La Parola che diventa musica nella lode comune a Dio. La consapevolezza di essere «collaboratori della gioia», capaci di cantare insieme, «in un mondo che rischia di morire di tristezza».
Si concludono le Celebrazioni per i 500 anni della Riforma che, anche a Milano, ha visto nei mesi scorsi, la promozione di moltissimi incontri e di una nutrita serie di iniziative, tutti idealmente raccolti in un momento di musica e preghiera che si svolge, alla presenza dell’arcivescovo monsignor Mario Delpini, nell’affollata basilica di San Simpliciano. Luogo, nel cuore della città, più che mai appropriato, non solo per la maestosa bellezza millenaria e la sobrietà che la rende ̶ nota in apertura la pastora protestante Anne Stempel-de-Fallois ̶, particolarmente vicina alla sensibilità del mondo riformato, ma anche per la sua geometria «praticamente identica all’Aula palatina di Treviri in cui avrebbe potuto sostare Costantino durante il suo impero», come dice monsignor Giuseppe Angelini, parroco per 22 anni di San Simpliciano, ora entrata a far parte della Comunità pastorale “Beato Paolo VI”.
Si avvia così la serata, alla quale partecipano ̶ oltre all’Arcivescovo ̶ , monsignor Maurizio Malvestiti, vescovo di Lodi e delegato presso la Conferenza Episcopale Lombarda per l’Ecumenismo e il Dialogo, il vicario episcopale di settore, monsignor Luca Bressan, il diacono permanente Roberto Pagani, responsabile del Servizio diocesano, sempre per l’Ecumenismo e il Dialogo, e padre Pompiliu Nacu, decano per la zona Lombardia-nord della Chiesa Ortodossa Romena.
La pastora Stempel (che, per una curiosa coincidenza, ha fatto il suo ingresso a Milano nella Chiesa Protestante lo stesso giorno in cui monsignor Delpini entrava come Arcivescovo) ricorda le Celebrazioni di Lund in Svezia con papa Francesco e la Festa nazionale per il Cinquecentesimo della Riforma promossa dal Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, lo scorso giugno, cui prese parte anche il cardinale Scola. «Festeggiamo l’unità dei cristiani e Cristo che ci spinge a diventare suoi inviati. Stasera si chiude il nostro percorso dal conflitto alla comunione, riassunto di 50 anni di dialogo tra cattolici e luterani», spiega, prima dell’Invocazione di perdono e del canto dell’Inno di Sant’Ambrogio – “Intende qui regis Israel” ̶ eseguito dalla cappella Musicale del Duomo diretta dal maestro Claudio Riva.
Infatti, come sottolinea la pastora della Chiesa Evangelica Luterana, Nora Foeth, tale Inno, che riporta il brano dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Filippesi 2, 6-11, fu la base per un Inno di Lutero e fonte di ispirazione per la Cantata di Johann Sebastian Bach, “Vieni Redentore dei Pagani” (BWV 62), pure proposto nell’esecuzione del Coro Mailänder Kantorei diretto dal maestro Davide Pozzi.
«Nel canto ci uniamo nel nostro essere cristiani e facciamo risuonare la viva voce del Vangelo, confessando la nostra Chiesa comune. Qui prende forza la Chiesa di domani fondata in Gesù Cristo», aggiunge Foeth, che richiama il legame profondissimo tra musica e confessione della fede dei Protestanti che si rende simbolicamente evidente nella città di Eisenach in Turingia, dove Bach nacque nel 1685, essendo battezzato nella chiesa di San Giorgio in cui Lutero aveva prestato servizio, come cantore, da bambino (interessante anche che i Musei dedicati dalla cittadina tedesca a questi due grandi dell’Occidente siano a poche decine di metri l’uno dall’altro).
La riflessione dell’Arcivescovo
«Dove dei compagni cantano bene non può esservi malvagità, ma vi è una gioia che non è peccato e che piace di Dio». Da queste parole prende avvio la breve riflessione di monsignor Delpini.
«La musica loda se stessa come capace di dare gioia e di far sì che coloro che cantano insieme siano condotti in una condizione di armonia tale che, come sono armoniche e si confondono le loro voci, così accada per i cuori. Questa è la Grazia del canto che loda Dio e che ci ha radunati qui facendo sorgere dei sentimenti comuni tra noi, pur non essendo tutti di una stessa lingua o tradizione ecclesiale. Celebriamo un momento ecumenico e, forse, possiamo domandarci verso dove andiamo, verso quali mete questa sinfonia di voci diverse può condurci».
La risposta è il cammino di conversione e convergenza dei cuori: «Il cammino ecumenico cioè il convergere di coloro che credono in. Cristo, sentendosi nella condizione di chiamarsi fratelli e sorelle, può trovare un motivazione, e quasi un’urgenza, proprio nel bisogno di gioia che c’è nell’uomo, nella donna e nella società di oggi. Lo Spirito di Dio può indicarci una strada semplice per sentirci parte di uno stesso cammino, protagonisti di una stessa storia, non tanto per la ricostruzione di ciò che è accaduto in passato, ma per prendersi carico del bisogno di gioia che c’è nel nostro tempo. Noi ci sentiamo, allora, collaboratori della gioia e, per questo, sentiamo che dobbiamo cantare, camminare insieme, pregare perché questo mondo rischia di morire di tristezza. Cantare la gloria di Dio può aiutarci ad alzare lo sguardo, perché la salvezza è vicina, perché il Signore viene a liberarci, perché Colui che è sceso dal cielo per umiliarsi nella condizione di servo ci invita ad andare con Lui. Il bisogno di gioia è una ragione sufficiente per sentirci uniti a servizio dell’umanità».
Infine, la benedizione e l’Inno di Lutero “Nun komm, der Heiden Heilhand” – “Vieni a noi, o Redentor” ̶ cantato dall’Assemblea, suggellano, come meglio non si potrebbe, la serata e l’Anno giubilare della Riforma a Milano.