Santuario Beato Don Carlo Gnocchi gremito in occasione del 68esimo anniversario della morte del beato, con responsabili, operatori e ospiti della Fondazione, amici e devoti che hanno partecipato alla tradizionale celebrazione in ricordo dell’indimenticato «papà dei mutilatini». Sull’altare, i vessilli sezionali dell’Associazione Nazionale Alpini di Milano, Bergamo e Lecco, oltre a una ventina di gagliardetti di gruppi Ana e di altre associazioni.
La liturgia – animata dal Coro “Aquiloni”, diretto dalla musicoterapeuta Isabella Basile e composto da familiari di pazienti accolti nel reparto per persone in stato vegetativo o di minima coscienza dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano e da volontari – è stata presieduta da monsignor Giuseppe Vegezzi, vicario episcopale della Zona 1 di Milano, e concelebrata da don Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione Don Gnocchi, don Maurizio Rivolta, rettore del santuario del beato don Gnocchi, don Mauro Santoro, assistente spirituale del Centro “Vismara-Don Gnocchi” di Milano, e da altri sacerdoti.
«Don Carlo ha saputo fare cose grandi»
Nell’omelia, monsignor Vegezzi ha ricordato l’attualità del messaggio del beato don Carlo: «Don Gnocchi ha vissuto la propria vita a partire dalla parola di Dio, che ha testimoniato con le azioni, con il suo modo di agire e di fare. Don Carlo ha saputo fare cose grandi. Il Vangelo di Matteo di quest’oggi è incentrato sul Discorso della Montagna di Gesù, sul “Ma io vi dico…” rivolto ai suoi discepoli e alla folla, sull’andare oltre i precetti dell’Antico Testamento, sul pregare per i nemici e tanto altro. Il “Ma io vi dico” del Vangelo ci indica il salto di qualità, per rendere colorata e piena di senso l’esistenza di quanti lo seguono, per puntare più in alto, alla perfezione. Ecco, don Gnocchi ha vissuto tutto questo in modo pieno e totale. Non si è accontentato del minimo, si è dato da fare perché l’amore del Signore Gesù che sentiva proprio doveva essere vissuto e condiviso con tutte le persone che incontrava, specie con i più deboli. Mi piace allora leggere questa pagina di Vangelo come vissuta da don Carlo in maniera concreta, dando tutto se stesso, come ha fatto nella sua vita e con quelli che ha incontrato, tra cui gli alpini nelle guerre, con i mutilatini e con l’Opera di cui voi medici, terapisti e operatori siete oggi eredi e continuatori».
«Olio d’amore negli ingranaggi della vita»
La testimonianza di don Carlo – ha ricordato monsignor Vegezzi – rappresenta un saldo riferimento anche nel mezzo di questo tempo difficile: «Occorre guardare a ogni uomo come a un fratello. È quello che ci indica il Signore ed è ciò che don Carlo ha concretamente vissuto, con la consapevolezza – come diceva lui – che “il bene fa più bene a chi lo fa, che a chi lo riceve”. Perché il bene realizza in modo più pieno la nostra vita, realizza le nostre doti, le nostre capacità e mette a disposizione i doni che il Signore ci ha dato. Don Carlo ha messo a disposizione degli altri la propria vita, fino al dono finale delle cornee nel momento della morte. Voleva sì fare del bene, ma aveva capito che questo bene ritornava a realizzare la propria esistenza, perché solo così noi possiamo dirci cristiani e lasciare un segno. Don Gnocchi ha lasciato un segno grande nella Chiesa, con la sua Opera, con la sua persona, con il fatto essere riconosciuto beato. Egli insisteva sull’idea di mettere l’olio dell’amore negli ingranaggi della vita dell’uomo, è stato un uomo grande. Preghiamo perché la sua Opera continui a vivere il suo carisma e perché aiuti a far grande ciascuno di noi, nel nostro modo di essere suoi figli».
La Giornata della Penna Pellegrina Alpina
Al termine della Messa si è svolta in Santuario anche la “Giornata della Penna Pellegrina Alpina”, con una tappa nell’ambito dell’iniziativa dell’Ana che sta portando in tutta Italia una grande penna alpina in legno realizzata a mano, partita dai Tre Faggi di Fuipiano, in Valle Imagna (Bergamo) con l’obiettivo di trasmettere i valori alpini. Una delegazione di penne nere ha preso parte alla Messa, portando con sé in omaggio a don Carlo proprio la grande penna alpina, che è stata esposta sull’altare.
Il cammino prevede tra l’altro una tappa il 1° marzo anche al Centro Don Gnocchi “S. Maria al Castello” di Pessano con Bornago (Mi) e si concluderà nel prossimo mese di ottobre al santuario dedicato ai “Santi e Beati Alpini” di Sangineto, provincia di Cosenza, unico al mondo. In questo luogo, gli alpini della Valle Imagna la consegneranno, nel corso di una solenne cerimonia, al rettore alpino don Bruno Midaglia. La penna sarà posta accanto al grande quadro che riproduce l’effige della “Madonna del Don” e resterà a vegliare sulle sante reliquie dei quattro beati alpini don Secondo Pollo, don Carlo Gnocchi, Luigi Bordino e Teresio Olivelli, custodite nel santuario.