«Una visita storica e molto attesa, avvenuta durante l’Incontro mondiale delle famiglie con una Milano che era un poco capitale, in quel momento, della Chiesa». Monsignor Davide Milani, allora responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, portavoce dell’arcivescovo, il cardinale Scola, e attualmente prevosto e decano di Lecco, dice così parlando dei tre giorni nei quali Benedetto XVI fu tra noi.
Molti ancora definiscono quel momento «magico»…
Furono giorni di gioia anche se poche ore prima dell’arrivo – mi ricordo che stavo conducendo la conferenza stampa per presentare il programma definitivo della visita – giunse la notizia che era stato arrestato l’aiutante di camera di Benedetto. Fu un passaggio drammatico: ci chiedevamo “verrà o non verrà?”. Venne e tutti ricordiamo che quando arrivò a Milano era veramente provato, ma anche che, quando ripartì, era come rigenerato dalla preghiera, dalle celebrazioni, dai suoi interventi e dal saluto alla gente portato con quella sua eleganza che qualcuno scambiava per distacco.
Un suo ricordo personale?
Mi colpì la mansuetudine di un uomo che accettò un programma complesso, come quello che avevamo elaborato, così com’era, senza richieste particolari, nonostante non fosse giovanissimo. Credo che tale mansuetudine non fosse casuale: derivava dal lasciarsi condurre da Cristo, così come ha dichiarato – dicono le indiscrezioni -, nelle ultime ore della sua vita. I milanesi accorsero: un milione di persone a Bresso per la Messa conclusiva, piazza Duomo gremita, lo stadio di San Siro pieno di ragazzi, la Scala in festa. Rimanemmo conquistati dalla sua persona umile ma ferma, un po’ come sono gli ambrosiani. Conquistati da questo Papa che, con precisione, mostrava la bellezza di Dio con una fede capace di integrare anche la ragione e a Milano questo è molto importante.
La visita fu un successo anche dal punto di vista organizzativo?
Sì, ma più che un successo fu un’esperienza, una straordinaria occasione per vivere la bellezza della fede e per vedere la Chiesa guidata dal proprio Pastore. Un Papa che sapeva parlare alle persone semplici e quelle di cultura – ricordiamo l’incontro alla Scala – ai bambini e ai ragazzi di San Siro, agli imprenditori in Curia, ai sacerdoti e ai consacrati in Duomo e al popolo delle famiglie provenienti da tutto il mondo. Il lascito più bello è la consapevolezza di avere ancora un tesoro da scoprire. Non abbiamo più la presenza fisica di Benedetto, ma ci rimane il suo magistero profetico.