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Milano

L’Arcivescovo agli universitari: «La Chiesa, laboratorio di fraternità»

«Chiamati a sostenere il mondo» è il tema del confronto svoltosi alla Bicocca tra monsignor Delpini, la rettrice Giovanna Iannantuoni, il vicedirettore del «Corriere» Venanzio Postiglione e gli studenti

di Annamaria BRACCINI

5 Ottobre 2022
Da sinistra, la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini e il vicedirettore del «Corriere della Sera» Venanzio Postiglione

Responsabilità, futuro, Milano e le sue periferie, l’impegno della Chiesa per l’ambiente, il lavoro e il domani dei giovani. Il dialogo che si svolge nell’Aula magna dell’Università Milano-Bicocca tra l’Arcivescovo, la rettrice Giovanna Iannantuoni, il vicedirettore del Corriere della Sera Venanzio Postiglione e gli studenti dà veramente il senso di che cosa significhi, oggi, interrogarsi su questioni che riguardano tutti, per costruire una società più giusta, equa, inclusiva. Perché tutti siamo «Chiamati a sostenere il mondo», come si intitola la mattinata di confronto.

Società potente e sapiente, complessa e disperata

«Quale società stiamo consegnando ai giovani?», è la prima domanda di Postiglione. «La società in cui viviamo, anzitutto, mi pare potente, perché può fare molto e ha mezzi inediti nella storia dell’umanità – osserva l’Arcivescovo -. Un aspetto che, forse, è meno evidente è che è anche una società sapiente, con un accumulo di conoscenze e competenze, di letteratura che è zittito un poco dallo strapotere della tecnologia. Terzo, è una società complessa, a cui aggiungerei un ultimo aggettivo: è una società disperata perché, pur avendo molte potenzialità, non sa dove va». Chiara e diretta anche la risposta della Rettrice: «Il potere senza la sapienza è vuoto e disperante. Dobbiamo insegnare questo ai giovani».

L’Arcivescovo e la Rettrice

Ma quali modelli e valori possono trasmettere le Università e la Chiesa? «Il tema – sottolinea l’Arcivescovo – è quello di un umanesimo europeo, di cui siamo insieme fieri e critici, che può essere arricchito e rigenerato anche dal confronto con altre culture e che contiene tre capitoli. Il primo è il concetto di persona, del suo valore: l’idea che l’uomo e la donna sono persone con diritti e doveri da rispettare è un tratto irrinunciabile e promettente».

Poi, la vocazione: «Non si viene al mondo per un caso e la vita ha un senso perché è una chiamata». Inoltre, la responsabilità per il mondo, per il pianeta, per gli altri: «Il fatto di essere eredi di un patrimonio ideale e materiale implica vivere non solo per se stessi, ma anche mettere a frutto i talenti per il bene comune. Questo mi pare il modello di un umanesimo europeo proponibile. Forse il tempo che viviamo tende a sottovalutare tale aspetto, perché il diffondersi di quello che si può chiamare l’individualismo ha portato a una rivoluzione nel concetto di individuo, privilegiando più la realizzazione che la responsabilità, senza perciò riconoscere una distinzione definita tra bene e male, perché è il singolo che decide per sé ciò che è buono e ciò che non lo è». Una deriva – questa -«che può spingere la civiltà europea a desiderare il suicidio, portando le cose all’estremo».

Per Iannantuoni «scoprire talenti e valorizzare la persona è la più grande missione che l’Università può avere», come dimostra la Bicocca, che può contare oltre un 90% di placement positivo dei propri studenti entro breve tempo dal conseguimento della laurea con parità tra donne e uomini nell’accesso al lavoro. E tuttavia c’è qualcosa di più: «Un campus universitario ha la possibilità di costruire un pensiero critico. Il passato è scritto, con le sue tragedie, ma ora, tra Covid, crisi energetica e guerra, la parola d’ordine è post-globalizzare. La chiave di tutto è la conoscenza: potrebbe essere un nuovo rinascimento, mettendo la persona al centro e, appunto, contribuendo alla giustizia e al benessere della società perché crediamo che lo possiamo fare».

L’Aula Magna dell’Università di Milano-Bicocca che ha ospitato l’evento

Lo spirito critico

Proprio sullo spirito critico si sofferma monsignor Delpini: «L’Università può essere interpretata in modi molto diversi, ma c’è sempre il rischio che diventi un’agenzia di servizio che prepari persone funzionali al sistema, e questa è una riduzione della sua funzione formativa. Ritengo che l’Università sia nata per il confronto e per intuire una strada che porta oltre». Come a dire, non solo formazione in vista del lavoro, seppure importante, ma il ruolo dell’Università «è insegnare la storia delle varie discipline, coniugando le conoscenze tecniche con l’etica che è la capacità di farsi domande concrete sul bene, sul male, sull’utilizzo delle conoscenze stesse». Cruciale in questo contesto, secondo la Rettrice, la «contaminazione dei saperi, la loro pluralità, il creare relazioni».

Poi, gli interrogativi che arrivano dagli studenti, rivolti anzitutto all’Arcivescovo.

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La sostenibilità ambientale

«Cosa fa la Chiesa per l’ambiente?», chiede una studentessa. «La Chiesa italiana ha messo a tema in modo specifico tale tematica, basti pensare alla Settimana sociale dei Cattolici italiani – svoltasi a Taranto circa un anno fa con il titolo “Il pianeta che speriamo” – e le proposte concrete che ne sono emerse. Non c’è solo l’attenzione di papa Francesco, ma vi è anche una sensibilità diffusa nella Chiesa. Il “proprio” della Chiesa è la centralità della persona, anche in questo caso», nota monsignor Delpini, a cui fa eco Iannantuoni citando il “Musa” della Bicocca: un progetto finanziato dal Pnrr, che vede la collaborazione di 24 soggetti pubblici e privati e che punta a trasformare l’area metropolitana del capoluogo lombardo in un ecosistema di innovazione per la sostenibilità e la rigenerazione urbana.

Bicocca 2022
I giovani che hanno partecipato al dibattito

Le periferie di Milano

Alla domanda sul disagio delle periferie rispondono tutti i relatori. L’Arcivescovo: «Mi sono fatto l’idea che il concetto di periferia sia improprio, perché la città è un insieme di quartieri. La Chiesa c’è dove si vive un disagio con una presenza capillare e l’investimento educativo, per esempio con gli oratori». La Rettrice: «L’Università può fare il suo lavoro con la ricerca su questi temi, sulle povertà, sulla nascita delle diseguaglianze e offrendo la disponibilità a dare una mano». Postiglione: «Occorre rimarginare le ferite con interventi concreti e diretti, creando la città policentrica. Pensiamo alla ricchezza di avere a Milano 200 mila studenti universitari e sedi degli Atenei in zone molto diverse. O Milano è città delle opportunità, come è sempre stata, o non è più nulla. Se la città è troppo cara, non sale più: o sale tutta assieme o si è perduta».

Altro interrogativo: «Ora che stiamo vivendo una “rivoluzione sociale”, come intende adattarsi la Chiesa alla società dei giovani?». «Si potrebbe dire della Chiesa che è sempre stata un po’ straniera, un poco indietro è un po’ avanti, rispetto alla società che evolve. Indietro perché deve custodire un certo universo di valori che il progresso mette in discussione e, in questo, è un po’ lenta, ma è avanti per il suo essere profezia. Il rapporto con il mondo è, quindi, complesso. La Chiesa è il laboratorio più promettente di fraternità».

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Il contesto economico

Un rappresentante dei Dottorandi affronta la questione di ciò che la Chiesa propone nel contesto economico e dell’utilizzo strumentale dei simboli religiosi in politica. «La Dottrina sociale della Chiesa non ha un modello economico, è un principio critico rispetto a tutti i modelli – risponde l’Arcivescovo -. La Chiesa ha sempre messo in guardia dall’avidità e da un atteggiamento predatorio dei beni disponibili, come indica esplicitamente il Papa. L’uso dei simboli religiosi come forma di propaganda politica, è improprio perché il simbolo religioso appartiene a tutti e non a una parte o a un partito. È un’appropriazione indebita».

Guerra e pace

«L’Italia deve essere Europa, anche se l’Europa stenta ad avere una voce corale. La Chiesa ribadisce il diritto alla difesa contro l’aggressore e i cristiani hanno sempre preferito il martirio all’omicidio. Questa è la linea della radicalità evangelica che deve trovare, tuttavia, una declinazione nella vita ordinaria, con la riflessione sui temi della non violenza o della resistenza attiva».

Infine, la partecipazione: «È una domanda che la comunità cristiana si pone da diversi anni: Io ho fiducia profonda nella cellula viva che costruisce l’aggregazione attraverso proposte convincenti e per cui si è disposti a fare fatica».

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