«Verificare lo stato dell’arte nel biennio 2020- 2021 in merito all’attivazione del Servizio Diocesano o Inter-diocesano per la tutela dei minori del Centro di ascolto e del Servizio Regionale per la tutela dei minori nelle diocesi italiane». Questo l’obiettivo del primo Report nazionale sulle attività di tutela dei minori nelle diocesi italiane, presentato oggi a Roma (qui il testo integrale).
«Offrire uno strumento conoscitivo alla Conferenza episcopale italiana per implementare le azioni di tutela dei minori e delle persone vulnerabili nelle Diocesi italiane», lo scopo del documento (qui una sintesi), che ha previsto tre fasi distinte di lavoro: la definizione degli strumenti di rilevazione, l’attivazione di un’indagine online, l’elaborazione dei dati statistici raccolti attraverso la rilevazione.
Per i Centri di ascolto sono stati rilevati in particolare: la struttura del Centro e le attività del Centro, tra cui i contatti ricevuti; le caratteristiche dei singoli contatti; le modalità e i motivi dei contatti; il numero, il luogo e le modalità degli incontri; le informazioni sul presunto accusato; le informazioni circa i fatti narrati; gli eventuali trattamenti attuati; le intenzioni e gli obiettivi delle segnalazioni; l’accompagnamento offerto alle vittime e agli autori del delitto. Al termine della somministrazione dei questionari ai referenti dei diversi Servizi, i dati raccolti sono stati elaborati differenziando le diverse situazioni a livello territoriale secondo la distribuzione Nord, Centro e Sud Italia e a livello dimensionale, con una distinzione tra diocesi grandi con popolazione superiore ai 250 mila abitanti, medie tra i 100 e i 250 mila e piccole al di sotto dei 100 mila abitanti).
Servizi presenti in tutte le diocesi
I Servizi per la tutela dei minori sono presenti in tutte le 226 diocesi italiane. È quanto risulta dal Report nazionale, che ha raccolto 158 risposte su 166 diocesi coinvolte: 8 Servizi sono infatti a carattere interdiocesano. La rappresentatività statistica del campione di indagine è pari al 73,4% (166 diocesi sulle 226 totali in Italia e, a oggi, sono in corso ulteriori accorpamenti).
Per quanto riguarda la distribuzione geografica del campione, il Report evidenzia una relativa omogeneità nella presenza di diocesi collocate nelle diverse aree del nostro Paese, anche se al Centro Italia corrisponde una percentuale di poco inferiore a quella di Sud e Nord. Le diocesi del campione sono soprattutto di medie dimensioni (tra 100 e 250 mila abitanti), seguite dalle diocesi di grandi (oltre 250 mila) e piccole dimensioni (fino a 100 mila). Il referente, nella maggior parte dei casi, è un sacerdote (51,3%), seguito da laico o laica (42,4%) e solo raramente un religioso o una religiosa (6,3%). Le diocesi di piccole dimensioni invece si distinguono in quanto a ricoprire il ruolo di referente, in oltre la metà dei casi, è un laico/a (56%), mentre negli altri casi un sacerdote. Il 77,2% delle diocesi censite ha una équipe di esperti a sostegno del Servizio, le cui principali attività consistono in incontri e corsi formativi.
Il numero di incontri formativi proposti nel biennio in esame (2020-2021) è cresciuto notevolmente, passando dai 272 incontri del 2020 ai 428 del 2021. In crescita il trend: da 7.706 nel 2020 a 12.211 nel 2021, con l’aumento più alto per gli operatori pastorali, passati da 3.268 a 5.760. Le relazioni tra Sdtm e altri organismi ecclesiali, quali Ordinari religiosi e Superiori di istituti femminili, risultano scarse: solo il 4,7% dichiara di aver promosso iniziative comuni. Anche le iniziative o le collaborazioni con altri enti, associazioni, istituzioni non ecclesiali, risultano limitate (12,2%); solo nell’11,4% dei casi il Sdtm partecipa a tavoli istituzionali civili. Gli Uffici diocesani con i quali sono state avviate collaborazioni sono soprattutto l’Ufficio per la pastorale giovanile (53,3%), l’Ufficio per la pastorale familiare (47,4%), l’Ufficio scuola (35,6%).
La maggior parte delle diocesi ha attivato un Centro di ascolto (70,8%), in particolare nelle diocesi di grandi dimensioni (84,8%). Le modalità con cui vengono pubblicizzate le attività del Sdtm si avvalgono soprattutto del sito web (67,7%), in secondo luogo si utilizzano presentazioni o comunicazioni ordinarie alla stampa (42,4%). I referenti dei Sdtm sono stati chiamati a fornire un parere in merito ai punti di forza e di debolezza del sistema sinora costituito a livello diocesano. Tra i punti di forza vengono indicati in via prioritaria la sensibilità di educatori e catechisti nei confronti del tema degli abusi sui minori (il punteggio medio da 1 a 10 è 7,3) e la gestione delle relazioni con gli Uffici pastorali diocesani (7,1), con il Seminario diocesano (6,5) e con educatori e catechisti (6,4). I punti negativi risultano invece: la capacità di gestire relazioni con Istituti e Congregazioni religiose (5,1), con le associazioni non ecclesiali (4,9), con gli enti locali (4,8); infine, il giudizio più negativo è riservato all’attività di comunicazione realizzata sui media locali (4,1) circa le iniziative proposte dai Servizi.
Nel 2020-2021 segnalati 89 casi
Nel biennio 2020-2021, i casi di abusi segnalati, anche per fatti riferiti al passato, riguardano 89 persone, di cui 61 nella fascia di età 10-18 anni, 16 over 18 anni (adulto vulnerabile) e 12 under 10 anni.
Circa la tipologia dei casi segnalati, è emersa la prevalenza di “comportamenti e linguaggi inappropriati” (24), seguiti da “toccamenti” (21); “molestie sessuali” (13); “rapporti sessuali” (9); “esibizione di pornografia” (4); “adescamento online” (3); “atti di esibizionismo” (2).
Le segnalazioni fanno riferimento a casi recenti e/o attuali (52,8%) e a casi del passato (47,2%). Il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti, in oltre la metà dei casi. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento dei fatti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23), infine di religiosi (15). Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione; sagrestano; animatore di oratorio o grest; catechista; responsabile di associazione.
Il contesto nel quale i presunti reati sono avvenuti è quasi esclusivamente un luogo fisico (94,4%), in prevalenza in ambito parrocchiale (33,3%) o nella sede di un movimento o di una associazione (21,4%) o in una casa di formazione o seminario (11,9%).
A seguito della trasmissione della segnalazione all’Autorità ecclesiastica da parte dei Centri di ascolto, tra le azioni poste in essere sono risultati prevalenti i “provvedimenti disciplinari”, seguiti da “indagine previa” e “trasmissione al Dicastero per la Dottrina della Fede”. Tra le azioni di accompagnamento delle presunte vittime, i Centri forniscono informazioni e aggiornamenti sull’iter della pratica (43,9%), organizzano incontri con l’Ordinario (24,6%), offrono un percorso di sostegno psicoterapeutico (14,0%) e di accompagnamento spirituale (12,3%).
Ai presunti autori degli abusi vengono proposti percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione, compresi l’inserimento in “comunità di accoglienza specializzata” (un terzo dei casi rilevati) e percorsi di “accompagnamento psicoterapeutico” (circa un quarto dei casi).
Nel Report, sono stati rilevati dati relativi a 90 Centri di ascolto: di questi 21 attivati nel 2019 o prima, 30 nel 2020, 29 nel 2021 e 10 nel 2022. L’attivazione dei Centri di ascolto è strettamente correlata alla dimensione delle diocesi, con 38 Centri costituiti in diocesi di grandi dimensioni o Diocesi che si sono aggregate. La sede del Centro di ascolto differisce dalla sede della Curia diocesana nel 74,4% dei casi. Il responsabile del Centro, in oltre due terzi dei casi, è un laico o una laica (77,8%). Meno frequente è la scelta di un sacerdote (15,5%), oppure un religioso o una religiosa (6,7%). Tra i laici prevalgono nettamente le donne, che quindi rappresentano i due terzi dei responsabili.
Nella maggior parte dei casi (83,3%), i Centri di ascolto sono supportati da una équipe di esperti. Nel biennio in esame il totale dei contatti registrati da 30 Centri di ascolto è stato pari a 86, di cui 38 contatti nel 2020 e 48 nel 2021. Il genere delle persone che hanno contattato il Centro rivela una maggiore rappresentazione delle donne (54,7%). I contatti sono avvenuti principalmente via telefono (55,2%) o, in misura inferiore, tramite corrispondenza online (28,1%). Il motivo del contatto è rappresentato dalla volontà di segnalare il fatto all’Autorità ecclesiastica (53,1%), dalla richiesta di informazioni (20,8%), da una consulenza specialistica (15,6%).
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