Gratitudine, fratellanza, amicizia. Queste le parole pronunciate più spesso nell’incontro svoltosi sabato 21 ottobre, nella Cappella arcivescovile, tra Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, e l’Arcivescovo.
Accompagnato da una delegazione della Chiesa apostolica armena e dall’archimadrita Tovma Khachatyann – che da 5 anni, oltre a guidare la realtà armena a Milano, ricopre anche la carica di Vicario generale della Chiesa armena per l’Italia -, il Catholicos si è subito soffermato sulla presenza del suo popolo nella nostra città. «Anche in questo viaggio abbiamo visto riconfermate la gratitudine, la profonda cordialità e la fratellanza mostrata alla Chiesa e alla Comunità armena da parte della Chiesa cattolica. È una buona testimonianza», ha detto, aggiungendo poi: «Ringraziamo Dio perché, tra le nostre due Chiese, non ci sono solo relazioni ad alto livello, ma anche a livello personale e individuale».
«Vogliamo riconfermare il nostro spirito di collaborazione», ha ancora sottolineato Sua Santità, ricordando i suoi incontri con i Pontefici: nel 2001 con san Giovanni Paolo II, successivamente in privato con Benedetto XVI e in questi giorni con papa Francesco, che nel 2016 aveva compiuto un viaggio apostolico in Armenia. «Sono stati tutti gesti fraterni. Con San Giovanni Paolo II, in una dichiarazione comune, abbiamo riflettuto sul genocidio e lo abbiamo condannato». Il riferimento è alla ferita sempre aperta del genocidio armeno (finora riconosciuto come tale da 26 Nazioni, tra cui l’Italia), iniziato nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 e nel quale, ad opera dell’Impero ottomano, si calcola che siano state sterminate un milione di persone. Chiamato in armeno Medz yeghern (Il grande crimine), questo olocausto è stato definito da papa Francesco «il primo genocidio del XX secolo». «L’Italia e la Chiesa hanno riconosciuto che fu genocidio. Ci rechiamo da Francesco come fratelli spirituali. Per noi sono molto importanti le relazioni tra le Chiese basate sull’amore, soprattutto, considerando le sfide comuni per la pace e il benessere del mondo».
Espressioni a cui ha fatto eco l’Arcivescovo. «La partecipazione emotiva al vostro genocidio ci muove a compassione e solidarietà. La presenza del vostro popolo a Milano risale a molti anni fa e ha arricchito la città, anche se tanti armeni sono arrivati in Occidente in un momento tragico», come quello, appunto, dello sterminio.« La Chiesa di Milano sente il senso di un benvenuto che sia anche di consolazione per la tribolazioni della storia», ha sottolineato monsignor Delpini che, da Arcivescovo, nell’aprile scorso ha assistito a una Divina liturgia nella chiesa armena di via Jommelli, in memoria proprio dei martiri del Medz yeghern. «Un altro motivo per cui molti fedeli hanno simpatia per l’Armenia è il suo essere divenuta meta di pellegrinaggi, per la bellezza del paesaggio e la bontà degli abitanti», ha concluso Delpini.
Un incontro, «di amicizia, ricordando i 60 anni di presenza armena a Milano» conclusosi, infine, con il dono di una preziosa croce all’Arcivescovo, «augurandoci che lei continui nel suo amore paterno per i figli e i figli dei nostri figli» e con l’omaggio, da parte della Chiesa ambrosiana a Karekin II, delle riproduzioni dell’antica croce di Ariberto e di un Sacramentario risalente al secolo VIII, «che San Paolo VI fece riprodurre perché la memoria dell’antica tradizione liturgica della Chiesa latina permanesse».