Domenica 29 maggio l’Arcivescovo si reca in visita alla cappellania dei santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena dell’ospedale “Costantino Cantù” di Abbiategrasso, in occasione del 70° anniversario della chiesa. «Dopo due anni di sospensione a causa della pandemia, quest’anno torniamo finalmente a celebrare insieme la festa del nostro ospedale, che per tradizione si tiene l’ultima domenica del mese di maggio», spiega don Giuseppe Ornaghi, cappellano dell’ospedale. Alle 21 ci sarà la messa e poi la processione eucaristica nei vialetti della struttura ospedaliera. «Molti malati sono allettati e dobbiamo avere ancora tanta prudenza per evitare i contagi. Ma l’Arcivescovo ha espresso il desiderio di fare una puntata in un reparto per dare la benedizione eucaristica agli ammalati. Non sappiamo ancora in quale andrà, decideremo al momento», spiega.
Il dramma del Covid
Confessione, unzione degli infermi, Comunione eucaristica, dialogo. Sono tante le forme in cui i preti portano aiuto concreto alle persone ricoverate. In questi mesi le restrizioni per le visite agli ammalati si sono ormai allentate ed è possibile anche per i sacerdoti tornare a muoversi liberamente tra i reparti. «Nei primi momenti del Covid dovevo indossare una bardatura per entrare nelle stanze e dare l’unzione ai malati che la chiedevano, o anche solo una parola di conforto quando possibile, evitando il contagio”» racconta don Ornaghi. Sono stati mesi molto difficili. I malati, infatti, desideravano vedere i loro parenti e sentirli vicini, ma le restrizioni lo impedivano. Non è stato facile per nessuno. «Chi soffre o aspetta con ansia l’esito di esami clinici desidera avere accanto chi ama, sentirsi sostenuto nel momento della prova – aggiunge -. È stato proprio un periodo drammatico sia per i malati che per i familiari che stavano fuori».
I reparti di questo ospedale non sono moltissimi: quello per la riabilitazione del piede diabetico, medicina e il reparto per malati Covid in fase di guarigione. Anche adesso che la situazione sta ormai tornando alla normalità la presenza del sacerdote è sempre un supporto indispensabile per i malati. “Non si può fare moltissimo, purtroppo, ma si fa. Certo, il virus ha creato molta solitudine e sconforto tra i ricoverati. E l’incontro con un prete in questa circostanza è stato ancora più importante. Per fortuna, anche durante i momenti più critici della pandemia, qui la situazione non è mai stata gravissima. C’è stata comunque una grossa sofferenza», conclude don Ornaghi.