«Un’iniziativa interessante e utile» che va nella direzione di una maggiore conoscenza reciproca e che aiuterà a disegnare il profilo, sempre più composito, della Chiesa ambrosiana. È questa la convinzione di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente della Commissione di coordinamento del Sinodo minore “Chiesa dalle Genti”, riguardo al “viaggio” tra le Cappellanie straniere presenti a Milano che partirà, a breve, sugli strumenti di comunicazione della Diocesi. Ogni mese, infatti, verrà presentata una Comunità, attraverso articoli, servizi video e radiofonici.
Vogliamo parlare di quei cristiani che sono Chiesa di Milano a tutti gli effetti, come ha sottolineato il Sinodo minore. Come leggere questa composizione, sempre in via di trasformazione?
Alla fine dei lavori sinodali e in attesa del Decreto che l’Arcivescovo sta per promulgare, l’intenzione è quella di far sì che il Sinodo diventi uno strumento per fertilizzare la terra permettendo di riconoscerci “Chiesa dalle genti”. L’idea è di aiutare tutti noi cristiani ambrosiani a riconoscere questi nuovi innesti, ossia, le comunità straniere che, ormai, abitano, in modo stabile, nel territorio di decine delle nostre parrocchie. Esiste la possibilità – in molti casi si tratta già di una realtà – di uno scambio virtuoso di conoscenza degli usi e costumi peculiari della nostra Chiesa e delle loro tradizioni. Ma ritengo vi sia qualcosa di ancora più importante, perché questi “nuovi” ambrosiani possono aiutare a vedere la bellezza della fede cristiana che ci trasforma tutti, in maniera profonda e spirituale, attraverso il disegno di raccolta dei popoli che Dio ha voluto dalla Creazione. Questo è il senso autentico del Sinodo.
In attesa appunto del Decreto dell’Arcivescovo, inizia ora, il grande percorso della ricaduta sul territorio, specialmente nei Decanati, delle indicazioni emerse dall’assise. Far conoscere le Cappellanie può essere interessante anche in questa logica?
Di sicuro, perché, come vedremo con ogni probabilità anche nella parte normativa del Decreto, le norme stesse non chiedono di stravolgere il nostro modo di vivere la fede, ma domandano di diventare inclusivi, di capire, cioè, come possiamo accogliere, dentro i nostri stili e le nostre preghiere, anche altre forme di vita cristiana. Dobbiamo prendere coscienza che siamo una Chiesa frutto di tante soggettività che si mettono insieme. Proprio per questo occorrerà un lavoro capillare sul territorio che si preannuncia molto interessante e che certo sarà di insegnamento per ciascuno di noi. Questo percorso ha senso perché tutti impariamo da tutti: ognuno ha qualcosa da dare e qualcosa da ricevere.
Secondo lei, qual è l’aspetto o l’ambito più urgente a cui mettere mano per essere veramente Chiesa “dalle” genti, “con” le genti, “per” le genti, considerando le trenta Comunità straniere presenti in Diocesi, seguite da 25 Cappellani?
È il non aver paura della trasformazione che stiamo attraversando, ma di viverla convinti che è lo Spirito che ci guida, e che, quindi, se guardiamo con occhi liberi il fratello, ci accorgeremo che ci sono cose che ci possono stupire e cose diverse che possiamo integrare con la nostra tradizione. Il risultato sarà davvero una nuova identità ambrosiana. Penso alle parole di San Paolo VI, ricordate dall’abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini, nell’introduzione al Discorso alla Città del 6 dicembre scorso. La tesi espressa dall’allora cardinale Montini, in un suo scritto privato pubblicato come appendice all’ultimo Discorso pronunciato in Sant’Ambrogio nel 1962, è che fu il Santo Patrono a creare i milanesi, perché seppe unire tante diversità, usando la fede come collante e permettendo a tutti di avere nuove prospettive. Il Sinodo “Chiesa dalle Genti” vuole indicare proprio questo: bisogna essere ambrosiani non solo guardando a ieri e all’oggi, ma anche al domani, come Ambrogio e con Ambrogio.