«Lo sport del Csi è per tutti, fa bene a tutti, ma non è tutto», anche se va «dappertutto». Nell’Editto che l’Arcivescovo, «per la sua autorità» enuncia con parole scandite, in piazza Duomo,per la festa dell’80 esimo di fondazione del Centro Sportivo Italiano, c’è il senso della passione profonda e dell’attenzione che lui personalmente e l’intera Chiesa ambrosiana riservano allo sport di base come fattore educativo e di crescita umana e cristiana. Come dimostra il quinto punto di questo Editto molto particolare con il quale il vescovo Mario Delpini indica il gesto che fa la differenza, a testimonianza di come le società sportive e il gioco possano essere spazi di relazione – non a caso sottolinea «per la stagione sportiva 2024-2025 voglio soffermarmi sull’aspetto della relazione» – e non di scontro.
Il “CsiDay”
Secondo quella logica con cui il Csi festeggia il suo importante “compleanno”, portando ad affollare ogni angolo di piazza Duomo occupata da gazebo, campetti, recinti per tante discipline, con una kermesse che dura l’intero giorno. E tutto per “raccontare” la più antica polisportiva attiva in Italia, fondata nel 1944 a Roma, e che oggi conta 154 comitati provinciali, tra cui quello di Milano – il secondo per ampiezza – con 630 società affiliate, 130 mila atleti tesserati distribuiti in 450 oratori che hanno ospitato, nella stagione 2023-2024, 31.385 gare.
Insomma, un “CsiDay” pienamente riuscito, promosso con la collaborazione istituzionale di Regione Lombardia, il patrocinio del Comune di Milano e del Coni regionale, in collaborazione con molti enti e la partecipazione di Federazioni e associazioni. Una festa per cui arrivano campioni – portabandiera della giornata sono l’olimpionico Antonio Rossi e la paralimpica Giusy Versace -, idoli del calcio, rappresentative medagliate di diversi sport, ma anche autorità come il sindaco di Milano, Beppe Sala e il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, con il suggello della presenza dell’Arcivescovo. Che, accompagnato dal presidente del Comitato Milano, Massimo Achini, dalla vicesindaco di Milano, Anna Scavuzzo e dal consulente ecclesiastico del Csi Milano e direttore della Fom, don Stefano Guidi, visita tutto l’allestimento entrando nei due campi da calcio – in uno si sta svolgendo la partita “Don Camillo e Peppone”, tra la nazionale dei sindaci e la squadra dei sacerdoti della Diocesi (alla fine purtroppo perdenti) – e nello spazio della ginnastica artistica femminile. Ricchissimo, d’altra parte, è il panel delle proposte: dagli sport di squadra sino alle bocce, dalla ginnastica, alla scherma, l’atletica e l’arrampicata. Ma tra i 20 gazebo interattivi ci sono anche simulatori sportivi di Formula 1 e di canoa e particolare attenzione è riservata alle discipline inclusive con il calcio integrato e il sitting volley, e la presenza di realtà significative come la Nazionale Italiana Pallavolo Sordi e dei giovani dei reparti di oncologia pediatrica impegnati nella Winners Cup.
Ed è, appunto all’intero colorato e variegato mondo dello sport di base e di vertice che il vescovo Delpini consegna idealmente il suo Editto, scandito all’interno del tendone dell’“hospitality” dopo aver salutato una rappresentativa del Camerun, con cui l’iniziativa internazionale “Csi per il mondo” ha avviato molti progetti. Ad ascoltarlo, tanta gente tra cui campioni come Dino Meneghin, il presidente nazionale del Csi, Vittorio Bosio, il presidente del Coni Lombardia, Marco Riva, rappresentanti di Comune e Regione, dirigenti e allenatori delle società sportive. Insomma coloro a cui l’Arcivescovo chiede di «fare la differenza».
Fare la differenza
«Chiedo al Csi di trasformare un’abitudine», spiega, infatti. «Incoraggio ogni forma di “terzo tempo” ma penso anche a gesti da introdurre nel protocollo prima della gara, in occasione dell’ingresso in campo. Nel caso delle partite di calcio le due squadre entrano in campo in fila indiana con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra. Sembra banale ma non lo è. Chiunque, vedendo quella partita, dirà: “Perché vanno così?”. La risposta è semplice. Perché prima e dopo la partita vogliamo favorire la relazione tra ragazzi e ragazze delle due squadre. Per le sfide di pallavolo e basket, chiedo che prima del fischio iniziale si formi un cerchio con i giocatori mischiati e di fare tutto insieme il tradizionale “urlo pre-partita insieme”. Si tratta di segni, ma che parlano e dicono del desiderio di cambiare lo sport per fare in modo che sempre di più esprima tutte le meravigliose potenzialità educative che contiene».
Lo sport è per tutti e va dappertutto
Proprio perché, come recitano i primi 4 punti dell’Editto, lo sport del Csi è per tutti. «Tutti sono accolti, tutti sono invitati, i grandi e i piccoli, i ragazzi e le ragazze con cittadinanza italiana e di qualsiasi cittadinanza. Tutti: quelli di compagnia e quelli imprigionati nella solitudine; i campioni e i mediocri. Tutti: in Italia e all’estero, i normodotati e le persone con disabilità». E fa bene a tutti ,agli atleti, agli allenatori e ai dirigenti, ai genitori perché «li coinvolge e pretende un comportamento corretto anche nel fare il tifo e nel rispettare le scelte dei mister» e anche ai preti offrendo «occasioni per incontrare e accompagnare ragazzi e ragazze che devono essere aiutati a crescere nella fede e a vivere la loro vocazione».
Anche se, naturalmente, come evidenzia il terzo passaggio, «è importante giocare, ma non c’è solo il gioco. Gli iscritti del Csi prendono seriamente e appassionatamente lo sport, ma sono aiutati a capire che la vita, la testa, le energie non si esauriscono nello sport: c’è anche la scuola e il recupero dei debiti scolastici, c’è anche la preghiera e la messa della domenica, c’è anche la visita ai nonni».
Da qui il quarto punto: «La bellezza dell’azione educativa del Csi va dappertutto, nei quartieri difficili, in carcere, nei luoghi di povertà educativa, nelle residenze per anziani. Non solo in Italia, ma anche nelle periferie del mondo grazie a “Csi per il mondo”. Il mandato che oggi consegno è di essere testimonianza viva della nostra visione dello sport nei rapporti con il Coni e le Federazioni». E scatta l’applauso più fragoroso.