala, siamo tornati, per quanto attiene a tali ambiti, a prima di Expo, anche perché la distribuzione geografica degli aiuti ha evidenziato che il sostegno, per il 40%, è andato a persone residenti nella città di Milano.
Perché?
La città ha ricevuto più di quello che ha dato in termini pecuniari. Il motivo è quello che ha spiegato Confcommercio. È infatti venuto meno, in grandissima parte, il fenomeno del pendolarismo, per cui paradossalmente alcuni esercizi commerciali dell’hinterland o di altre zone come Varese o Lecco, ne hanno guadagnato in quanto la gente, non venendo in città a lavorare, consuma dove risiede.
L’Arcivescovo ha intitolato il Fondo a San Giuseppe e il Papa ha chiesto di dedicare l’intero anno alla riflessione sul cuore paterno di Giuseppe. Come coniugare questi due segni profetici?
Come scrive papa Francesco, Giuseppe non ha aspettato che il Padre eterno risolvesse i problemi, ma si è dato da fare. Lo ha ben spiegato l’Arcivescovo, durante la conferenza stampa: la Chiesa si è attivata, anche nel contesto del Fondo, nella convinzione che l’aiuto viene da Dio, ma che noi non possiamo evitare di dare il nostro contributo.