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Organismi

Presbiteri chiamati a consigliare il Vescovo

A fine mandato e in fase di rinnovo, il segretario del Consiglio presbiterale della Diocesi traccia un bilancio del lavoro svolto negli ultimi cinque anni

di don Ettore COLOMBO Segretario del Consiglio presbiterale diocesano Redazione

26 Aprile 2010

Il Consiglio Presbiterale – secondo quanto afferma il Codice di Diritto Canonico (can. 495 § 1) – è un «gruppo di sacerdoti che, rappresentando il presbiterio, sia come il senato del Vescovo» e svolga il compito di «coadiuvare il Vescovo nel governo della Diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui affidata».
Questa caratteristica, ricordata anche nel Sinodo 47° della Chiesa di Milano (cfr. cost. 174 § 1), è stata sottolineata dall’Arcivescovo fin dalla Prima Sessione dell’attuale Consiglio che, a partire dall’ottobre 2005, ha iniziato a svolgere il suo IX mandato. Prima ancora di indicarne il compito, infatti, in quella occasione il Cardinale ne aveva colto la natura: «Il Consiglio Presbiterale diocesano è composto da presbiteri che vivono il proprio ministero come presbiterio».
Nell’arco del quinquennio 2005-2010, tutti i membri del Consiglio hanno potuto vivere in prima persona quella logica che deve animare l’essere e l’operare del presbitero nel presbiterio, indicata più volte dallo stesso Arcivescovo nella triade “comunione, collaborazione, corresponsabilità”, in un esercizio di autentica comunione tra confratelli nell’unico sacerdozio.
Il Consiglio Presbiterale non è, quindi, una specie di “consulta dei presbiteri della Diocesi”, che permette l’ascolto delle diverse opinioni esistenti nel clero – compito che spetta, per esempio, a una Assemblea sinodale – ma un gruppo stabilmente designato, rinnovabile ogni cinque anni, chiamato ad aiutare il Vescovo nella guida della Diocesi, esprimendo dei suggerimenti e delle vere e proprie scelte di orientamento.
Guardando i diversi temi presi in considerazione in questo ultimo quinquennio su proposta dell’Arcivescovo, si possono individuare alcune sottolineature e attenzioni ricorrenti.
Anzitutto la necessità di tenere presente e di accompagnare il cammino della Chiesa, sia quella locale, come quella italiana e universale. Per questo motivo si è dedicato del tempo alla considerazione del Percorso Pastorale Diocesano, ma si è pure prestata attenzione al Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana tenutosi a Verona e al Sinodo universale dei Vescovi sulla Parola di Dio.
In secondo luogo, prendendo in considerazione il cammino diocesano compiuto in questi cinque anni, è abbastanza facile mettere in evidenza tre diverse attenzioni: ai soggetti e agli ambiti dell’azione pastorale, ai suoi contenuti e alle sue modalità.
Circa i soggetti e gli ambiti, il Consiglio Presbiterale ha preso in considerazione il ministero e le condizioni di vita dei preti, la presenza e la testimonianza della vita consacrata in Diocesi, la cura per la formazione e la crescita della fede dei singoli cristiani e delle comunità, l’attenzione alla comunione e alla comunicazione nella realtà ecclesiale, l’interesse per le molteplici vocazioni della vita cristiana, la trasmissione della fede in famiglia, l’insegnamento della religione nella scuola.
In merito ai contenuti dell’azione pastorale si può notare come, di volta in volta, c’è stata attenzione a quelle realtà che sono state definite come i “cantieri aperti” della Diocesi: la formazione al presbiterato in una Chiesa missionaria, il compimento della riforma liturgica ambrosiana, l’iniziazione cristiana.
Da ultimo, riguardo alle modalità e alle condizioni dell’azione pastorale, seguendo le indicazioni più volte offerte dall’Arcivescovo, è sempre stato tenuto in grande considerazione l’aspetto della “missionarietà”. Molte volte i temi trattati spingevano a riflettere non soltanto sull’argomento in questione, ma ancor più sulla sua valenza “missionaria” e “evangelizzatrice”.