Solo il tempo permetterà di comprendere maggiormente la portata dell’eredità umana e spirituale lasciata dal cardinale Carlo Maria Martini, un uomo di fede, di straordinario intelletto e di grande carisma. E’ stato capace di “guardare lontano” come pochi altri e per questo motivo la sua visione del presente, della Chiesa e del mondo, gli ha procurato a volte incomprensione e solitudine.
Ricordo che pochi giorni dopo il suo arrivo in Diocesi, qualcuno ne sottolineò l’atteggiamento freddo e distaccato. Ma sotto l’innegabile aspetto ieratico, non era difficile riconoscere una singolare tenerezza d’animo. Il cardinale Martini non era distante, quanto piuttosto preoccupato di portare a tutti sincero rispetto, di non travolgere l’altro, di non valicare quegli invisibili ma reali confini che delimitano ogni persona: uno sguardo sempre fiducioso e mai giudicante sull’altro è stato il suo costante e impegnativo esercizio spirituale. Questo stile, delicato e lucido, fermamente e ininterrottamente in dialogo con tutti, ha fatto del cardinale Martini un punto di riferimento per moltissime persone, ben oltre il confine della chiesa milanese e italiana, coinvolgendo in una profonda ricerca spirituale anche numerosi non credenti.
Voglio ricordare il cardinale Carlo Maria mentre, a piedi, con il Vangelo in mano, entra in Milano come Arcivescovo: era il 10 febbraio 1980, una fredda giornata invernale. Quel camminare con il Vangelo in mano sulle strade di Milano è proseguito a lungo: per 23 anni l’Arcivescovo, instancabilmente, ha annunciato a tutti la bella e ragionevole speranza del Vangelo.
Carlo Maria Martini ci ha fatto amare ancora di più la Chiesa: perché la Chiesa – quando non ha paura del presente e non volge lo sguardo indietro – è capace di ascoltare e di accogliere come nessun altro sa fare.
Carlo Maria Martini ha amato Milano, città che ancora oggi non si fa mancare nulla, nel bene e nel male: «Bisogna imparare a leggere la città con occhio caritatevole, paziente, misericordioso, propositivo, cordiale. Bisogna riconoscere il bene profondo che c’è nel cuore di tanta gente, bisogna sentire l’azione forte dello Spirito in ogni angolo della città e in ogni volto anonimo che incontriamo». (Alzati, va a Ninive).
Ha insegnato ad amare Milano, indicando profeticamente nel carcere di san Vittore il cuore della metropoli, iniziando da qui, il 4 novembre 1981, la sua prima visita pastorale. Disse ai detenuti: «Da molto tempo avevo desiderato l’occasione di potermi incontrare con voi. E’ stato il primissimo desiderio che ho avuto entrando a Milano: l’automobile che mi conduceva verso il centro della città, è passata proprio qui vicino, sotto le mura di san Vittore. Mi è venuto spontaneo fare un gesto di benedizione e ho sentito subito il bisogno di potervi incontrare e di conoscere personalmente ciascuno di voi e desideravo, nella mia povertà e per il pochissimo che potevo fare, venire a dirvelo».
L’ultima omelia del Cardinale Martini è stata la sua malattia, vissuta con grande dignità. Proprio lui, l’uomo della Parola, negli ultimi tempi comunicava soltanto con l’intensità dei suoi occhi azzurri e intelligenti.
Eminenza carissima, commosso e grato le voglio dire grazie a nome di tanti, tantissimi uomini e donne che hanno incontrato, attraverso il suo insegnamento, la bellezza della Parola di Dio e la verità singolare del Vangelo.
Ora che è con quel Signore che ha servito per tutta la vita, gli parli più dettagliatamente di quei sogni che ella ha fatto per la Chiesa. Da parte nostra le assicuriamo che, come comunità cristiana, non ci stancheremo di camminare per le strade delle nostre città tenendo innanzitutto il vangelo in mano, sforzandoci di accogliere tutti, proprio come lei ci ha insegnato: «Ci vuole così poco ad accogliere con un sorriso, a dare una spiegazione con signorilità e garbo, a rettificare un’informazione sbagliata. È importante soprattutto far vedere che ciascuno è accolto come persona, con la sua dignità intrinseca e inalienabile, che Gesù ci abilita a riconoscere e a valorizzare» (Alzati, va a Ninive)