Fin da subito a Seregno l’accoglienza era partita con il piede giusto. Con la comunità ucraina già presente e vivace in città, i seregnesi hanno messo a disposizione i propri alloggi a chi scappava dalla guerra, arrivando in fretta a ospitarne circa 340.
«L’accoglienza è nata sotto una spinta emotiva, perché la comunità ucraina era già benvoluta, ma c’è stata anche un’evoluzione positiva: ora nell’accompagnare i profughi siamo molto attenti a mantenerci ancorati alla realtà, pensando a cosa i nuovi arrivati possono realmente fare sul territorio e ai passi concreti per rispondere alle loro esigenze». A parlare è Gabriele Moretto, responsabile della Casa della Carità di Seregno, una sorta di hub della carità in cui da poco più di un anno collaborano fianco a fianco Caritas, San Vincenzo, Centro aiuto alla vita e tante altre realtà. L’emergenza Ucraina si è aggiunta alle tante situazioni di bisogno già seguite: «A ognuna delle 49 famiglie che sono arrivate in città consegniamo un pacco alimenti mensile», spiega Moretto. Poi ci sono le esigenze più complesse: la conoscenza dei servizi sul territorio, l’apprendimento della lingua e, non ultima, la questione del lavoro.
Aiuto a redigere i curriculum
Presso la Casa della Carità, il 27 e 28 luglio gli ucraini che lo vorranno saranno accompagnati in un bilancio di competenze e nella stesura del curriculum. «L’intenzione è dare loro un riscontro sulle reali possibilità di inserimento lavorativo in base alle competenze di ciascuno», spiega Moretto. L’iniziativa è del servizio Siloe di Caritas ambrosiana, che ha pensato a Seregno proprio per l’alto numero di profughi ospitati.
A gestire i colloqui personali saranno i professionisti di un’impresa specializzata in ristrutturazione aziendale, che offre gratuitamente la propria collaborazione a Caritas. «Potremo poi attivare diversi percorsi: corsi di formazione per integrare le competenze, borse lavoro, oppure l’accompagnamento attivo nella ricerca di un impiego», sintetizza Moretto. Già ora, qualcuno ha trovato lavoro autonomamente.
I tutor, volontari che seguono ciascuno una famiglia ucraina, hanno del resto affrontato la questione fin da subito: «Proprio perché non sappiamo quanto durerà questa situazione, era necessario che le persone decidessero cosa fare, scegliendo se restare qui, e quindi cercare lavoro, oppure, per chi ha potuto, se tornare in Ucraina», sottolinea Moretto.
Un approccio concreto, dunque, che sta portando anche i nuovi arrivati a fare passi in avanti.