Chissà quali sono i pensieri dei detenuti raccolti nella cappella della Casa circondariale di Busto Arsizio, mentre leggono, in una sorta di preghiera, di quell’adolescente che amava dire «Originali, non fotocopie», che sapeva essere amico fidato, ma senza essere fotocopia, volendo bene seppur vivendo la propria originalità, ragionando con la propria testa e facendo ciò che reputava più giusto. Sbagliando anche, a volte, ma chiedendo perdono a Dio e non fermandosi mai, perché la sua “meta è l’infinito”. Ritratto, il Beato Carlo Acutis – che sarà proclamato santo il 27 aprile -, con il suo “sorriso di cielo”, proprio da un detenuto bustocco in un quadro posto sull’altare, subito svelato durante un canto.
Dopo il saluto della direttrice Maria Pitaniello, presente con il corpo di Polizia penitenziaria, sono le parole di un detenuto a dare avvio al significativo momento di incontro con il Vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino: «Siamo qui alla presenza della Chiesa e di tutte le persone che ne fanno parte, come i volontari, che ci dedicano del tempo prezioso. Con l’occasione dell’apertura della Porta Santa di Rebibbia speriamo che la luce della speranza possa rimanere sempre accesa e illuminarci sulla strada della libertà e del bene. Carlo non lo conosciamo ancora, ma speriamo ci aiuti con la sua innocenza a recuperare quella che noi abbiamo perso».

Anche voi potete essere santi
«Provate un po’ a sentirvi tutti abbracciati da Dio – invita Sorrentino -. Facciamo un segno di croce: io vi ho dato la mano, ma Dio con questo segno vi abbraccia». E porta in dono una reliquia di Carlo Acutis, un ragazzo che aveva accolto in tutta la sua vita Gesù in maniera semplice, per portare attraverso di lui qualcosa dell’amore di Dio. Un legame che resterà, come annunciato da don David Maria Riboldi, cappellano del carcere: «Carlo per tutti noi. Questa Cappella non aveva mai avuto una dedicazione, siamo davvero contenti che potrà allora prendere questo nome e diventare chiesa del Beato e ormai prossimo Santo Carlo Acutis».
«La santità è qualcosa che può esserci anche in carcere – riflette ancora il Vescovo di Assisi -. Io ho questa fiducia, che anche qualcuno di voi possa diventare santo, ma che almeno tutti, usciti dal carcere, speriamo il più presto possibile secondo le norme, possano uscirne con un cuore pacificato e una vita nuova. Io oggi sparo alto, perché quando si guarda in alto il cuore si apre, se si guarda in basso ci si ingrugnisce dentro di sé e tutto diventa nero. Quando guardi in alto allora tutto diventa bello…».
E spiega loro l’orizzonte di Francesco, che fu fatto prigioniero e passò un anno a Perugia in carcere, e aveva raccontato che quell’anno fu per lui l’anno della conversione, dove cominciò a riflettere sulla sua vita: «Forse senza quell’anno di carcere non avremmo avuto San Francesco. Quindi ogni cosa, ragazzi, può essere l’occasione buona, anche stare qui, ma starci come San Francesco. Pensate, riflettete, cercare di comprendere… che cos’è la vita? Quali sono le cose che veramente contano?». Così come per il Santo di Assisi, anche l’orizzonte di Carlo è stato un programma di vita che conduce alla santità: «Stare sempre unito a Gesù».

Le testimonianze
È il momento delle testimonianze, forti, toccanti. Perché qui, in questo luogo bello e di preghiera, accadono anche percorsi di fede, cammini in cui si può imparare a conoscere Gesù, aggrappandosi tenacemente a Lui.
La prima è di un giovane tunisino di 35 anni, giunto in Italia nel 2001: «Ho vissuto in tante città, nel mio percorso di vita mi sono trovato tante volte nei guai, tanti altri guai li ho fatti io. Quando sono stato in difficoltà, ho chiesto aiuto e ho trovato aiuto sempre da persone di una fede diversa dalla mia. Persone che vogliono bene a Gesù». Da qui la scelta di farsi battezzare, un anno fa, con padrino don David. «Le persone si ricordano di come ero una volta e mi hanno dato una mano a capire come si può vivere felice, mi hanno dato fiducia e ora lavoro: ho imbiancato tutto il carcere e arrivo a sera stanco, ma felice. Ricevere il Battesimo mi è costato molto: molti di quelli che consideravo miei fratelli hanno girato la testa dall’altra parte. Ora attendo di poter uscire, spero a breve, e di provare a vivere non più come prima, ma come Gesù. Spero che il Beato Carlo Acutis mi possa aiutare in questo cammino».
Dopo di lui, con il foglio che trema tra le mani, un cammino che ci porta in Nigeria, dentro una storia di grande sofferenza, e che costa fatica anche nel raccontarla, ma che questo giovane detenuto desidera condividere per affidare alle preghiere del Vescovo e della Chiesa il dramma subito dagli estremisti di Boko Haram, che, con un attacco proprio in chiesa, avevano ucciso tantissime persone: «Io sono riuscito a saltare fuori dalla finestra della chiesa e mi sono salvato, non sono riuscito però a salvare la mia famiglia», non potendo neppure seppellire i suoi cari. «Il resto della mia storia è poi simile a quella di altri: la Libia, le torture di cui porto i segni nel mio corpo, il viaggio, l’arrivo in Italia, il carcere. Non ho smesso di pregare Gesù: tutte le domeniche vengo alla Santa Messa. La ringrazio: oggi mi permette di rendere onore ai miei cari. Prego il Beato Carlo Acutis che possa finalmente dare pace ai miei giorni, dopo tutte le sofferenze che ho vissuto».
Si conclude l’incontro con alcuni doni per monsignor Sorrentino: il quadro di Carlo, i cioccolati prodotti qui, un calendario della Valle di Ezechiele, la “Prison Beer”, un crocifisso con il cuore a metà perché l’altro è quello dei familiari che attendono fuori.

La Staffetta di preghiera a Gallarate
«Dove arriva il sorriso di Carlo le persone accorrono», spiega don Stefano Guidi, direttore della Fom, riguardo l’iniziativa promossa per preparare i ragazzi della diocesi di Milano alla canonizzazione, partita con la consegna ai primi oratori dell’Unità pastorale di Lambrugo e Lurago d’Erba e giunta, la sera del 12 febbraio, alla Basilica di Santa Maria Assunta a Gallarate.
Non solo i ragazzi (che avranno alcuni appuntamenti dedicati nei giorni successivi), ma anche moltissime persone di tutte le età (famiglie intere, genitori, nonni…) sono presenti per accogliere la reliquia del Beato, che sarà presente fino al 17 febbraio. «Esprime un desiderio, in contrapposizione con l’apparente indifferenza, di un bisogno di interiorità, come è quello di affidare a Carlo in particolare i ragazzi», prosegue don Guidi.
Alla preghiera del Vespro, con la partecipazione di numerosi preti della Comunità pastorale di Gallarate, di sacerdoti che accompagnano il Vescovo di Assisi, don Guidi e il Vicario episcopale per la Zona II don Franco Gallivanone, segue la riflessione di monsignor Sorrentino, che racconta la vita di Acutis attraverso il suo ultimo libro, Carlo Acutis sulle orme di Francesco e Chiara d’Assisi. Originali non fotocopie (Edizioni Francescane italiane).

Le parole di monsignor Sorrentino
«Ho visto che davvero Carlo sa parlare ai giovani e mi capitò in America, dove mi avevano invitato a parlare di un progetto di rinnovamento delle parrocchie e delle famiglie. Ma un problema sono anche i giovani: «perché non facciamo qualcosa anche per loro?», pensai. L’indomani li incontrai in una saletta: io – mi chiesi – come faccio a parlare di Gesù a questi giovani americani? Mi ricordai di San Francesco (come potrei non ricordarmi di lui) e di Carlo, con quel suo bel sorriso… e venne fuori un dialogo tra Francesco di 800 anni fa (che continua a fare tanto bene alla Chiesa) e questo ragazzo del nostro tempo. Chi avrebbe mai detto che ci potessero essere somiglianze tra loro? Sono così diversi i tempi, le personalità, ma, scavando, tante cose li uniscono. Carlo amava Gesù sulle orme di Francesco, gli piaceva come Francesco aveva interpretato Gesù, si è sentito chiamare a un modo nuovo di vivere il Vangelo sulle orme di Francesco e di Chiara. Il Signore ha fatto un grandissimo regalo alla sua Chiesa mettendoli insieme, fanno un lavoro di squadra, anche dal Paradiso, Carlo e Francesco».

«Santi di strada… Nel capitolo “L’Internet dell’Eucaristia” – conclude – troviamo un parallelismo con Francesco, quando non c’era Internet ma Internet era una grande strada, perché al suo tempo c’era una civiltà che cominciava a mettersi in movimento. Dopo 800 anni, le strade un po’ sono quelle di prima, ma con tanto traffico… e c’è la nuova strada di Internet. Il mondo è tutto collegato e Carlo, come Francesco a suo tempo, ha avuto il compito di spiegare che Gesù è la strada, è Lui la strada: infatti nel Vangelo dice «io sono la via». Non c’è solo la strada materiale o quella per comunicare le nostre informazioni: c’è la strada del cuore. Avevamo bisogno di qualcuno che ci spiegasse questo e Gesù lo ha scelto a Milano e lo ha messo ad Assisi, accanto a Francesco».