Dare fiducia, fare sempre il bene delle persone, non mettere mai in pericolo qualcuno, specie se fragile. Il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, sintetizza come comportarsi in questo tempo di aumento della diffusione dei contagi, così come è stato sempre indicato dall’Arcidiocesi fin dall’inizio della pandemia.
La Diocesi di Milano ha da tempo precisato le norme che devono regolare l’accesso alle celebrazioni e il comportamento dei fedeli all’interno dei luoghi di culto in tempo di Covid. In questi giorni alcune affermazioni di un parroco diocesano hanno destato clamore. Qual è la posizione della Chiesa ambrosiana?
Occorre avere chiaro il nostro punto di partenza: noi vogliamo il bene delle persone. Il criterio morale fondamentale è creare le condizioni perché nessuno, soprattutto se in condizione di fragilità, possa essere messo in difficoltà. La nostra posizione, come Diocesi, è corrispondere al bene comune, quello che viene indicato dalle autorità competenti dello Stato e della Sanità, che hanno definito quali siano gli strumenti per promuovere la sicurezza e la salute pubblica. Gli appelli alle vaccinazioni che vengono dalle autorità devono costituire un punto di riferimento per ciascuno.
Le indicazioni fornite dall’Ufficio Avvocatura della Diocesi sono aggiornate in tempo reale con l’evolversi della situazione. Lei stesso, come Vicario generale, ha pubblicato una nota nei mesi scorsi…
Sì. Per quanto riguarda la vita comunitaria, ciò che è richiesto è realizzare le condizioni per evitare contagi: quindi, occorre osservare i protocolli necessari, le distanze, le mascherine e l’igienizzazione. Tutto questo lo diciamo oggi ed è avvenuto sempre, portando anche a poter vivere bene e con una tranquillità fondamentale questo Natale. Per quanto attiene a ciò che riguarda i contatti con le persone – pensiamo ai catechisti, ai coristi, ai ministri straordinari della comunione eucaristica – ricordiamo che sono richieste ulteriori attenzioni quali il Green pass. Come sacerdoti – ma anche gli operatori pastorali – tutti dobbiamo dare fiducia, perché chiediamo fiducia alla gente. Non siamo politici, medici o virologi, quindi non possiamo decidere cosa è bene e cosa è male in questi ambiti. Dobbiamo, invece, garantire che, con il nostro corretto comportamento, cresca la fiducia. E con la fiducia si può fare tanto. Lo abbiamo visto e fatto: celebrare bene, realizzare l’oratorio estivo, promuovere iniziative che, nella garanzia dei protocolli, sono veramente creative. Dobbiamo essere creativi nel bene, nel creare occasioni buone.
D’altra parte, l’Arcivescovo di Milano ha visitato e benedetto alcuni centri vaccinali, l’ultimo proprio il 31 dicembre 2021, presso il Pio Albergo Trivulzio. La Diocesi ha messo anche a disposizione degli spazi. Insomma, la via da seguire è chiara…
Certo. Sono segnali che dicono che quanto si sta cercando di fare, pur nella provvisorietà di ogni strumento. La Chiesa, ripeto, ha il compito di dare occasioni perché si possa esprimere al meglio, nelle condizioni in cui siamo, la nostra umanità. Dunque, dobbiamo preoccuparci di celebrare bene, dobbiamo aiutare i ragazzi a incontrarsi in modo sicuro, ritrovando il gusto della solidarietà e della vicinanza. Mi pare che questo sia lo sforzo fondamentale che ci è chiesto.
Dare fiducia significa anche formare a una consapevolezza che permetta a tutti di non correre rischi inutili e di non assumere posizioni fuorvianti?
Dobbiamo semplicemente essere responsabili. Quando si tratta di fare delle cose in modo comunitario, la cosa più saggia, più intelligente, più buona è osservare le regole che ci sono e viverle nel modo migliore possibile con creatività nel bene e non inventando alternative.