Lunedì 21 novembre, dalle 18 alle 20, presso la Sala San Satiro (piazza Sant’Ambrogio 15, Milano), l’Associazione Città dell’uomo terrà la XII Cattedra Giuseppe Lazzati (vedi qui la locandina). Il professor Marco Ivaldo, già ordinario di Filosofia morale nell’Università Federico II di Napoli, svolgerà la Lectio su «Lazzati contemporaneo». L’intervento verterà sul pensiero politico del Professore, oggi Venerabile, che trova sistemazione organica nel volumetto del 1984 La città dell’uomo. Costruire, da cristiani, la città dell’uomo a misura d’uomo. Sarà possibile seguire l’evento in streaming attraverso le pagine Facebook e YouTube dell’Associazione
In quel testo Lazzati definiva il senso e il fine della politica, in un’ottica di modernità democratica, fedele ai principi/valori costituzionali. Un servizio, quello politico, teso a delineare e ad attuare, con gradualità storica, un modello di società che, rispetto ai vari profili chiamati in causa (istituzionale, socio-culturale, economico, ecc), deve favorire la promozione integrale di ogni cittadino, comprensiva di diritti e doveri, in un quadro di socialità orientata al «bene comune».
Cittadini protagonisti
Nella visione lazzatiana, l’edificazione della «città dell’uomo» implica una complessa e articolata opera architettonica, dove tutti i cittadini, seppur con differenti responsabilità, devono sentirsi protagonisti. Fuori da ingenue oleografie, Lazzati sapeva, per diretta esperienza, che la politica è confronto duro, a volte aspro. Ma in regime democratico la conflittualità va governata, alla ricerca di mediazioni in grado di contemperare gli interessi di parte con quelli generali della collettività. Improvvisazione, populismi, trasformismi erano agli antipodi del modo lazzatiano d’intendere e praticare la politica. Per il Professore essa costituiva attività nobile, ancorché difficile; bisognosa, pertanto, di preparazione, studio dei problemi, moderazione, rigore, senza aver paura di dire ai cittadini la verità, anche se scomoda.
Il contributo dei cristiani
Quale il significato del concorrere «da cristiani» a quell’opera plurale (cioè propria di tutti i cittadini) che è la politica? Nel suddetto testo, Lazzati riprendeva, aggiornandole, riflessioni svolte nell’arco di diversi decenni. Dalla responsabilità storica del cristiano (con specifico riguardo alla figura del fedele laico), il ragionamento si allargava al rapporto Chiesa-mondo (scandito dalla loro distinzione, ma con la prima consapevole di essere coinnestata nel secondo), per approdare al diniego di ogni ipotesi integristica, cioè di pretesa identificazione della «città dell’uomo» con una «città cristiana». Il credente – osservava l’autore – opera, con competenza, nella città di tutti, qui da noi sempre più pluralistica e secolarizzata, coltivando il senso della laicità, che implica in primis il riconoscimento dell’autonomia delle istituzioni pubbliche, ma nel medesimo tempo recandovi, con la coerenza del comportamento, fattiva testimonianza della propria fede e dei valori a essa intrinseci.
Tutte questioni che verranno ampiamente riprese e discusse nella prossima Cattedra.