“Il mondo guarda a Betlemme, con un anelito di speranza ed un bisogno di pace – si legge nel messaggio di Natale dei Custodi di Terra Santa – l’urgenza di pace ci soffoca il cuore, nonostante le amarezze della cronaca, e ci fa diventare mendicanti di speranza”.
“Siamo pochi, le nostre comunità sono piccole ma fiere. In Terra Santa ci siamo e continueremo ad abitarla”. Lo ha detto il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, nel corso di un briefing con la stampa, svoltosi nei giorni scorsi in Vaticano, sulla situazione dei cristiani in quella regione. “Attualmente i cristiani in Israele e nell’Autonomia palestinese sono 170 mila, di questi poco meno della metà sono cattolici” ha spiegato il Custode illustrando le difficoltà che sono costretti a fronteggiare: “la più grande è quella di restare uniti e il mantenimento dell’identità”.
“In Terra Santa non esiste laicità e l’identità viene data dalla religione. Per questo è importante la formazione e l’istruzione. Senza le loro scuole i cristiani sarebbero già dispersi”. “La vocazione dei cristiani in Terra Santa – ha affermato – èanche quella di essere minoranza. Non rappresentiamo una minaccia per nessuno e per tale motivo ci accostiamo a tutti indistintamente dando testimonianza di pace e di giustizia. Forse non ci sarà pace ma siamo capaci di vivere in pace”.
“Le guerre e le violenze non sono l’ultima parola che pretenda di sigillare la storia. L’odio e la disperazione non sopprimono il bisogno d’amore che continua tenacemente ad abitare lo spirito umano. Nel silenzio di Betlemme la luce di Dio brilla ancora, ed illumina i sentieri degli uomini”. E’ un passo del messaggio natalizio di padre Pizzaballa, diffuso nei giorni scrsi dalla Custodia di Terra Santa.
“Il mondo guarda a Betlemme, con un anelito di speranza ed un bisogno di pace – scrive il Custode – l’urgenza di pace ci soffoca il cuore, nonostante le amarezze della cronaca, e ci fa diventare mendicanti di speranza. Guardando la grotta di Betlemme siamo costretti a sperare in un mondo migliore e lo scoraggiamento e le delusioni che appesantiscono i nostri cuori, come un macigno gravoso, sembrano dissolversi. A Natale anche la persona più crudelmente ferita dalla vita, riscopre Dio continua ad abitare in mezzo a noi.
Esperienze di delusione e di fallimento sociale possono inaridire gli orizzonti dell’anima, ma se guardiamo la stella di Betlemme, la vita torna ad illuminarsi”. “Comprendiamo, con la saggezza semplice e concreta della fede, che Dio continua ad amarci –conclude il messaggio – Gesù viene ad abitare in questa terra, perché si compia anche in noi il miracolo della gioia e della fraternità”.
Nel loro messaggio di Natale diffuso nei giorni scorsi, i Patriarchi e i Capi delle chiese cristiane di Gerusalemme chiedono “la libertà e la fine dell’occupazione” e ricordano che “il muro di separazione ha trasformato le città in grandi prigioni”. “Preghiamo per i governanti e i politici affinché Dio possa ispirarli nelle loro azioni” è l’invito dei 13 leader cristiani e cattolici. Davanti a problemi quali “la disoccupazione, la povertà e la frustrazione che molti continuano a sperimentare quotidianamente sulla propria pelle” èurgente “come cristiani pregare Dio per tutti coloro che ci sono vicino e che si stanno impegnando per le loro famiglie, per i bambini e gli anziani”.
I capi delle chiese si dicono “felici del recente rilascio di prigionieri” da parte di Israele, e chiedono “la liberazione di altre migliaia che hanno gli stessi diritti di rientrare nelle loro famiglie”. Rivolgendosi, infine, “ai fratelli e alle sorelle del mondo” li “ringraziano per i pellegrinaggi. Tramite questi conoscete le difficoltà dei vostri fratelli cristiani che vivono qui. La pace in Terra Santa ha bisogno dello sforzo di tutti, cittadini e politici, non importa se palestinesi, israeliani, musulmani o ebrei, cristiani o drusi. Cristo insegna che la pace supera tutti gli ostacoli”.