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Testimonianza

«A Cuba la mia missione sarà l’empatia»

Alla Veglia diocesana del 26 ottobre don Davide Fiori riceverà il mandato in vista della sua partenza per l'isola caraibica: «Non è importante ciò che farò, ma le persone che incontrerò e come riuscirò a stare in mezzo a loro, con apertura e senza pregiudizi»

di Lorenzo GARBARINO

26 Ottobre 2024
I missionari partenti a una delle ultime Veglie diocesane

Don Davide Fiori è uno dei sacerdoti che alla Veglia missionaria rinnoverà il suo impegno di missione. La sua destinazione è Cuba, una scelta di vita che è stata frutto di un disegno: «Nulla accade davvero per caso. Ogni piccolo evento, anche il più insignificante, ci guida verso una direzione precisa. Dopotutto, queste esperienze hanno sempre fatto parte del mio mondo. Un mio amico prete è missionario in Perù, e ricordo le lunghe chiacchierate in cui raccontava sfide e bellezze del suo ministero. Anche mia cugina suora, che ha vissuto per anni in Brasile, mi ha trasmesso la passione per la missione». Un altro aspetto che ha aiutato don Davide ad allargare il suo sguardo sono stati dieci anni di ministero in un’altra diocesi: a Reggio Emilia ha imparato a conoscere un modo differente di essere Chiesa, di stare in mezzo alla gente e di affrontare le questioni sociali e pastorali.

Il sacerdote racconta che la sua scelta è avvenuta con estrema semplicità. Un giorno si trovava all’Ufficio missionario diocesano e il responsabile don Maurizio Zago gli ha chiesto se fosse interessato a partire in missione. «La mia risposta è stata molto spontanea: perché no? Da quel momento si sono susseguiti diverse riflessioni tra noi, finché non siamo giunti alla conclusione che Cuba fosse il contesto più adatto».

Prima di partire, don Davide ha intrapreso un percorso di formazione che lo ha preparato al compito che lo attende. Al Cum (Centro unitario per la formazione missionaria) di Verona ha partecipato a diversi incontri e ascoltato numerose testimonianze, che lo hanno aiutato a capire come inserirsi in un contesto completamente diverso da quello in cui vive. Uno degli insegnamenti più interessanti delle cinque settimane trascorse a Verona è stato riconoscere che, per quanto ci si sforzi, ciascuno di noi vive e persegue degli schemi. Per il sacerdote la chiave per evitare di diventarne schiavi è non assolutizzarli. Capire come destrutturarli è per lui fondamentale quando ti viene richiesto di incontrare non solo persone, ma un mondo con una propria storia e religiosità.

Un altro degli aspetti che don Davide rimarca come fondamentale è l’empatia, «che dev’essere la capacità di accogliere l’altro con fiducia e apertura. Sul tema ci siamo soffermati con molte attività e incontri, anche di carattere psicologico. Non è importante ciò che faremo, ma le persone che incontreremo e come riusciremo a stare in mezzo a loro, con apertura e senza pregiudizi».