La Liturgia della V Domenica di Pasqua, prolungando la gioia per la risurrezione del Signore, presenta il tema della sapienza di Dio e, in modo particolare, quello dello Spirito che, proprio a partire da questa Domenica, diventa sempre più rilevante, cominciando ad introdurci al compimento del mistero pasquale nella Pentecoste.
«Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola; [�] le parole che hai dato a me io le ho date a loro [�] e hanno creduto che tu mi hai mandato» (Vangelo). La vera sapienza nasce dall’accoglienza del Signore Gesù che, nello scandalo della croce e nel segno della risurrezione, si è rivelato come la Parola definitiva del Padre. La via della sapienza passa attraverso un abbandono confidente all’amore di Dio. Questo abbandono non consiste nella fuga dalla realtà o nella ricerca di una falsa tranquillità, ma nel riconoscimento del suo primato nella nostra vita, un primato che non lede la nostra libertà, ma la suscita, la custodisce, la sostiene e la fa crescere nel tempo.
Come Gesù, lasciamo dimorare in noi lo Spirito del Padre, perché è lo Spirito che ci custodisce e mostra nella storia i segni della grazia. Lo Spirito, primo dono del Risorto ai credenti, ci rende partecipi del mistero della vita divina e del segreto stesso del cuore di Dio. Lasciare che lo Spirito dimori in noi è quindi la risposta all’invito stesso del Signore: perché «noi non abbiamo ricevuto lo Spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato» (Epistola).
Il tema dello Spirito che custodisce il credente ritorna anche Liturgia della Parola dei giorni feriali. Alla lettura progressiva del libro degli Atti degli apostoli si accompagna, nelle pagine del quarto Vangelo, il richiamo all’accoglienza del Cristo, che si contrappone al rifiuto di quanti non riconoscono in Lui l’inviato del Padre.
Colui nel quale dimora lo Spirito crede nel Signore Gesù: è Lui infatti che porta nel mondo la Parola del Padre: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato» (Vangelo del Lunedì: Giovanni 8,21-30). Sono le sue stesse opere a dargli testimonianza: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Vangelo del Martedì: Giovanni10,31-42). Perché il disegno di Dio si compia è necessario che il chicco di grano muoia e produca frutto, e che il Figlio dell’uomo venga glorificato: è solo passando per la croce di Cristo che raggiungiamo la salvezza. Ancora una volta, la parola di Gesù può sembrare dura, perché non lascia possibilità di fraintendimenti ed indica chiaramente una direzione: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Vangelo del Mercoledì: Giovanni 12,20-28). Noi sappiamo però che solo chi crede in Gesù crede anche nel Padre che lo ha mandato (Vangelo del Venerdì: Giovanni 12,44-50): è il Padre stesso che si dona nel suo Figlio e ci rende partecipi del suo amore, ed è ancora dono suo poterlo accogliere e testimoniare.
Ci guidino in questa settimana e sostengano la nostra fede, troppo spesso incerta e superficiale, le parole che accompagnano il rito della luce nella solenne liturgia vigiliare della Domenica: «Chi mi segue ha già vinto le tenebre: per una strada sicura cammina [�]. Se custodirà la mia parola, non gusterà la morte. Egli avrà la luce della vita – dice il Signore – » (cf Giovanni 8,12.51). La Liturgia della V Domenica di Pasqua, prolungando la gioia per la risurrezione del Signore, presenta il tema della sapienza di Dio e, in modo particolare, quello dello Spirito che, proprio a partire da questa Domenica, diventa sempre più rilevante, cominciando ad introdurci al compimento del mistero pasquale nella Pentecoste.«Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola; [�] le parole che hai dato a me io le ho date a loro [�] e hanno creduto che tu mi hai mandato» (Vangelo). La vera sapienza nasce dall’accoglienza del Signore Gesù che, nello scandalo della croce e nel segno della risurrezione, si è rivelato come la Parola definitiva del Padre. La via della sapienza passa attraverso un abbandono confidente all’amore di Dio. Questo abbandono non consiste nella fuga dalla realtà o nella ricerca di una falsa tranquillità, ma nel riconoscimento del suo primato nella nostra vita, un primato che non lede la nostra libertà, ma la suscita, la custodisce, la sostiene e la fa crescere nel tempo. Come Gesù, lasciamo dimorare in noi lo Spirito del Padre, perché è lo Spirito che ci custodisce e mostra nella storia i segni della grazia. Lo Spirito, primo dono del Risorto ai credenti, ci rende partecipi del mistero della vita divina e del segreto stesso del cuore di Dio. Lasciare che lo Spirito dimori in noi è quindi la risposta all’invito stesso del Signore: perché «noi non abbiamo ricevuto lo Spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato» (Epistola). Il tema dello Spirito che custodisce il credente ritorna anche Liturgia della Parola dei giorni feriali. Alla lettura progressiva del libro degli Atti degli apostoli si accompagna, nelle pagine del quarto Vangelo, il richiamo all’accoglienza del Cristo, che si contrappone al rifiuto di quanti non riconoscono in Lui l’inviato del Padre. Colui nel quale dimora lo Spirito crede nel Signore Gesù: è Lui infatti che porta nel mondo la Parola del Padre: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato» (Vangelo del Lunedì: Giovanni 8,21-30). Sono le sue stesse opere a dargli testimonianza: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Vangelo del Martedì: Giovanni10,31-42). Perché il disegno di Dio si compia è necessario che il chicco di grano muoia e produca frutto, e che il Figlio dell’uomo venga glorificato: è solo passando per la croce di Cristo che raggiungiamo la salvezza. Ancora una volta, la parola di Gesù può sembrare dura, perché non lascia possibilità di fraintendimenti ed indica chiaramente una direzione: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Vangelo del Mercoledì: Giovanni 12,20-28). Noi sappiamo però che solo chi crede in Gesù crede anche nel Padre che lo ha mandato (Vangelo del Venerdì: Giovanni 12,44-50): è il Padre stesso che si dona nel suo Figlio e ci rende partecipi del suo amore, ed è ancora dono suo poterlo accogliere e testimoniare. Ci guidino in questa settimana e sostengano la nostra fede, troppo spesso incerta e superficiale, le parole che accompagnano il rito della luce nella solenne liturgia vigiliare della Domenica: «Chi mi segue ha già vinto le tenebre: per una strada sicura cammina [�]. Se custodirà la mia parola, non gusterà la morte. Egli avrà la luce della vita – dice il Signore – » (cf Giovanni 8,12.51). – Introduzioni: Libro degli Atti degli Apostoli Vangelo secondo Giovanni Percorsi tematici:Da lunedì 11 a venerdi 15 maggio Sabato 16 maggio –