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Percorsi ecclesiali

La Diocesi nel Cammino sinodale

Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Intervista

Antonelli: «Sinodo, è la conversione a fare la differenza»

Il rettore del Pontificio Seminario Lombardo, già vicario episcopale ambrosiano, facilitatore all’assemblea vaticana, sottolinea il clima migliore rispetto alla Sessione precedente: «È bello camminare insieme nella conversazione e nell’ascolto». Sul riconoscimento della presenza delle donne nella Chiesa, registrata «più di una timidezza»

di Annamaria BRACCINI

4 Novembre 2024
Foto Vatican Media / Sir

«Come l’anno scorso ho cercato di servire il processo sinodale come esperto facilitatore insieme ad altri 40 facilitatori che accompagnavano i lavori ai tavoli. Si è notato da più parti un’atmosfera migliorata rispetto alla prima Sessione. Quest’anno ci si è ritrovati in modo ancora più fraterno e più cordiale. Già ci conoscevamo, dentro una trama di buona stima vicendevole e di affetti fraterni, per cui il clima è stato davvero buono, disteso. Anche qualche tensione, che si era palesata l’anno scorso, è stata molto più ridotta nella Sessione appena conclusa. Infatti, negli interventi non ci sono stati momenti di alta densità polemica». A raccontare come abbia vissuto le ultime tre settimane partecipando al Sinodo, è don Mario Antonelli, rettore del Pontificio Seminario Lombardo, sacerdote ambrosiano e già vicario episcopale in Diocesi. Se l’anno scorso aveva definito l’assise ««“un corpo a corpo”, non così usuale negli ambienti ecclesiali, ritrovandosi gomito a gomito ai tavoli, ma anche in modo informale, condividendo pezzi di storia delle proprie Chiese», quest’anno il giudizio è ancor più convinto sulla «bellezza del camminare insieme nella conversione e nella conversazione».

Un Padre sinodale ha parlato del passaggio da un «sinodo di carta» a un «sinodo di carne», sottolineando il coinvolgimento dei Padri e delle Madri sinodali in cammini di incontro spirituale e umano. Secondo lei il metodo dell’ascolto e del procedere insieme si è ancora più concretizzato?
Un conto è scrivere delle cose, un conto, invece, è fare la differenza ascoltando un fratello o una sorella, parlando, offrendo la parola all’altro e al tempo stesso ascoltandosi vicendevolmente, convinti che lo Spirito di Dio è su ciascuno e ispira il cuore e la parola di ognuno di noi. Devo dire che davvero, anche leggendo il Documento finale, si può notare come tutti i capitoli riportino o nel sottotitolo, la parola «conversione» che – come ben noto in America Latina, ma ormai anche da noi – è una prassi sinodale: non c’è conversione senza conversazione. La conversione che matura dentro il processo sinodale e che viene raccomandata, consegnata come grazia, come impegno per tutte le Diocesi del mondo, è la conversione a una umanità veramente pasquale, che si dà sempre nella conversazione.

Don Mario Antonelli (@agenziafotogramma)

Ci sono stati aspetti che hanno testimoniato timidezza nell’essere affrontati oppure in cui si sono dimostrate differenze per ora insanabili?  
Qualche tema è stato particolarmente propizio per l’emergere delle differenze, che per sé sono un dono, soprattutto quando sono differenze radicate in tradizioni di Vangelo, di santità: tradizioni di Chiese del Signore e tradizioni di docilità allo Spirito. Al tempo stesso, direi che sono emerse delle differenze di sensibilità, purtroppo legate invece a ciò che papa Francesco nel suo discorso finale ha chiamato «rigidità». La rigidità, per esempio, riguardo al grande tema della differenza uomo-donna, con più di una timidezza registrata in rapporto all’opportunità del riconoscimento della presenza delle donne della Chiesa e di una valorizzazione della loro competenza, della loro passione dentro la relazione appunto con tutti e con tutte. Rimango dell’idea che, purtroppo, per secoli, abbiamo quasi sospeso il dato fondamentale della relazione maschio-femmina nella Chiesa in particolare negli ambienti con funzione di governo e di decisione. Mentre sentire finalmente, in modo consistente, la voce delle donne cambia la musica. Certamente qualche timidezza – se vogliamo usare questo termine -, c’è stata anche in rapporto ai ministeri in genere, per qualche limite rispetto ai cammini formativi nella conversione verso una Chiesa sempre più missionaria e per questo sinodale.