I tre vangeli della Passione, proclamati per le esequie di un presbitero, la letture della Parola di Dio di Luca, Matteo, Giovanni, entrano in profondità nel percorso incentrato sulla Pasqua di Cristo, sull’Eucaristia, la croce e la risurrezione e paiono quasi avvolgere la bara posta per terra, ai piedi dell’altar maggiore con appoggiati sopra i paramenti.
Le esequie di monsignor Ernesto Combi, presiedute in Duomo dal cardinale Tettamanzi – uniti nelle preghiera, anche il cardinale Carlo Maria Martini e il cardinale Attilio Nicora, come dice, in apertura della celebrazione, il vicario generale, mons. Carlo Maria Redaelli -, concelebrate da 5 vescovi, dai vicari di zona e di settore, da tanti responsabili di Uffici di Curia con il Moderator Curiae, mons. Zappa, dall’arciprete mons. Manganini e dai canonici del Duomo, come pure da moltissimi sacerdoti, "parlano" di un’intera vita donata, come dice l’Arcivescovo, a servizio della coscienza credente.
È con queste parole, dopo aver asperso e incensato la bara, che il Cardinale ricorda monsignor Combi, morto lunedi mattina all’età di nemmeno sessant’anni (li avrebbe compiti l’otto luglio prossimo) dopo una lunga malattia.
E così la memoria, tra i fedeli, i parenti in prima fila e tante persone che lo conobbero anche nell’incarico di Curia, ripercorre il filo di un’intera vita sacerdotale, con i temi che furono sempre carissimi a mons. Combi. L’educazione della coscienza credente, appunto, e poi la conoscenza appassionata della Dottrina Sociale della Chiesa, da lui vissuta, nota il Cardinale, in inscindibile rapporto con la catechesi concreta «per un insegnamento della morale visto come servizio alla vita del popolo di Dio».
Un vangelo sperimentato attraverso tanti diversi incarichi nella nostra Chiesa, dall’impegno nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e presso l’Università Cattolica, fino al ruolo di Economo della Diocesi e vicario episcopale per gli Affari Economici. Portato avanti con entusiasmo quale «testimonianza cristallina di un uso evangelico dei beni della Chiesa», per la quale il Cardinale esprime «ammirazione e gratitudine», confidando di aver chiesto più volte l’aiuto di mons. Combi, su temi sociali, anche a riguardo del Fondo Famiglia Lavoro.
Una "professione" alta dell’incarico cui era stato chiamato che non rendeva vana, però, l’attenzione all’umano, alle persone, l’«approccio antropologico», come lo definisce l’Arcivescovo che, infine, rivela un particolare che sigilla l’omelia e il ricordo, con le stesse espressioni pronunciate pochi giorni fa nell’ospedale di Niguarda, al capezzale di don Combi, tanto provato da non riuscire più a recitare il breviario. Parole che l’Arcivescovo richiama in Duomo: «Non preoccuparti, don Ernesto, basta che guardi il breviario ed è come se tu lo avessi pregato. Ma ho subito realizzato che ormai mons. Combi non ci vedeva quasi più e perciò ho aggiunto: No, anzi, non guardarlo, tienilo qui e basta. E’ la celebrazione più bella che ti dà la forza per offrire la tua sofferenza per la nostra Chiesa, per i nostri confratelli, per le vocazioni sacerdotali».
Poi, dopo le litanie dei santi, la liturgia eucaristica, il saluto commosso del Cardinale alle sorelle e ai parenti di don Ernesto e l’ultimo arrivederci, con la bara che dal sagrato del Duomo, viene trasportata presso la parrocchia nativa di San Bartolomeo a Brugherio, dove il parroco, don Giovanni Meraviglia, mercoledì 20 maggio alle ore 15,30 officerà i funerali. Sempre a Brugherio, la camera ardente, allestita presso la cappella dell’oratorio Maria Bambina