È il tema dell’incontro il filo conduttore della mostra fotografica con cui il Banco Alimentare conclude i festeggiamenti per i suoi 30 anni di attività. Le fotografie esposte fino al 29 settembre a Milano in piazza Duomo (lato Rinascente), raccolte sotto il titolo «Compagni di Banco» racconteranno uno spaccato di questa impresa di solidarietà, nata da un’idea dell’imprenditore Danilo Fossati, che trovò poi l’incoraggiamento di don Luigi Giussani per raccogliere le eccedenze alimentari e distribuirle ai più bisognosi.
«Guardandoci indietro ci siamo resi conto che quanto è cresciuto in questi anni non è stato il frutto di una strategia studiata a tavolino ma di una serie di incontri, a volte inaspettati o quasi casuali, ma forse potremmo dire provvidenziali», riflette Giovanni Bruno, presidente della Fondazione nazionale del Banco Alimentare. Incontri che hanno messo in moto una catena fatta di solidarietà, ma anche di solida organizzazione logistica, che consente ora di distribuire cibo in tutte le regioni italiane a oltre 7000 strutture caritative, che raggiungono con il loro aiuto un milione e mezzo di persone.
Chi vorrà fermarsi a visitare la mostra – l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, lo farà venerdì 27 settembre alle 15.30 – potrà conoscere qualcosa in più delle attività del Banco Alimentare, grazie alle spiegazione di volontari presenti ogni giorno dalle 9.30 alle 20. Si potranno soprattutto “incontrare” i volti delle tante persone che attraverso gli alimenti ricevuti sono state aiutate dal Banco, volti che si raccontano nei ritratti in bianco e nero scattati in tutta Italia dal fotografo Enrico Genovesi, e nelle registrazioni sonore delle loro storie che si potranno ascoltare accanto alle fotografie.
Un anziano in fila alla mensa, una donna che ha appena ricevuto un pacco di generi alimentari, gli occhi di una persona di colore che guardano lontano. «Sono immagini – ricorda il presidente Bruno -, che raccontano una povertà che non è più soltanto quella del barbone sdraiato sulla panchina, quella di chi è vestito di stracci, ma soprattutto quella della famiglia che non immagineremmo mai povera, che cerca di conservare una propria dignità e che non fa vedere di aver bisogno». Un contrasto tra le istantanee a colori riprese durante l’attività dei volontari e le immagini in bianco e nero – semplici, ma incisive – dei beneficiari che in fondo sottolinea i contrasti della vita di tutti i giorni. E se nelle foto a colori risaltano il lavoro dei volontari e tutta la macchina organizzativa, è però nei volti delle persone il messaggio che – sottolinea ancora Bruno – «ci chiama alla sensibilità e alla responsabilità, ricordandoci chi sono i destinatari della nostra azione. Altrimenti, saremmo solo un’impresa di logistica».
Ancora Bruno sottolinea la consapevolezza di un impegno che non si esaurisce nello sforzo organizzativo, ma che si riconosce in un’origine più alta. «È il motivo per cui abbiamo chiesto a monsignor Franco Agnesi (Vicario generale della diocesi) non solo di portarci un saluto all’inaugurazione della mostra, sabato 21, ma anche di dare la sua benedizione: un gesto semplice, che non vuole solo essere benaugurante o superstizioso, ma che esprime il riconoscimento di una paternità che è al di sopra di questa storia. Per questo con la mostra non vogliamo solo guardarci indietro per ricordare il passato, ma prenderci l’impegno per i prossimi trent’anni».