
È vero che la nostra epoca conosce mutamenti su tutti i profili, culturale, sociale e religioso. È vero che la legge del cambiamento è intrinseca alla vita stessa. Ma è altrettanto vero che gli uomini e le donne non sono mai pronti per il cambiamento! Ne sono sempre intimoriti e a volte ne rimangono disorientati.
Limitandomi a quanto riguarda la vita della Chiesa, la quale conosce non poche e radicali trasformazioni, mi pare di notare la predominanza di tale atteggiamento di paura e di scombussolamento. Ma è l’unico atteggiamento possibile? Un dato è certo: oggi ci sono poche ordinazioni rispetto a 50 anni fa; ci sono più campanili che parroci; è pure senza margine di dubbio che alcuni Seminari chiudono e, in quelli rimasti aperti, il numero dei seminaristi si sia visibilmente ridotto. Tutti questi fattori, a mio avviso, seppure siano realissimi, non devono spaventarci e soprattutto non devono farci credere che la nostra epoca sia più sfortunata rispetto al passato.
Penso piuttosto che anche i tempi odierni, con tutte le loro caratteristiche, siano favorevoli all’annuncio di Cristo e del suo Vangelo. Ciò chiede naturalmente da parte nostra un grande coraggio di responsabilità e di scelte nuove. Vale a dire che dobbiamo innanzitutto accogliere e abitare il nostro tempo senza pregiudizi e senza rimpianti per il passato. Accolta come è in se stessa, la nostra epoca è portatrice di tante nuove opportunità per la manifestazione del messaggio evangelico. È vero che la nostra epoca conosce mutamenti su tutti i profili, culturale, sociale e religioso. È vero che la legge del cambiamento è intrinseca alla vita stessa. Ma è altrettanto vero che gli uomini e le donne non sono mai pronti per il cambiamento! Ne sono sempre intimoriti e a volte ne rimangono disorientati.Limitandomi a quanto riguarda la vita della Chiesa, la quale conosce non poche e radicali trasformazioni, mi pare di notare la predominanza di tale atteggiamento di paura e di scombussolamento. Ma è l’unico atteggiamento possibile? Un dato è certo: oggi ci sono poche ordinazioni rispetto a 50 anni fa; ci sono più campanili che parroci; è pure senza margine di dubbio che alcuni Seminari chiudono e, in quelli rimasti aperti, il numero dei seminaristi si sia visibilmente ridotto. Tutti questi fattori, a mio avviso, seppure siano realissimi, non devono spaventarci e soprattutto non devono farci credere che la nostra epoca sia più sfortunata rispetto al passato.Penso piuttosto che anche i tempi odierni, con tutte le loro caratteristiche, siano favorevoli all’annuncio di Cristo e del suo Vangelo. Ciò chiede naturalmente da parte nostra un grande coraggio di responsabilità e di scelte nuove. Vale a dire che dobbiamo innanzitutto accogliere e abitare il nostro tempo senza pregiudizi e senza rimpianti per il passato. Accolta come è in se stessa, la nostra epoca è portatrice di tante nuove opportunità per la manifestazione del messaggio evangelico. Allargare i confini Con i miei amici, drammatizzando, dico che non ci sono pochi preti, ma troppe chiese! Al di là dello scherzo, penso che la diminuzione dei sacerdoti ci richiami a un avvicinamento delle nostre chiese (le nostre parrocchie), quindi a un allargamento dei nostri confini. Ciò non è perdita della propria identità, bensì una sua più grande manifestazione e arricchimento della nostra fede. L’apertura delle nostre comunità e soprattutto dei nostri cuori verso gli altri dice il nostro amore per Dio e per la sua Chiesa; cioè quanto siamo disposti a scomodarci per incontrarlo…Insomma, il sacrificio che ci viene chiesto dalle condizioni attuali della nostra Chiesa è segno di quanto quest’ultima ci sta a cuore. I preti sono pochi, anzi pochissimi, se vogliono continuare a percorrere le strade di sempre; ma se abbiamo il coraggio di individuarne di nuove, cioè quelle della comunione e della corresponsabilità soprattutto con i laici, io – che guardo con gli occhi di uno delle “terre di missione” – non mi lamenterei ancora della mancanza di sacerdoti, ma piuttosto della resistenza ad aprirsi, a muoversi, a incontrarsi (anche se questo vuol dire anche scontrarsi), della fatica a centrare la nostra fede più su Gesù Cristo che su tale campanile, su tale messa o su tale posto a sedere (sapete che c’è gente che, se non va alla messa in quella chiesa, in quel preciso orario e se non si siede in quel posto… preferisce non andarci del tutto?!?).Al di là di queste mie parole, credo soprattutto che, oggi come ieri, lo Spirito è sempre all’opera e che Cristo non farà mai mancare i suoi ministri alla sua Chiesa. «Che tutti siano una sola cosa perché il mondo creda!» (Gv 17, 1-25).