Nel Giovedì santo, a partire dalla Messa Crismale, ma anche nella Messa in Coena Domini, si chiede ai fedeli di contribuire alle offerte destinate al clero anziano e malato. «È una richiesta formulata una ventina di anni fa dall’allora arcivescovo Dionigi Tettamanzi», spiega don Massimo Fumagalli, delegato dell’Arcivescovo per l’Opera Aiuto Fraterno (Oaf), nata come Associazione nel 1946 per iniziativa del beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster e trasformatasi nel 1996 con il cardinale Carlo Maria Martini in Fondazione. Sottolinea Fumagalli: «Il cardinale Tettamanzi chiese innanzitutto ai preti di contribuire nel contesto della Messa Crismale, in virtù della comune ordinazione sacerdotale che ci lega e, quindi, del legame profondo per il quale ciascuno di noi deve prendersi cura dell’altro come in una famiglia».
Un sostegno che deve esprimersi naturalmente a livello spirituale, ma anche materiale…
Per questo, a suo tempo, il cardinale Martini aveva voluto la Fondazione di diritto civile, dotata di un patrimonio che deve essere utilizzato per lo scopo, sancito dallo statuto, della formazione dei sacerdoti anziani e ammalati e del sostegno economico di chi in questa fase della vita si trova in difficoltà.
Per sensibilizzare su questo tema è stata pubblicata anche una lettera dell’Arcivescovo specificamente dedicata…
Sì, è disponibile online. E stiamo approntando anche un sussidio che la contiene e che verrà distribuito ai sacerdoti in questo periodo. Certo, la colletta del Giovedì Santo non esaurisce le entrate dell’Oaf, che ha anche altre possibilità di incremento del proprio capitale derivanti da eredità, offerte libere di sacerdoti – spesso in occasione di significativi anniversari di ordinazione – e di fedeli.
Anche i laici possono contribuire?
Certo. Sempre il cardinale Tettamanzi aveva stabilito che tutto ciò che si raccoglie nel Giovedì Santo dovesse essere devoluto per l’Opera. Quindi i fedeli sono invitati alla colletta nel momento pomeridiano della Messa in Coena Domini, essendo la Crismale dedicata ai sacerdoti che, nell’occasione, rinnovano le loro promesse sacerdotali. E questo per indicare una coerenza, all’interno di una stessa giornata, e una collaborazione nel sostentamento dei sacerdoti anziani e/o malati con una gratitudine condivisa per la loro vita donata al Signore e alle comunità.
Quali sono i “numeri” della fascia anziana del clero ambrosiano?
Su 1636 presbiteri diocesani (dati aggiornati al 20 marzo 2024), 528 hanno fra i 75 e gli 80 anni. Gli ultra80enni sono 353. Il prete più anziano della Diocesi ha compiuto a febbraio 102 anni e a maggio verrà raggiunto da un coetaneo. Vi è, poi, anche un centenario.
Come opera concretamente la Fondazione?
Nel corso degli anni la sua attenzione al clero anziano o in condizioni di salute precaria si è consolidata e ampliata. In particolare, gli incontri nelle Zone pastorali – l’Arcivescovo nomina un referente per ogni Zona – e nei Decanati hanno consentito di avviare riflessioni sulla realtà della fraternità sacerdotale e di illustrare le forme di sostegno. L’attenzione per tali presbiteri avviene nell’ambito della Formazione permanente del Clero (la Fondazione è presieduta dal vicario episcopale di Settore, monsignor Ivano Valagussa), come sfondo costante alle varie attività e iniziative. I preti che ricevono un sostegno per motivi di anzianità, in diverse strutture, in particolare in Rsa, sono 49. Si tratta di un accompagnamento, sia nello stare loro accanto, sia in ordine a un aiuto economico per le spese richieste da questi ricoveri. C’è poi anche una cura verso chi rimane nelle proprie abitazioni o presso le parrocchie.
I fondi su cui può contare la Fondazione sono sufficienti?
Diciamo che, dopo la pandemia, le offerte sono diminuite e che, attualmente, si attestano su cifre assai inferiori alle necessità.