Nella radice etimologica di “festa” c’è il tema della convivialità, dell’abbondanza e della gioia, ma anche quello dell’accoglienza, del focolare domestico che si apre all’ospitalità, allargata anche a chi non fa parte della famiglia strettamente intesa come l’insieme dei legami di sangue (dal greco estiào, che riprende il nome di Hestia, la dea del focolare domestico). Così il lavoro, che reca in sé i significati dell’opera, della fatica e dell’impegno, contiene anche la capacità tipicamente umana di trasformare, orientare, far essere.
Nella cultura contemporanea la ricchezza dei significati originari di questi ambiti fondamentali per la pienezza dell’esistenza umana rischia di perdersi. Da un lato, l’instaurarsi di una sorta di “regime di equivalenza generalizzata” ha cancellato le distinzioni – comprese quelle tra tempo feriale/tempo festivo, lavoro/tempo libero, tempo sacro/tempo profano -, in quanto considerate limitanti rispetto alla possibilità di attribuire qualunque significato possibile ai diversi momenti, e quindi lesive della libertà (intesa riduttivamente come possibilità di fare quello che piace o si ha voglia di fare). Dall’altro, l’effetto di piattezza che questo regime inevitabilmente produce viene contrastato, nella cultura dominante, con iniezioni di eccitazione artificiale che mirano a rendere l’istante (unità di misura delle vite contemporanee) il più denso e intenso possibile, con qualunque mezzo (dalla trasgressione all’uso di sostanze). Inoltre, questa prospettiva, che poggia sull’assioma inespresso, ma efficace del diritto al godimento individuale, nutre un individualismo esasperato e ostacola la costruzione di rapporti che non siano di strumentalità, violenza o indifferenza.
La famiglia è in crisi: difficoltà economiche, mancanza di solidarietà e sostegno per affrontare i momenti di crisi e fatica, individualismo, stimoli alla ricerca della realizzazione e del benessere individuale, caduta dei riferimenti condivisi capaci di orientare, sostenere e valorizzare l’impegno familiare sono solo alcune delle ragioni che spiegano la difficoltà attuale delle coppie di restare unite.
D’altra parte, il lavoro è in crisi non solo per le mutate condizioni economiche che lo rendono precario e molto più di un tempo affidato all’iniziativa e alle risorse individuali, nonché meno circoscrivibile in orari che consentano una netta separazione tra lavoro e non lavoro. La crisi di una componente espressiva del lavoro, la sua svalutazione sociale, la caduta di prestigio di tante professioni (come quella dell’insegnante per esempio) lo rende sempre meno un ambito in cui investire e sempre più un elemento puramente strumentale, spesso anche fonte di risentimento sociale. Al tempo stesso, il ciclo produttivo sembra non potersi fermare mai e deve girare 24 ore su 24 e 365 giorni su 365. Senza più alcuna interruzione in grado di rispettare il tempo altro: quello del riposo, degli affetti, della contemplazione. Nella radice etimologica di “festa” c’è il tema della convivialità, dell’abbondanza e della gioia, ma anche quello dell’accoglienza, del focolare domestico che si apre all’ospitalità, allargata anche a chi non fa parte della famiglia strettamente intesa come l’insieme dei legami di sangue (dal greco estiào, che riprende il nome di Hestia, la dea del focolare domestico). Così il lavoro, che reca in sé i significati dell’opera, della fatica e dell’impegno, contiene anche la capacità tipicamente umana di trasformare, orientare, far essere.Nella cultura contemporanea la ricchezza dei significati originari di questi ambiti fondamentali per la pienezza dell’esistenza umana rischia di perdersi. Da un lato, l’instaurarsi di una sorta di “regime di equivalenza generalizzata” ha cancellato le distinzioni – comprese quelle tra tempo feriale/tempo festivo, lavoro/tempo libero, tempo sacro/tempo profano -, in quanto considerate limitanti rispetto alla possibilità di attribuire qualunque significato possibile ai diversi momenti, e quindi lesive della libertà (intesa riduttivamente come possibilità di fare quello che piace o si ha voglia di fare). Dall’altro, l’effetto di piattezza che questo regime inevitabilmente produce viene contrastato, nella cultura dominante, con iniezioni di eccitazione artificiale che mirano a rendere l’istante (unità di misura delle vite contemporanee) il più denso e intenso possibile, con qualunque mezzo (dalla trasgressione all’uso di sostanze). Inoltre, questa prospettiva, che poggia sull’assioma inespresso, ma efficace del diritto al godimento individuale, nutre un individualismo esasperato e ostacola la costruzione di rapporti che non siano di strumentalità, violenza o indifferenza.La famiglia è in crisi: difficoltà economiche, mancanza di solidarietà e sostegno per affrontare i momenti di crisi e fatica, individualismo, stimoli alla ricerca della realizzazione e del benessere individuale, caduta dei riferimenti condivisi capaci di orientare, sostenere e valorizzare l’impegno familiare sono solo alcune delle ragioni che spiegano la difficoltà attuale delle coppie di restare unite.D’altra parte, il lavoro è in crisi non solo per le mutate condizioni economiche che lo rendono precario e molto più di un tempo affidato all’iniziativa e alle risorse individuali, nonché meno circoscrivibile in orari che consentano una netta separazione tra lavoro e non lavoro. La crisi di una componente espressiva del lavoro, la sua svalutazione sociale, la caduta di prestigio di tante professioni (come quella dell’insegnante per esempio) lo rende sempre meno un ambito in cui investire e sempre più un elemento puramente strumentale, spesso anche fonte di risentimento sociale. Al tempo stesso, il ciclo produttivo sembra non potersi fermare mai e deve girare 24 ore su 24 e 365 giorni su 365. Senza più alcuna interruzione in grado di rispettare il tempo altro: quello del riposo, degli affetti, della contemplazione. Crisi e rinascita Il tempo della festa viene così spogliato sia della sua dimensione collettiva sia, soprattutto, per un crescente numero di persone della sua componente di sacralità, diventa un altro ambito colonizzato dal consumo, dove le persone, senza rendersene conto, continuano a lavorare producendo reddito attraverso la loro attività di acquisto. La dimensione sacra, rifiutata nella sua veste religiosa, riemerge nella forma dei pellegrinaggio alle “cattedrali del consumo”, nelle ritualità guidate dai nuovi esperti (gli idoli del momento, i guru delle ultime tendenze), nella partecipazione di massa, ma individuale alle cerimonie calcistiche, all’inizio dei saldi, al concerto della star.Il consumo offre un palliativo momentaneo, che va per questo continuamente ripetuto, per il senso di solitudine (si consuma da soli, ma ci si sente parte della “tribù” dei consumatori, un noi effimero e poco impegnativo) e di inefficacia (l’azione di consumare ha effetti immediati e visibili, anche se la soddisfazione dura poco).La famiglia, custode premurosa del legame tra le generazioni e fedele interprete delle esigenze dell’umano, è un luogo di resistenza nei confronti di queste derive che tendono a schiacciarla. La crisi della famiglia è al tempo stesso occasione per la sua rinascita. Come dimostra il fatto che, nonostante le potenti forze della propaganda, molte persone continuano a intuire e a praticare la famiglia come un bene incommensurabile che va protetto e curato. E d’altra parte, sono ormai numerosi i modelli di famiglia allargata che provano a trasformare le ragioni della sua crisi in occasione per inventare nuove forme di convivenza e convivialità.Rimettere al centro dell’attenzione la famiglia significa, in questo senso, riuscire a rimettere in discussione il modo in cui il lavoro e la festa vengono definiti nell’attuale modello di sviluppo. Vuol dire trovare un punto di riferimento sicuro per liberare questi ultimi due ambiti espressivi dalle riduzioni e derive che hanno assunto nella contemporaneità, andando a detrimento anziché a sostegno della famiglia, e cominciare a rigenerare il senso più autentico di questi due momenti. Da un lato l’impegno e la dedizione, che comportano non solo l’espressione di sé e la strumentalità, ma anche la capacità di sacrificio (sacrum facere) che include anche il saper far fatica per poter dare valore; dall’altro la gioia che non è puro intrattenimento o ricerca ossessiva del godimento, ma soprattutto riconoscenza e riconoscimento, e per questo apertura all’altro e all’Altro, al tu che ci sta di fianco e al Tu che ci costituisce come esseri pienamente umani chiamandoci suoi figli. Il Cardinale presenta alla Cei Milano 2012 – In occasione dell’Assemblea generale straordinaria della Cei, che si tiene da domani all’11 novembre ad Assisi, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Erminio De Scalzi, vescovo ausiliare e delegato per i grandi eventi, presenteranno ai vescovi italiani il VII Incontro Mondiale delle famiglie che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012, organizzato dalla Diocesi di Milano e dal Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Riflessione
La famiglia al centro
Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, coniugi e docenti universitari, offrono il loro contributo al dibattito su "lavoro e festa" avviato in preparazione all'Incontro mondiale di Milano nel 2012
di Mauro MAGATTI e Chiara GIACCARDI Redazione
7 Novembre 2010