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Sirio 11 - 17 novembre 2024
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Intervista

Agnesi e l’emergenza: «Guardiamo al domani con fiducia»

Dal Vicario generale un invito a non cedere al pessimismo: «Preoccupazione e attenzione sono doverose, discernimento e prudenza necessarie, paura e ansia controproducenti. È importante reagire con equilibrio e razionalità, ma conserviamo la speranza. Tutte le direttive diocesane sono nate dal confronto con le istituzioni»

di Annamaria Braccini

23 Ottobre 2020
Le celebrazioni possono continuare nel rispetto di tutte le misure di sicurezza già in atto

«Se dovessi esprimere, con un’immagine sintetica, come vedo questo momento, utilizzerei ciò che ho sperimentato nei giorni scorsi celebrando le Cresime. Da un lato, guardavo l’assemblea riunita con le doverose precauzioni, dall’altro, i ragazzi che sono il futuro: un domani in cui avere fiducia. Dunque, preoccupazione e attenzione, naturalmente, ma anche fiducia e speranza. È importante continuare a guardarci negli occhi». Sono questi i sentimenti con i quali il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, invita a vivere il presente.

Dunque occorre non cedere al pessimismo?
Discernimento e prudenza sono necessarie, paura e ansia controproducenti. Le regole sono adeguate e sufficienti, ma occorre applicarle ai comportamenti individuali di ciascuno qui e ora. Alcuni atteggiamenti superficiali – di chi dice «che vuoi che sia per una volta», «ma quelli con cui mi vedo sono tutti sani», «a me non capita» – sono semplicemente da irresponsabili. Tuttavia non bisogna nemmeno coltivare l’ansia paralizzante di chi chiede a gran voce il «chiudiamo tutto e tutti». È importante reagire con equilibrio e razionalità, nella precisa consapevolezza del rispetto che dobbiamo avere per gli altri – soprattutto pensando che possiamo avvicinarci a persone più deboli e fragili di noi e che, talvolta, è necessario fare un passo indietro -, ma anche nella comunicazione di rapporti sinceri e fraterni che sappiamo possono o potranno avvenire a distanza.

Insomma, bisogna saper distinguere…
È importante discernere relativamente a ciò che è necessario fare in presenza e quali ne siano i motivi e le ragioni vere. Questo ci aiuta a capire, per esempio, perché è opportuno che i più giovani possano andare a scuola, mentre gli adulti, che ne hanno l’opportunità, possano lavorare da casa.

I protocolli e le direttive proposti da febbraio a oggi a livello diocesano – tra cui molti firmati da lei – hanno quindi il duplice senso di fornire un orientamento chiaro sulle regole, ma anche di coltivare un’attenzione degli uni verso gli altri e uno sguardo positivo sulla realtà…
Mi pare fondamentale ricordare che questi documenti sono nati sempre da un dialogo. Come Diocesi ci siamo sempre confrontati con le istituzioni sul territorio, cercando insieme di trovare soluzioni che hanno consentito di vivere bene situazioni per cui si era molto temuto il ritorno alle celebrazioni con i fedeli o la riapertura dell’oratorio estivo Summerlife. Una decisione – questa – assunta con una responsabilità a cui tutti hanno contribuito. È stata una bella esperienza che ha detto il desiderio e la volontà convinta di prenderci cura dei ragazzi, anche nell’emergenza. Possiamo però dire che abbiamo imparato qualcosa, anche nel momento del totale lockdown. Penso alla vicinanza, proseguita con i mezzi della comunicazione sulla rete, di tanti parroci, consacrate, consacrati, laici adulti e giovani, alle loro comunità; all’impegno delle articolazioni caritative, svoltosi anche in sinergia con i servizi sociali, o ai tanti messaggi con cui l’Arcivescovo si è fatto presente tra i fedeli dell’intera Diocesi.

Da tutto questo possiamo imparare anche altro che sia utile per il futuro?
Certamente. Ci si può interrogare se alcuni incontri organizzativi – in una Diocesi estesa come la nostra – possano essere realizzati con modalità diverse, magari su piattaforma online, mentre rimane l’evidente necessità della presenza dei fedeli nei momenti liturgici e in quelli che sono un segno per le comunità delle nostre terre, espressione di una Chiesa saldamente incarnata là dove si vive, nel quartiere, nella città, il territorio ritrovando il desiderio di camminare insieme. Credo che siano due gli atteggiamenti che si devono assolutamente evitare: fare tutto come prima e la superficialità dell’«andrà tutto bene». Tra queste due posizioni c’è la fantasia concreta di chi ha fatto e farà il possibile per andare avanti. Come abbiamo scritto nel Messaggio dei Vescovi di Lombardia, dal titolo Una parola amica, davvero «nelle tribolazioni si sono accese scintille, la preghiera, il pensiero, la speranza, il prendersi cura».

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