Parlano di lager per migranti, di omicidi, stupri, sevizie e torture. Parlano di un processo di disumanizzazione che ricorda da vicino i metodi nazisti. Sono parole che non si vorrebbero – non si dovrebbero – più sentire, quelle pronunciate dai pubblici ministeri milanesi, che nei giorni scorsi hanno arrestato un giovane somalo, accusato di traffico di esseri umani e delle peggiori violenze sulle sue vittime: giovani migranti bloccati in Libia in attesa di raggiungere la costa nord del Mediterraneo. Ed proprio su di loro, sulle migliaia di uomini e donne costretti a lasciare le proprie case, le proprie famiglie e il proprio Paese – affrontando viaggi della speranza che spesso si trasformano in incubi – che si concentra lo sguardo dell’evento organizzato dal Centro Pime di Milano in occasione della Giornata della Memoria della Shoah.
Organizzata in collaborazione con “Gariwo, la Foresta dei Giusti”, la serata – che avrà luogo martedì 24 gennaio, alle 21, presso il Pime (via Mosé Bianchi 94) – farà memoria dell’Olocausto degli ebrei e, nello stesso tempo, proverà a scandagliare un dramma dei giorni nostri: appunto quello di migliaia di migranti che continuano a perdere la vita nel deserto e nel Mediterraneo.
Per questo, insieme al presidente di “Gariwo” Gabriele Nissim, porterà la sua dolorosa e straordinaria testimonianza padre Mussie Zerai, prete eritreo conosciuto come l’Angelo del profughi, candidato al Nobel per la Pace nel 2015. Grazie al suo numero di telefono, inciso sui muri delle celle libiche e diffuso dal passaparola, «Padre Mosè» – come recita anche il titolo del suo libro appena uscito per Giunti – è riuscito a soccorrere migliaia di persone.
Così come sta salvando un numero impressionante di vite l’operazione Moas (Migrant Offshore Aid Station), promossa da Regina Catrambone, con navi e mezzi privati che operano nel Mediterraneo e nell’Egeo. Entrambi, due figure di Giusti dei nostri tempi, capaci di gesti di bene, anche negli abissi contemporanei del male.