Sul fronte della pandemia, «le notizie che giungono dai Paesi vicini sono tutt’altro che confortanti». Lo ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nella sua introduzione all’Assemblea generale straordinaria dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 25 novembre. «Di fronte all’aumento dei contagi, che registriamo anche in Italia, serve un surplus di responsabilità da parte di tutti – l’appello della Chiesa italiana -. Proprio adesso è necessario fare quello sforzo ulteriore che ci aiuterà a superare il secondo inverno difficile nel nostro Paese e in tutto il mondo».
Divisi e indeboliti
«La divisione in fronti contrapposti indebolisce sia la tenuta della società sia il cordone sanitario che ci ha permesso di salvaguardare i più fragili e di contenere significativamente il numero delle vittime – l’analisi di Bassetti -. Guardiamo ai più piccoli che non possono godere della socialità a scuola o della libertà nel gioco comunitario; pensiamo agli anziani, spesso costretti a un maggiore isolamento e alla piaga della solitudine; siamo vicini a chi provvede con fatica al sostentamento della propria famiglia. Sono le stesse preoccupazioni espresse più volte dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, cui va la nostra gratitudine per il servizio reso al Paese in questi sette anni».
Soprusi e abusi
«Purtroppo continuiamo ad assistere a soprusi e abusi nei confronti della persona umana», il grido d’allarme su un altro fronte caldo, riferito a «fatti di cronaca che mostrano scenari drammatici che non è possibile ignorare». «In comunione con il Papa, abbiamo richiamato nelle scorse settimane la situazione della Libia – l’appello del presidente della Cei -. Penso ora a quanto sta avvenendo nei confronti dei migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, e a quelli che dalle coste del Maghreb si avventurano nel Mediterraneo. Sono vicende che non appartengono alla cultura europea generata dal Vangelo».
«Tra i più fragili – ha sottolineato il Cardinale – penso alle persone che sono state vittime di abusi fisici e psicologici, anche nei nostri ambienti. Sono persone segnate da ferite che richiedono molto tempo e fatica per guarire. La Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, istituita dal Consiglio episcopale permanente, che abbiamo celebrato pochi giorni fa, è un ulteriore segno concreto dell’attenzione e della vicinanza della nostra Chiesa: noi siamo accanto ai più deboli!».
Giovani in fuga
Non è mancato un riferimento alla Settimana sociale di Taranto, che si è conclusa un mese fa e alla quale hanno partecipato molti giovani, dimostrando con la loro presenza che la situazione tragica in cui versa il nostro pianeta «non è irreversibile», a patto però che si inverta la rotta. «Ogni anno in Italia in migliaia fanno le valigie per cercare fortuna altrove – il grido d’allarme di Bassetti -. Molti stentano a trovare lavoro qui oppure sono demotivati a tal punto da rinunciare a cercare un’occupazione o a studiare per raggiungerla. Non possiamo assistere a una situazione sociale e ambientale che rischia di tarpare le ali ai nostri ragazzi e di impoverire molti territori, destinati a spegnersi senza un ricambio generazionale! – l’appello della Chiesa italiana -. L’auspicio è che i temi affrontati a Taranto siano oggetto di approfondimento e diventino occasione per fare scelte concrete anche a livello ecclesiale; possano essere, allo stesso tempo, una speranza per alcuni territori dell’Italia, particolarmente provati».
Collegialità e creatività
«La chiamata del Signore a predicare il Vangelo e la comunione stabile tra di noi, cum Petro et sub Petro: questa è la nostra vita ordinaria, il nostro respiro di sempre». La parte centrale dell’introduzione di Bassetti è dedicata al Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia e al Sinodo universale, «occasione per una nuova e più profonda consapevolezza del nostro essere pastori – ha fatto notare il Cardinale -. Papa Francesco ci spinge nella direzione di una maggiore attenzione alla nostra gente. E non è proprio questa l’ecclesiologia del Vaticano II, quella secondo cui la Chiesa è “popolo di Dio”? In questi decenni abbiamo vissuto con grande impegno, peraltro non senza fatiche, la dimensione della collegialità episcopale – l’analisi del porporato -. Il Cammino sinodale ci chiede di fare un passo ulteriore: di far maturare la collegialità che viviamo tra di noi verso la sinodalità di tutti i soggetti ecclesiali. Abbiamo l’opportunità di coinvolgere tutti i credenti, anche quelli più tiepidi, facendoli sentire non accessori o meri destinatari, ma essenziali della vita della Chiesa».
In questa prospettiva, secondo il presidente della Cei, il Cammino sinodale è «una grande occasione di crescita non solo per noi pastori, ma per la Chiesa nel suo complesso. Si tratta di modificare la direzione del pensiero: non c’è più chi parla soltanto e chi ascolta soltanto; tutti siamo in ascolto gli uni degli altri, e soprattutto in ascolto dello Spirito. Tutti siamo in cammino di crescita». Il Sinodo, dunque, come «opportunità da non perdere per porre le basi di un ascolto dello Spirito e di tutte le voci della Chiesa. Nessuno è esclusivamente docente e nessuno è esclusivamente discente: ci si ascolta, si impara e si cresce insieme». Infine, una proposta concreta: aprire il Cammino sinodale anche a «persone che, pur non essendo pienamente integrate nella vita della Chiesa, avrebbero qualcosa di importante da dire».