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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Missione

Albania, promuovere l’uomo in nome del Vangelo

Questa l’anima della comunità “Padre Daniel Dajani”, passata dalla fase dell’emergenza a quella della ricostruzione materiale, spirituale e sociale, e dal 2007 affidata ai “fidei donum” ambrosiani

di don Enzo ZAGOFidei donum in Albania

13 Dicembre 2020

13La missione “Padre Daniel Dajani” (martire albanese) è stata fondata a Blinisht (Lezhe, Albania) nel marzo del 1993 da don Antonio Sciarra, sacerdote abruzzese di Avezzano. Un missionario mandato dalla Provvidenza nel posto giusto e nel momento giusto. Ha affrontato con coraggio i tanti problemi sociali degli inizi della democrazia in Albania, si è fatto voce di chi non ce l’aveva più, ha anticipato percorsi di possibili soluzioni dei problemi che attanagliavano la zona, sotto ogni aspetto: economico, sociale, culturale, religioso…

Usiamo il termine “missione”, ma in realtà oggi, più precisamente, dovremmo parlare di una sorta di “Comunità pastorale”: due parrocchie (Blinisht e Gjader), sei villaggi; un parroco, due comunità religiose (Maestre Pie Venerini e Piccole Operaie dei Sacri Cuori), tre assistenti pastorali.

I primi anni della missione sono stati quelli dell’emergenza. Occorreva dare da mangiare e da vestire a questa povera gente: vennero distribuiti viveri e vestiario, dati strumenti di lavoro e prestati servizi di assistenza sanitaria.

Dall’emergenza si è passati alla ricostruzione materiale. Molta gente aveva assistito alla distruzione delle chiese o, addirittura, aveva dovuto partecipare al loro abbattimento e, quando è stato il momento di ricostruire, ha chiesto con insistenza di avere la propria chiesa nel proprio villaggio.

Intanto si andava maturando anche una ricostruzione spirituale. Era la “rivincita” nei confronti di un regime che aveva distrutto tutto. In ogni famiglia c’erano state uccisioni o persone mandate ai lavori forzati, martiri della fede e della libertà. La distruzione del diritto di Dio aveva portato alla distruzione dei diritti degli uomini. Ma sotto quel manto di cenere che il regime aveva creato, c’era ancora viva la brace della fede.

Negli anni 2000 il fermento religioso portò i suoi frutti: battesimi di giovani e di adulti, ordinazioni sacerdotali e professioni religiose, insieme alla consacrazione delle chiese ricostruite. Le chiese strapiene di allora, oggi, sono desolatamente quasi vuote: per la secolarizzazione imperante e per la fuga di milioni di albanesi.

Negli anni si è andata sempre di più consolidando l’idea che occorreva offrire anche la possibilità di una ricostruzione sociale. Il programma che la missione porta avanti è che in nome dell’annuncio del Vangelo ci deve essere anche lo sviluppo di una promozione dell’uomo, della sua dignità come persona e come lavoratore.

Dal 2007 la diocesi di Milano si è dapprima affiancata e poi (per una serie di eventi) ha preso in carico la missione. Personalmente ho iniziato la mia esperienza nell’agosto 2007 collaborando all’inizio con don Antonio Sciarra: un anno e mezzo indimenticabile nel mio percorso sacerdotale. A fine 2008 don Antonio si è dovuto allontanare dall’Albania, per una grave malattia che nel 2012 l’ha portato alla morte. Dal 2009 al 2014 la missione ha visto la presenza anche di un secondo fidei-donum milanese, don Maurizio Cacciola, poi inviato dal vescovo locale nelle bellissime – ma davvero difficili – zone di montagna.

Mentre scrivo queste note sono in attesa di don Alberto Galimberti, un nuovo fidei-donum che la diocesi di Milano invia in questa missione. Sono contento che arrivi: lo sono per lui perchè farà una bella esperienza qui in Albania, lo sono per la nostra gente perché potrà continuare il suo cammino di fede accompagnata da questo bravo sacerdote… Lo sono un po’ meno per me stesso: don Alberto è il segno che è venuto il momento di congedarmi da questa missione. Un grande senso di riconoscenza abita nel mio spirito. Ringrazio il Signore per i miei vescovi (di Milano e di Sape), per la mia famiglia e per tutti i collaboratori della missione: dalle suore, agli assistenti pastorali, agli operatori nei vari ambiti. Evidentemente ringrazio il Signore per questa gente: così tosta e accogliente, così orgogliosa e ferita…

Grazie a un piccolo santuario che abbiamo realizzato sul monte Vela, che sovrasta la nostra zona e la città di Lezhe, siamo sicuri che la Madonna della Luce ci accompagnerà ancora e ci illuminerà.

 

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