La Parola di Dio che è ancora largamente sconosciuta, talvolta anche negli ambienti che partecipano attivamente alla vita ecclesiale. La Parola che si legge e si proclama, certamente, ma che non rimane più di tanto nella mente della gente, perché spesso viene considerata solo come un momento della celebrazione e, dunque, non se ne approfondisce il significato. E poi c’è il paradosso che dice, molto concretamente, tutto questo: la Bibbia, pur rimanendo attraverso i secoli saldamente al comando della classifica dei libri più venduti a livello mondiale – quasi 4 miliardi di copie solo negli ultimi 50 anni – è uno tra i meno letti.
Forse anche per questo papa Francesco ha istituito, con il Motu proprio «Aperuit illis», la Giornata dedicata alla Parola di Dio, celebrata in rito romano nella III domenica del Tempo ordinario. Nella Chiesa ambrosiana – che ha accolto l’auspicio già formulato dal Santo Padre a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, la Domenica «Per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura» è il 13 ottobre.
Ma, a quasi sessant’anni dalla chiusura del Vaticano II e dalla promulgazione della Costituzione dogmatica conciliare Dei Verbum sulla Divina Rivelazione e la Sacra Scrittura, è ancora necessario indicare tale centralità? A rispondere è don Paolo Alliata, sacerdote nella Comunità pastorale San Paolo VI e professore di religione al Collegio San Carlo, dall’1 novembre prossimo ufficialmente responsabile della Sezione Apostolato biblico della Diocesi.
«Credo proprio che ve ne sia la necessità – spiega -. D’altra parte, mi pare che basti quanto scrive il Papa: “La Bibbia non può essere solo patrimonio di alcuni e tanto meno una raccolta di libri per pochi privilegiati. Essa appartiene, anzitutto, al popolo convocato per ascoltarla e riconoscersi in quella Parola. La Parola di Dio unisce i credenti e li rende un solo popolo”. Insomma, la Parola non può essere monopolizzata, ma è pane da spezzare insieme. Insieme, illuminati nei nostri passi, perché il mondo creda. Tale potenza generativa, insita nella Scrittura, è un tesoro straordinario».
Perché, secondo lei, la Scrittura è poco frequentata?
Credo che in genere sia la lettura a essere poco amata: non c’è da meravigliarsi, quindi, che anche la lettura della Parola di Dio sia poco frequentata. Tuttavia, mi pare importante sottolineare che vi sono una quantità di attività, iniziative e proposte, non solo nel mondo strettamente ecclesiale, per l’approfondimento e la conoscenza della Scrittura, che dicono il desiderio di conoscerla, ascoltarla e la sete di raccontarla.
Nel contesto del compito e degli obiettivi dell’Apostolato biblico, quale è la sua impressione?
Sto scoprendo adesso, appunto iniziando a conoscere questo ambito, tanti itinerari a esso dedicati nell’intera Diocesi. Iniziative che, magari, proseguono da molti anni, cosa che mi conferma nell’idea che esista quella sete di cui parlavo prima. Naturalmente non mancano le criticità, come il limitare alcune proposte sempre alla stessa tipologia di gruppi o l’età media dei partecipanti che tende a crescere. Ma, pur in questa consapevolezza, penso che, per analizzare in profondità il fenomeno, sia necessaria qualche lettura più sfumata.
Per esempio sulla questione del coinvolgimento dei giovani che, talvolta, sentono la Parola come qualcosa di estraneo alla loro vita quotidiana…
Credo che sia così complessivamente, salvo eccezioni, perché ci sono anche tanti giovani molto appassionati alla Scrittura che ho conosciuto personalmente. Tuttavia, anche in questo caso, il trend non può stupirci più di tanto: quanto più uno fatica a leggere Dostoevskij, l’Iliade o l’Odissea, tanto più non possiamo meravigliarci che trovi una resistenza nell’affrontare testi di 20-25 secoli fa, soprattutto in un contesto nel quale percepiamo che il fuoco della fede prende altre forme, altri modi e strade di annuncio.
Mercoledì 9 ottobre, con una riflessione dell’Arcivescovo in diretta video, radio e web, prende avvio l’itinerario dei Gruppi di Ascolto della Parola 2019-2020 in tutta la Diocesi. Inoltre ripartono tante Scuole bibliche in città e paesi, realtà grandi e piccole, realizzate da Decanati, Comunità, parrocchie, Università, Istituti religiosi. Un bel segno…
I Gruppi di Ascolto esistono da oltre vent’anni, quindi evidentemente hanno intercettato – e ancora intercettano – il vissuto di un certo numero di persone: basti pensare che i sussidi venduti per seguire il cammino dei Gruppi annualmente sono oltre 10 mila. La dimensione di incontrarsi nelle case, discutere tra laici, è fondamentale e ricca di speranze e risorse per il futuro. Se vedo qualcosa su cui lavorare? Lo ripeto, i giovani.