Come afferma la tradizione, Sant’Ambrogio si era procurato una brutta frattura alla spalla destra in seguito a un incidente e il suo volto doveva essere molto simile a quello raffigurato nel ritratto che compare nel mosaico della cappella di San Vittore in Ciel d’oro, all’interno della Basilica fatta costruire dal santo durante il suo episcopato milanese. Gervaso e Protaso, invocati da Ambrogio “tales ambio defensores”, avevano una ragguardevole statura, furono martirizzati in giovane età ed erano certamente fratelli.
Questi sono i primi esiti della ricognizione eseguita sui resti dei corpi dei tre santi maggiori della Chiesa ambrosiana, nell’ambito di una campagna di studi multi-disciplinare coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo, Ordinario di Medicina Legale e direttrice del Centro LabAnOf dell’Università Statale dio Milano.
Dall’esame radiologico e anatomico eseguito risulta, infatti, che i resti di Ambrogio sono quelli di un uomo sano di circa sessant’anni, alto circa 170 cm, con una brutta frattura alla clavicola destra che gli doveva procurare dolori e difficoltà nei movimenti, come lo stesso Ambrogio lamenta nei sui scritti alla sorella Marcellina. Inoltre lo studio della fisionomia del cranio mostra sotto le orbite una marcata asimmetria, dovuta a un evento traumatico sulla cui natura si sta ancora indagando. Tale conformazione conferma, per la prima volta su basi scientifiche, la verosimiglianza attribuita dagli studiosi della storia dell’arte al ritratto del Santo presente nel mosaico della cappella di San Vittore in Ciel d’oro.
L’esame degli scheletri dei due martiri Gervaso e Protaso, invece, ha rilevato difetti congeniti alle vertebre tali da far suppore un forte legame di consanguineità tra i due. Inoltre entrambi risultano giovanissimi (tra i 23 e i 27 anni), alti oltre cm 180. Uno presenta segni di decapitazione e peculiari lesioni alle caviglie, forse da costrizione forzata. L’altro lesioni da difesa e fratture costali, oltre a segni sospetti di tubercolosi (ancora in corso di studio). Dati che proverebbero il martirio e che potrebbero dare anche indicazioni riguardo alla loro origine geografica. Le indagini microbiologiche sulle ossa mostrano il buono stato di conservazione e l’assenza di segni di degradazione attiva.
Promossa dalla Basilica di sant’Ambrogio sotto l’alto patrocinio della Diocesi di Milano, in occasione dei 150 anni dal rinvenimento dei tre scheletri (gennaio 1864) e da 50 anni dall’ultima apertura della teca in occasione della traslazione del corpo di Sant’Ambrogio in Duomo (1974), lo studio è stato condotto dall’Università degli Studi di Milano e dall’Istituto Ortopedico Galeazzi, con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio.
Il gruppo di ricerca – coordinato dalla prof.ssa Cristina Cattaneo, Ordinario di Medicina Legale dell’Università Statale e direttrice del Centro LabAnOf dello stesso Ateneo – ha eseguito la ricognizione e l’esame antropologico dei resti di Ambrogio, Gervaso e Protaso; la valutazione dello stato di conservazione e le indagini radiografiche e Tac degli scheletri, un esame del sarcofago in porfido che ha contenuto i santi fino alla metà dell’Ottocento, ricerche di archivio e storiografiche.
Le prossime tappe
Martedì 30 ottobre l’Arcivescovo di Milano presiederà il Rito canonico di chiusura dell’Urna dei Santi nella Basilica di Sant’Ambrogio.
Venerdì 30 novembre, giorno del Battesimo di Sant’Ambrogio nell’anno 374, si terrà una prima giornata di studi per la presentazione al pubblico dei risultati conseguiti.