Yari, 17 anni, ha trascorso un pomeriggio giocando a ping-pong con un ragazzo autistico, rivelando così la sua propensione a prendersi cura dei più fragili. Con lui anche Irina – 15 anni, giunta in Italia in compagnia della sorella 22enne e sotto la sua responsabilità, come attestato da una dichiarazione scritta della madre che le ha raggiunte in un secondo tempo – si è data da fare nei panni di animatrice, nonostante le difficoltà della lingua. Yari e Irina sono due dei minori ucraini ospiti da qualche mese dell’Oasi Santa Maria degli Angeli di Erba: questi ragazzi hanno cercato di recuperare una normalità quotidiana anche partecipando all’oratorio estivo tenuto nella parrocchia di Santa Maria Maddalena a Crevenna, condotto dal vicario don Ettore Dubini, responsabile decanale Caritas e prezioso collaboratore dell’attività di accoglienza.
Allo scoppio dell’emergenza-Ucraina, la Caritas locale si è attivata promuovendo una raccolta fondi straordinaria e creando una “rete” di accoglienza. Sotto la spinta emotiva, diverse famiglie si sono offerte di ospitare i profughi nelle proprie case. «La disponibilità immediata è stata più forte che in altre circostanze – conferma Erminio Fusi, responsabile zonale della Caritas -. Una sensibilità maggiore dovuta al fatto che gli ucraini sono bianchi, europei e cristiani? Questo per noi è motivo di riflessione: al centro dell’emergenza sta l’uomo in quanto tale o qualcosa che ci fa distinguere tra uomo e uomo? Secondo la fraternità universale auspicata da papa Francesco, la risposta sarebbe scontata…».
Protraendosi l’emergenza, però, nell’arco di qualche settimana l’ospitalità in famiglia ha rivelato tutti i suoi limiti, rendendo così necessario ricorrere ad altre forme di accoglienza. Una risposta è stata l’Oasi, struttura di proprietà dell’Istituto secolare Missionarie della Regalità di Cristo, gestita da un’associazione formata da laici. Con interventi di pulizia, verniciatura e piccola manutenzione si sono ricavati alcuni alloggi per ospitare una decina di profughi: mamme e figli provenienti da diverse zone dell’Ucraina, dove sono rimasti mariti e padri, chi al fronte, chi no. Un paio di nuclei si sono nel frattempo allontanati, ma sono stati sostituiti da altre famiglie arrivate successivamente.
Passeggiate e cene etniche
Nelle ultime settimane l’impegno dell’oratorio estivo ha condizionato le giornate degli ospiti, che normalmente hanno orari più blandi. Nell’elaborazione del “lutto” rappresentato dall’abbandono forzato della propria terra sono utili le uscite in città per piccole spese in autonomia (grazie ad alcuni buoni erogati dalla Caritas), le passeggiate al parco o al lago e qualche diversivo serale: è stata organizzata anche una cena etnica, dove le donne hanno cucinato il borsch, una zuppa simile alla cassoeula lombarda. A fare da “ponte” tra la nostra realtà e i nuovi arrivati contribuiscono alcuni connazionali in Italia già da tempo.
Appena arrivati qui i ragazzi hanno continuato la formazione in Dad con gli insegnanti in Ucraina. Per settembre, però, si sta predisponendo il loro inserimento scolastico. Anche perché – malgrado quasi tutti desiderino tornare a casa -, in assenza di spiragli di pace o di tregua, la loro permanenza nel nostro Paese è destinata a prolungarsi, forse anche oltre il permesso di soggiorno annuale, che scade il 5 marzo 2023.
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