«Non lasciamo i giovani nelle mani di tanti mercanti di morte»: così papa Francesco nell’omelia della Messa d’apertura della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» (3-28 ottobre). Assise mondiale, cui anche l’Arcivescovo di Milano partecipa come Padre sinodale, voluto in questo importante incarico dallo stesso papa Francesco.
Nella sua omelia il Pontefice ha sottolineato: «I giovani, frutto di molte delle decisioni prese nel passato, ci chiamano a farci carico insieme a loro del presente con maggior impegno e a lottare contro ciò che in ogni modo impedisce alla loro vita di svilupparsi con dignità. Essi ci chiedono ed esigono una dedizione creativa, una dinamica intelligente, entusiasta e piena di speranza».
Pubblichiamo l’intervista a padre Giacomo Costa, segretario speciale del Sinodo.
In questi mesi di preparazione padre Giacomo Costa, gesuita, direttore della rivista della Compagnia di Gesù Aggiornamenti sociali e segretario speciale del Sinodo, ha più volte affrontato il tema della grande occasione che il Sinodo rappresenta nel momento attuale a livello mondiale: «Il primo riferimento per la riflessione è il fatto che mai prima d’oggi l’umanità ha vissuto in un contesto così caratterizzato da trasformazione, fluidità e incertezza, che non va giudicato a priori come un problema o una opportunità. Certo “la crescita dell’incertezza incide sulla condizione di vulnerabilità, cioè la combinazione di malessere sociale e difficoltà economica, e sui vissuti di insicurezza di larghe fasce della popolazione”, come spiega nel suo primo capitolo il Documento preparatorio. È chiaro che questo impatta sul modo in cui i giovani affrontano le scelte fondamentali, perché il mutamento li obbliga a riadattare continuamente la propria traiettoria di vita».
Cosa l’ha colpita di più in questo tempo di avvicinamento all’evento, in cui papa Francesco ha più volte interpellato i giovani, incontrando per esempio i ragazzi italiani in agosto?
Credo il desiderio sincero di farli partecipare e di ascoltarli senza filtri. Questione non facile, né scontata nella Chiesa. I giovani sono molto diversi tra loro: pensiamo solo ai nostri italiani, che sicuramente hanno le loro caratteristiche specifiche. Il Sinodo è mondiale, per cui ben si può immaginare come sia difficile ascoltare effettivamente tutti; tuttavia, anche in questi mesi, la forza che viene dall’ascolto – è stato impressionante, in marzo, dialogare con i 300 giovani chiamati a Roma in vista dell’Assemblea di ottobre – ha creato eventi, domande ed energia per tutta la Chiesa.
Con quali sentimenti personali inizia questo Sinodo e quale è l’auspicio?
Comincio con entusiasmo e una grande speranza: che, soprattutto, sia fondamentale la voce dei giovani e che si faccia autentica esperienza di dialogo anche tra le generazioni. Non bisogna essere “giovanilisti” e ritengo che non si possa pensare ai giovani come a un nucleo unico a sé stante. Occorre riannodare un legame tra generazioni, fondamentale per il futuro della Chiesa e della società. La sfida è ascoltare tutti, nessuno escluso, per capire veramente cosa succede, avendo “i piedi per terra”, per così dire, al fine di cercare poi, insieme, il modo di cambiare i nostri percorsi, per essere più vicini al mondo dei giovani e accompagnarli concretamente nella loro vita quotidiana.