Quella di Anna Negri Valvo è una bella storia, che merita di essere conosciuta. E non per la tragica fine, che l’ha vista morire a soli 37 anni per un tumore, comparso durante la terza gravidanza e combattuto fino all’ultimo giorno, nella speranza di guarire e stare accanto alle sue tre figlie. La sua vicenda dice molto di più.
Ci parla di una donna che ha vissuto ogni passaggio della sua esistenza con grande passione, determinazione e coraggio, anche quando si è trovata di fronte a sfide più grandi di lei, sia che si trattasse di lasciare la professione giornalistica che amava tanto per seguire il marito, avviato alla carriera diplomatica, o di scegliere di non abortire e far nascere la sua creatura prima di sottoporsi alle cure più invasive per sconfiggere il linfoma gastrico.
Anna (1968-2005) ha attraversato la vita con un’interiorità ricca e una vivacità esuberante, capace di contagiare i moltissimi amici che ha sempre avuto attorno, compagni di classe e di università, colleghi di lavoro delle redazioni giornalistiche, funzionari delle ambasciate che lavoravano col marito; un intreccio di qualità caratteriali e di valori intimi, che si sono alimentati in una famiglia molto unita e in una comunità parrocchiale dove la giovane ha coltivato quei riferimenti fondamentali che l’hanno sempre guidata, fino alla decisione ferma e consapevole di fronte al male che non le dava tregua.
«Una vita limpida, coerente e coraggiosa espressione di umanità vera», come dice il vescovo Luigi Stucchi, già Ausiliare dell’Arcivescovo di Milano, che la conosceva molto bene. E così Maria Teresa Antognazza prova a raccontarla nel libro La vita dentro. Storia di Anna Negri Valvo (Ipl, 136 pagine, 12 euro). La voce narrante è quella del papà di Anna, Mario Negri, che con la sua famiglia vive a Venegono Inferiore (Va).
Di questa giovane mamma, moglie, giornalista hanno voluto offrire una personale testimonianza tutti quelli che l’hanno conosciuta: in moltissimi hanno voluto ricordare il fiume di entusiasmo e di coraggio che sono stati i fari che hanno illuminato i 37 anni della sua vita, una luce che oggi continua a splendere nelle figlie, Silvia, Irene, Rita. Troppo piccole – Rita aveva solo due mesi quando Anna è morta, le sorelle sei e quattro anni – per ricordare la mamma. Un compito che ora ha deciso di assumersi il nonno, dando alle stampe la storia della sua figlia più giovane.
La vita di Anna Negri ha la sua svolta decisiva quando, sui banchi dell’Istituto di formazione al giornalismo di Milano, incontra il grande amore, Enrico Valvo. Lo sposa il 21 febbraio 1998. La vita con lui, che ha avviato la carriera diplomatica presso la Farnesina, la porta prima a Roma, poi in Turchia, dove nascono Silvia e Irene. Come moglie del console non può più esercitare la professione di giornalista, ma non si arrende, non si chiude in casa rassegnata a una vita incolore, per comparire solo nelle occasioni ufficiali. «Imparerò bene il turco – racconta alle amiche che andavano a trovarla a Smirne – e poi, magari, visto che non posso fare la giornalista, mi metterò a scrivere dei racconti per bambini». Sono nate proprio così le storie di «Lupo Adelmo», favole che dopo la sua morte sono state pubblicate in un bel libro illustrato e hanno dato vita a un concorso letterario a lei intitolato, che ha visto otto edizioni.
Anna ottiene la certificazione in turco, e poi studia bene il francese, lingua della diplomazia, approfondito per saper stare con intelligenza e consapevolezza a fianco del marito nelle occasioni ufficiali, prima a Smirne e poi nella destinazione successiva ad Ankara. Qui Anna si inventa sempre nuove opportunità per arricchire la sua vita e quella delle persone attorno a lei: inizia a insegnare italiano all’Università e promuove iniziative culturali all’interno dell’ambasciata italiana.
Questo si racconta nel libro La vita dentro, guidato dai ricordi dei familiari e di tanti amici. Fino ai tragici giorni della scoperta del male, all’inizio del 2005, che in pochi mesi la porterà alla morte. Sempre combattendo, però, e compiendo la scelta coraggiosa di portare a termine la terza gravidanza, rimandando le cure più invasive a dopo la nascita di Rita. Subito i medici turchi le avevano consigliato l’aborto, ma per Anna sopra ogni cosa contava la vita della creatura che portava in grembo.
Con una straordinaria coincidenza e somiglianza con la vita di una santa lombarda contemporanea, Gianna Beretta Molla. Da giornalista, Anna aveva conosciuto la sua storia e, per il quotidiano Avvenire con cui collaborava, aveva intervistato il marito Pietro Molla. Certamente questa vicenda l’aveva ispirata, ma il sacrificio di Anna Negri ha i tratti dell’eroismo: così riteneva lo storico dei Seminari milanesi, monsignor Antonio Rimoldi, che aveva seguito Anna nella tesi di laurea in Storia contemporanea dedicata al pensiero di monsignor Carlo Colombo. Il giorno dei funerali a Venegono Inferiore, l’11 luglio 2005, in una chiesa traboccante di popolo, Rimoldi parlò di lei come di «una santa vostra vicina di casa». E aggiunse: «È una storia meravigliosa, che merita di essere fatta conoscere ampiamente».